E quindi i sondaggi hanno sbagliato di nuovo
In certi stati hanno commesso gli stessi errori del 2016, ma avevano predetto correttamente il nuovo presidente
I sondaggisti americani hanno trascorso gli ultimi quattro anni a cercare di rimediare agli errori delle elezioni presidenziali del 2016, in cui le previsioni che davano Hillary Clinton come probabile vincitrice si rivelarono errate e generarono enorme sfiducia nei confronti delle rilevazioni elettorali. Fino a pochi giorni fa le aziende che si occupano di fare le rilevazioni e gli esperti di sondaggi sostenevano che quest’anno sarebbe andata meglio, che le previsioni erano più accurate, che tutti avevano imparato dagli errori commessi quattro anni fa. Non è stato esattamente così.
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Anzitutto una buona notizia. Almeno nella designazione del candidato presidenziale, i sondaggi non hanno sbagliato: Joe Biden ha vinto le elezioni, come previsto, e con una vittoria piuttosto solida. Questo salva i sondaggi dal peccato più grave del 2016: diedero per favorita una candidata che si rivelò perdente. Su tutto il resto, però, i sondaggi hanno sbagliato come nel 2016, se non di più, e in generale è successo esattamente quello che era successo quattro anni fa: hanno sottostimato Donald Trump di molti punti, commettendo spesso gli stessi errori e contribuendo a creare molta confusione sui media e tra gli elettori.
Ovviamente, quest’anno tutti i sondaggisti erano stati molto più cauti rispetto a quattro anni fa. Nate Silver, grande esperto di sondaggi e direttore del sito FiveThirtyEight, ha scritto pochi giorni fa un articolo in cui prevedeva fedelmente che l’elezione avrebbe potuto essere molto combattuta: e in generale lo scenario di questi giorni era considerato tra quelli previsti. Dopo la giornata elettorale, Silver ha scritto su Twitter che i sondaggi di quest’anno, come quelli del 2016, sono all’interno di margini di errore accettabili. Anche Sean Trende, che si occupa di sondaggi per il sito RealClearPolitics, ha segnalato un tweet con passaggi di una sua intervista al New Yorker di ottobre, in cui notava già allora che i sondaggi avrebbero potuto commettere errori proprio negli stati in cui li hanno commessi.
Le elezioni presidenziali
Indipendentemente da quale sarà il risultato finale alle elezioni, Joe Biden vincerà il voto popolare, anche se alla fine Trump ottenesse più grandi elettori e restasse presidente (cosa ormai davvero improbabile). Il voto popolare conta poco per conquistare la presidenza, ma è comunque un dato molto importante, e prima delle elezioni la media dei sondaggi di FiveThirtyEight dava Biden avanti di 8 punti su Trump. Il conteggio non è ancora terminato, ma ormai manca poco, e Biden è avanti nel voto popolare di 4 milioni di voti. Se anche arrivasse a 6 milioni di voti – l’ipotesi più ottimista – fra di loro ci sarebbero soltanto 4 punti percentuali di distacco. Significa che i sondaggi hanno sovrastimato Biden di 4 punti percentuali, e questo nella migliore delle ipotesi. Nel 2016, sovrastimarono Hillary Clinton di 1-2 punti.
Com’è andata negli stati
È soprattutto negli stati che gli errori nei sondaggi sono stati visibili. Andrew Romano, un giornalista di Yahoo News, ha messo assieme i sondaggi del 2020 e li ha confrontati sia con i risultati reali sia con i sondaggi per Clinton nel 2016, e ha visto che molto spesso i sondaggi di quest’anno sono stati meno accurati dei sondaggi di quattro anni fa.
In Michigan, per esempio, i sondaggi hanno sovrastimato Biden di circa 5 punti percentuali (lo davano sopra di 7,9 punti, ha vinto di meno di 3 punti), ma sovrastimarono Clinton di poco meno di 4 punti. In Wisconsin i sondaggi hanno sovrastimato Biden di poco meno di 8 punti percentuali (lo davano sopra di 8,4 punti, ha vinto di meno di un punto) e Clinton di poco meno di 5 punti. In Florida hanno sovrastimato Biden di 6 punti (lo davano sopra di 2,5 punti, ha perso di 3,5 punti), e Clinton di 1,7 punti. Potremmo andare avanti, ma il senso è quello: in molti stati i sondaggi hanno fatto peggio di quattro anni fa.
Uno dei problemi più grossi è che molte di queste previsioni sballate hanno riguardato gli stati del Midwest, cioè la stessa area in cui i sondaggi fallirono pesantemente nel 2016: sottostimarono Trump allora e lo hanno fatto anche quest’anno, ma un po’ peggio.
Va detto che in altri stati è andata un po’ meglio: per esempio in Georgia e Arizona, due stati in cui Biden era leggermente favorito e in cui ha effettivamente vinto, dopo anni di dominio Repubblicano.
E al Congresso?
Anche al Congresso i Democratici sono stati sovrastimati e i Repubblicani sottostimati, e questo ha provocato molte delusioni tra i primi. Al Senato, la media dei sondaggi di FiveThirtyEight sosteneva che i Democratici avessero tre possibilità su quattro di conquistare la maggioranza, e invece a seconda di come andranno i due ballottaggi per i seggi in Georgia i Democratici potrebbero ottenere al massimo un pareggio, 50 e 50. Alla Camera i sondaggi dicevano che i Democratici avrebbero ampliato la loro maggioranza di circa dieci deputati, invece è probabile che si ridurrà di almeno cinque.
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Perché è successo di nuovo
Quasi tutti i problemi dei sondaggi nel 2020 sono gli stessi del 2016: i sondaggisti speravano di aver sistemato le lacune nelle loro metodologie che avevano portato agli errori di quattro anni fa, ma evidentemente non ci sono riusciti. Elliott Morris, un giornalista che si occupa di dati e che lavora per l’Economist, ha detto in un podcast che gli errori del 2020 «ripetono tutte le dinamiche del 2016 in maniera molto precisa, quindi evidentemente ci dev’essere qualcosa che non va».
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È ancora molto presto per fare delle analisi approfondite, ma i giornalisti e gli esperti hanno fatto alcune ipotesi. Anzitutto hanno scartato un’ipotesi molto circolata nel 2016, cioè che gli elettori di Trump siano in qualche modo “timidi”, e non siano rilevati dai sondaggi perché si rifiutano di dire che voteranno per il candidato Repubblicano nelle interviste telefoniche: questa teoria è stata smentita da molti studi, e d’altra parte gli elettori di Trump non sono esattamente timidi. I luoghi in cui dirsi elettore di Trump potrebbe essere imbarazzante esistono, ma sono quelli dominati dai Democratici: non quelli in bilico alle elezioni.
È probabile, però, che sia stato un fattore determinante il cosiddetto nonresponse bias: le persone poco istruite (e anche le persone sospettose del governo, delle istituzioni e dei media: tutti bacini elettorali di Trump) rispondono ai sondaggi telefonici molto meno dei laureati, e ciò porta a una sovra-rappresentazione di questi ultimi, che sono in gran maggioranza elettori Democratici. I sondaggisti conoscono bene il problema ma evidentemente non sono riusciti ad adottare dei correttivi efficaci. Anche perché trovare delle persone disponibili a farsi intervistare è sempre più difficile: le persone non rispondono più alle chiamate telefoniche, e secondo una ricerca del Pew Research Center se nel 1997 il tasso di risposta era del 36 per cento, nel 2018 era del 6 per cento appena.
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Un’altra ipotesi, sollevata da Patrick Murray, direttore del settore dei sondaggi alla Monmouth University, è che ci sia stata una forte “soppressione degli elettori”: cioè che siano stati usati sotterfugi burocratici per evitare che le persone andassero a votare. Di solito la soppressione negli Stati Uniti colpisce soprattutto le minoranze etniche, che votano Democratico. Servirà tempo per capire se questa ipotesi è plausibile, ma per ora appare poco solida: quest’anno l’affluenza è stata la più alta dal 1908.
Non tutti i problemi sono però vecchi e noti. I sondaggi hanno anche commesso errori nuovi: in particolare in Florida, dove non sono riusciti a rilevare con accuratezza il fatto che una porzione consistente della comunità latinoamericana dello stato si è spostata a favore di Trump. Lo stesso è avvenuto nel sud del Texas, dove il sostegno di Trump tra gli ispanici è stato inferiore a quello per Biden ma comunque relativamente forte; e qualcosa di simile è avvenuto un po’ in tutto il paese con gli elettori afroamericani, che hanno continuato a sostenere Biden ma si sono spostati a favore di Trump in percentuali piccole ma significative.
Alla fine, ha detto di nuovo Morris dell’Economist, l’unico segmento di popolazione in cui i sondaggi sono stati molto accurati è stato quello degli elettori bianchi con un’istruzione universitaria e che vivono nelle aree suburbane: lo stesso che i sondaggi avevano correttamente assegnato a Clinton nel 2016.