La Danimarca ucciderà milioni di visoni per il coronavirus
Tra gli animali, allevati per la pelliccia, si è sviluppata una mutazione del virus, già trasmessa ad alcune persone, che il governo teme potrebbe influire sull'efficacia dei vaccini
Mercoledì in Danimarca la prima ministra Mette Frederiksen ha annunciato che tutti i visoni di allevamento del paese, che sono milioni, saranno uccisi per il timore che una mutazione del coronavirus SARS-CoV-2 nei visoni renda meno efficaci i futuri vaccini contro il virus negli umani.
La Danimarca è il secondo più grande esportatore di pelliccia di visone del mondo dopo la Cina, e nei suoi allevamenti vivono tra i 15 e i 17 milioni di visoni. Nelle scorse settimane sono già stati uccisi gli animali di 400 allevamenti dove c’erano casi di infezione da coronavirus, o che erano molto vicini ad altri allevamenti dove ce n’erano.
Secondo il governo almeno 12 persone sono state infettate dal coronavirus con la mutazione trovata nei visoni nella regione dello Jutland; il ministro della Salute Magnus Heunicke ha detto che metà dei 783 casi di COVID-19 nelle persone nel nord della Danimarca «è legata» ai visoni. Per questo è stato deciso di uccidere tutti quanti i visoni del paese, di fatto eliminando, forse per anni, l’industria attorno alle pellicce.
I visoni sono mustelidi, la stessa famiglia di mammiferi di cui fanno parte i furetti; entrambe le specie sono tra gli animali tra cui sono stati trovati casi di infezione da coronavirus già dai primi mesi della pandemia. I furetti sviluppano sintomi meno gravi, mentre i visoni – che negli allevamenti vivono in spazi molto affollati, dove il contagio è facilitato – si ammalano gravemente e spesso muoiono, anche se nel complesso le epidemie tra i visoni sono meno letali rispetto a quelle che si verificano a causa di altri virus che interessano il bestiame.
I primi casi di contagio di coronavirus tra i visoni danesi risalgono a giugno. Allora l’epidemia si era diffusa tra i visoni di altre nazioni, tra cui i Paesi Bassi, dove migliaia di animali erano stati uccisi per cercare di contenere il contagio. Successivamente il governo olandese aveva deciso di chiudere tutti gli allevamenti di visone entro il prossimo marzo, anticipando una chiusura che in precedenza era stata decisa per il 2024. Anche in Spagna l’epidemia si era diffusa tra i visoni di allevamento e lo scorso luglio più di 100mila animali erano stati uccisi nella regione dell’Aragona.
Né nei Paesi Bassi né in Spagna, in particolare, il settore delle pellicce di visone ha però dimensioni simili a quello danese. Gli allevamenti dove gli animali saranno uccisi sono più di mille e per portare a termine gli abbattimenti sarà impiegato anche l’esercito; secondo le stime del governo uccidere tutti i visoni costerà fino a 785 milioni di euro, senza contare i risarcimenti promessi agli allevatori. Da giugno a oggi erano già stati uccisi gli animali di molti allevamenti, ma non è servito per fermare l’epidemia definitivamente: nell’ultimo mese si è passati da 41 allevamenti con casi rilevati a 207.
Intanto i gruppi di difesa dei diritti degli animali si sono detti favorevoli alla decisione del governo danese e hanno proposto di mettere fine all’allevamento di visoni in Danimarca per sempre.
Non sono ancora stati pubblicati studi scientifici sulla mutazione del coronavirus trovata nei visoni danesi, ma secondo un rapporto del governo di Frederiksen il virus con questa mutazione indebolisce in modo particolare le capacità di formare anticorpi, cosa che renderebbe i potenziali vaccini, sviluppati per il virus senza questa mutazione, probabilmente inefficaci. Il governo danese ha comunque informato l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) della questione delle mutazioni: cercheranno di capirne di più insieme.
We are aware of reports from #Denmark of a number of people infected with coronavirus from mink, with some genetic changes in the virus. We are in touch with the Danish authorities to find out more about this event. #COVID19
— World Health Organization (WHO) (@WHO) November 5, 2020
Una cosa che sappiamo da mesi grazie agli studi degli scienziati è che i coronavirus, a differenza dei virus dell’influenza, accumulano mutazioni più lentamente: secondo alcune ricerche sono fino a dieci volte più lenti nel mutare rispetto ai virus influenzali. Per questa ragione non esistono al momento diversi ceppi di SARS-CoV-2 – sui giornali sono state date informazioni che sembravano suggerirlo, forse anche per la confusione tra i non addetti ai lavori sul concetto di ceppo e quello di semplice mutazione, ma non è così. Di per sé una mutazione del coronavirus non dovrebbe essere causa di preoccupazione, perché non tutte le mutazioni nel codice genetico di un virus causano cambiamenti significativi. Generalmente le mutazioni vanno tenute d’occhio solo quando si accumulano al punto da arrivare a una generazione di virus che presenta differenze marcate e significative rispetto alle precedenti, soprattutto negli esiti delle sue attività, ad esempio arrivando a essere più virulenta o più resistente ai farmaci: è a quel punto che si valuta se parlare di un nuovo ceppo.