Che fine ha fatto Wesley Snipes

A fine anni Novanta sembrava lanciatissimo, poi è stato condannato per frode fiscale e ha fatto due anni e mezzo di carcere: a dicembre tornerà nel seguito di "Il principe cerca moglie"

(Rich Polk/Getty Images for IMDb)
(Rich Polk/Getty Images for IMDb)

Nella carriera e nella vita di Wesley Snipes ci sono senza dubbio un prima e un dopo. Nel prima è un attore di successo, diventato famoso per la trilogia Blade nonché vincitore di una Coppa Volpi al Festival di Venezia come miglior attore per il film drammatico Complice la notte. Il dopo è tutto quello che segue alla sua condanna per evasione fiscale e ai circa due anni e mezzo che, tra la fine del 2010 e l’aprile del 2013, passò in carcere. Ora siamo in quella fase del dopo in cui il 58enne Snipes – che dopo il carcere è tornato a recitare (senza però che in molti se ne accorgessero) – ha in uscita un film di un certo livello (il seguito di Il principe cerca moglie, in arrivo a dicembre) e i giornali hanno colto l’occasione per tornare a parlare di lui o, come ha fatto di recente il Guardian, con lui.

Snipes è nato nel 1962 a Orlando, in Florida, ed è cresciuto prima a New York, nel Bronx, e poi tra Florida e California. Tra l’altro studiando nella scuola newyorkese di Saranno famosi, il film del 1980 diventato anche una popolare serie tv. Il suo primo film – tra l’altro anche il primo film di Woody Harrelson – è la commedia sportiva sul football americano Una bionda per i Wildcats, del 1986. Snipes recitò poi in un episodio di Miami Vice e si fece notare nel video musicale di “Bad” nel quale, diretto da Martin Scorsese, è una sorta di nemesi di Michael Jackson. Dopodiché sembra che Snipes rifiutò una proposta di Spike Lee, che lo avrebbe voluto per un ruolo da non protagonista in Fa’ la cosa giusta, per recitare in un’altra commedia sportiva, questa volta sul baseball – Major League – La squadra più scassata della lega – e poi, di nuovo con Harrelson, nel film sul basket (ma non solo su quello) Chi non salta bianco è.

– Leggi anche: Cosa fu Fa’ la cosa giusta

Seguirono, nei primi anni Novanta, un ruolo nel thriller King of New York, uno da protagonista nel neo-noir in New Jack City e due ruoli per Spike Lee, al quale evidentemente Snipes piaceva proprio e che a quanto pare non se l’era presa per il precedente rifiuto. Per Lee, Snipes fu il sassofonista di Mo’ Better Blues e poi l’architetto Flipper Purify, protagonista di Jungle Fever.


Negli anni Novanta Snipes recitò in film drammatici, in diverse commedie e in una serie di film d’azione, grazie ai quali si impose come attore muscoloso e muscolare e nei quali riuscì a far fruttare le sue competenze in diverse arti marziali, alcune delle quali praticate già dall’adolescenza. Nel 1997 arrivò la Coppa Volpi e nel 1998 il ruolo del cacciatore di vampiri protagonista di Blade, il film su un personaggio dei fumetti Marvel che per certi versi anticipò quello che poco dopo sarebbero diventati i film dell’Universo Cinematografico Marvel, e che divenne il primo capitolo di una trilogia di cui Snipes finì per essere anche produttore, oltre che protagonista.


Tra l’altro, come raccontò un paio di anni fa Hollywood Reporter, «a metà degli anni Novanta, mentre cavalcava l’onda dei successi ai botteghini che gli avevano dato grandissima fama, Wesley Snipes provò a intraprendere una grande iniziativa: fare un film su Black Panther», un altro personaggio della Marvel, poi protagonista di un apprezzato film del 2018. Il film, evidentemente, non si fece: per una serie di problemi, non ultimo quello di trovare soldi e tecniche per finanziare e realizzare tutti gli effetti speciali necessari a rappresentare la futuristica città di Wakanda.

– Leggi anche: Come ha fatto la Marvel

«Negli anni Novanta e nei primi Duemila» ha scritto Simon Hattenstone sul Guardian «sembrava che Wesley Snipes avesse tutto: era una star del cinema, talentuoso e bellissimo, dal fisico scolpito. Di successo ai botteghini e senza che sembrasse esserci un genere che non potesse far suo». Sembrava che Snipes «non potesse volare più alto di quanta stava facendo» ha scritto Hattenstone, «e poi cadde».

La caduta, anticipata da qualche voce sul fatto che Snipes fosse un attore complicato con il quale condividere il set e da una serie di questioni legali che lo videro contrapporsi ai produttori di Blade, si concretizzò a partire dal 2006. Quell’anno Snipes – che aveva già avuto qualche problema (poi risoltosi senza nessun processo) per via delle attività di Royal Guard of Amen-Ra, la società di guardie del corpo che aveva fondato alla fine degli anni Novanta – fu accusato di evasione fiscale per almeno 15 milioni di dollari e, in seguito, di una serie di altri più gravi reati tributari per i quali arrivò a rischiare fino a 16 anni di carcere. Snipes provò a difendersi sostenendo di essere stato scelto come obiettivo perché famoso e perché nero, e provando una serie di strategie di difesa alquanto creative, per esempio sostenendo – senza alcuna evidenza – di non essere cittadino statunitense.

La causa finì nel 2010 con Snipes condannato a tre anni (gli ultimi mesi dei quali passati agli arresti domiciliari) e altri due co-imputati condannati a 4 e 10 anni. Tra il 2006 e il 2010 Snipe aveva continuato a recitare, ma perlopiù in mediocri film d’azione fatti per essere visti direttamente in DVD, senza nemmeno passare nei cinema.

Parlando al Guardian della sua condanna, è stato piuttosto vago e, parlando del processo più che dei fatti dibattuti in quel processo, ha detto: «Non mi sento uno spettatore innocente di quel che è successo. Ho preso decisioni. Accetto le conseguenze di quelle decisioni. Nessuno mi obbligò a scegliere quel commercialista, nessuno mi obbligò a scegliere quell’avvocato. Nessuno mi obbligò a credere a quel che mi dicevano». Con riferimento agli anni in carcere, Snipes ne ha parlato come di un’esperienza positiva di «isolamento e meditazione» e ha detto: «Spero di esserne uscito come una persona migliore». Sull’impatto che la condanna e il carcere hanno avuto sulla sua carriera, Snipes ha detto di ritenere che nella percezione degli spettatori («la gente per strada») non è cambiato niente, ma che le cose sono diverse se si pensa ai «gatekeepers», cioè alle persone che, dalle parti di Hollywood, decidono cosa finanziare, cosa girare e chi far recitare.

Già nel 2014, sembrava che la carriera di Snipes potesse ripartire grazie a un ruolo tutt’altro che secondario in I mercenari 3, il terzo capitolo di una serie di film d’azione nata da un’idea di Sylvester Stallone e dalla quale sono passati, tra gli altri, Jet Li, Arnold Schwarzenegger, Bruce Willis, Mickey Rourke, Chuck Norris, Mel Gibson e Jean-Claude Van Damme. E nel 2015 Snipes tornò a recitare per Spike Lee in Chi-Raq. Ma questi due film, e uno sparuto numero di altri film secondari, non hanno spostato di molto la carriera di Snipes, in riferimento al quale Hattenstone ha scritto: «Snipes non ha fatto molte interviste da quando è uscito dal carcere. Non ce n’è stato bisogno: non ha avuto granché da promuovere».


Nella sua intervista con il Guardian, Snipes ha aggiunto di essere tra i fondatori di una «comunità globale di persone con più talenti contemporanei» che ha come missione «portare la luce nel mondo delle tenebre». Ha anche detto che ora paga tutte le tasse e ha lasciato intendere di avere dei non meglio definiti piani per diventare miliardario nei prossimi mesi.