Perché il Belgio sta andando così male con l’epidemia da coronavirus
C'entrano le divisioni politiche tra fiamminghi e valloni e la mancanza di coordinamento tra i vari centri di potere
Il Belgio sta facendo registrare tra i numeri peggiori d’Europa riguardo alla pandemia da coronavirus. Nelle ultime due settimane nessun paese dell’area Schengen, più il Regno Unito, ha accertato un numero maggiore di nuovi contagi per 100mila abitanti (l’indicatore che viene spesso usato per valutare l’incidenza dei nuovi positivi rispetto alla popolazione); e solo la Repubblica Ceca ha fatto peggio se si guarda il numero di morti per Covid-19 ogni 100mila abitanti.
È difficile elencare con certezza tutte le ragioni che hanno portato il Belgio a essere così in sofferenza, e ad avere numeri così fuori controllo, soprattutto se confrontati con altri paesi dell’Europa occidentale. Esperti e osservatori sembrano però essere d’accordo almeno su un punto: la crisi belga è spiegabile in larga parte con le enormi divisioni che esistono tra le due comunità linguistiche del paese – i valloni, francofoni, e i fiamminghi, che parlano olandese – dai moltissimi livelli di governo e dalla confusione che genera la mancanza di gerarchie tra molti centri di potere. Il mancato funzionamento dello stato è anche il motivo per cui in passato il Belgio era stato definito da qualcuno «stato fallito».
I numeri del Belgio sull’epidemia da coronavirus sono davvero brutti. Negli ultimi 14 giorni il Belgio ha fatto registrare 1.753 nuovi contagi per 100mila abitanti, più del doppio della Francia e più del triplo dell’Italia. Il governo, guidato dal primo ministro Alexander de Croo, è stato costretto ad annunciare un secondo lockdown, molto simile a quello imposto durante la prima ondata dell’epidemia, la scorsa primavera. Il lockdown, entrato in vigore lunedì su tutto il territorio nazionale, prevede tra le altre cose la chiusura delle attività non essenziali, il divieto di riunirsi in luoghi pubblici in più di quattro persone, l’obbligo per i supermercati di vendere solo beni essenziali e l’imposizione del limite di una sola persona per le visite a casa di altri.
La situazione in Belgio è molto preoccupante anche se si guarda alla pressione sugli ospedali. I tassi di ricovero in ospedale per i malati di Covid-19 sono più del doppio rispetto alla media europea, e i medici belgi temono di dover iniziare a prendere delle decisioni su quali pazienti curare e quali no, ha detto Philippe Devos, capo dell’associazione nazionale che riunisce i sindacati dei medici. La situazione, inoltre, è aggravata dal fatto che moltissimi nuovi contagi sono concentrati nella regione della Vallonia, francofona e più povera rispetto alle Fiandre, dove vivono i fiamminghi.
In Vallonia ci sono cinque delle sei “regioni” con l’indice di nuovi contagi più alto di tutta Europa. Quella messa peggio è la provincia di Liegi, nell’est del paese, dove nelle ultime due settimane sono stati registrati 3.355 nuovi casi per 100mila abitanti: un numero enorme. Lo scorso mese ai medici di Liegi risultati positivi al coronavirus ma senza sintomi era stato chiesto di continuare a lavorare per mancanza di personale (era positivo circa un quarto del personale sanitario). Allo stesso tempo Christopher D’Haese, sindaco di Aalst, nelle Fiandre, aveva detto che gli ospedali della sua città non avrebbero più accolto pazienti provenienti dalla regione di Bruxelles, tra le più colpite, perché la solidarietà medica «ha dei limiti».
Martedì sono stati mandati 17 militari ad aiutare gli operatori sanitari di un ospedale della periferia di Liegi e sono iniziati i primi trasferimenti in elicottero di pazienti gravi malati di Covid-19 verso ospedali della Germania.
Le differenze tra le due regioni belghe hanno intensificato tensioni già esistenti, e messo ancora più in difficoltà un sistema che si basa su un equilibrio molto precario. In Belgio c’è un governo federale, quello guidato da Alexander de Croo, e poi ci sono diversi governi regionali: quello vallone, quello fiammingo e quello della regione di Bruxelles (ufficialmente bilingue, ma di fatto isola francofona in territorio fiammingo). Nel paese ogni tema di rilevanza pubblica non può prescindere dalla questione linguistica che si sostanzia in una costante richiesta di maggiore autonomia da parte dei partiti separatisti fiamminghi. Queste richieste finiscono spesso per paralizzare la politica belga, come successe tra il 2010 e il 2011 e di nuovo tra il 2018 e il 2020.
La gestione della pandemia non ha fatto altro che aggiungere confusione a una struttura di governo già molto caotica.
Il Belgio, un paese con 11,5 milioni di abitanti e uno dei più densamente popolati in Europa, ha ben nove ministri (di rango nazionale o regionale) che hanno una qualche voce in capitolo sul tema della sanità. Le misure prese dallo scorso marzo per contenere l’epidemia da coronavirus sono state spesso improvvisate e caotiche, sia per la mancanza di un esecutivo in carica (Alexander de Croo si è insediato solo ad ottobre), sia perché in diversi momenti i vari livelli di governo hanno adottato restrizioni contraddittorie.
Prima che venisse introdotto il lockdown, per esempio, l’obbligo di indossare la mascherina a Bruxelles variava tra via e via, e a volte anche all’interno di una stessa strada. In una strada molto frequentata del comune di Woluwe-Saint-Lambert, nella regione di Bruxelles, indossare la mascherina era obbligatorio dalle 7.30 alle 9, poi da mezzogiorno all’1, poi dalle 15 alle 17, weekend esclusi.
Strada semi-deserta nel centro di Anversa (AP Photo/Virginia Mayo)
Il Financial Times ha scritto che una questione da tenere d’occhio sarà l’impatto che avranno eventuali stanchezze provocate da un ritorno al lockdown, considerato che qualche protesta si è già vista. Le autorità belghe, comunque, hanno espresso un prudente ottimismo sulla possibilità che le misure restrittive possano riportare i numeri sotto controllo.