La pandemia sta dando una mano a Tupperware
A inizio anno era in enormi difficoltà, ma in pochi mesi il valore delle sue azioni è aumentato di quasi trenta volte
La crisi di Tupperware era cominciata qualche anno fa. La nota azienda statunitense che produce contenitori in plastica per cibo era diventata famosa per la vendita diretta dei suoi prodotti a partire dagli anni Cinquanta; negli ultimi tempi, però, con l’avvento dell’e-commerce nessuno frequentava più le feste domestiche organizzate per vendere i suoi famosi contenitori e il marchio aveva perso gradualmente rilevanza, confondendosi tra molti altri apparentemente simili e più economici. L’arrivo della pandemia da coronavirus sembrava aver compromesso del tutto il modello di business di Tupperware, che invece sta dando inattesi segni di ripresa.
Mercoledì l’azienda ha comunicato di aver ottenuto 34,4 milioni di dollari di guadagni negli ultimi quattro mesi: quasi 30 milioni di euro, e quattro volte tanto i profitti dello stesso periodo dell’anno scorso. L’annuncio ha avuto effetti anche sul titolo della Tupperware Brands Corporation in borsa, che sempre mercoledì è stato quotato a 28,8 dollari per azione (circa 24,6 euro) contro il valore di circa 1 dollaro che aveva avuto a marzo.
Tupperware venne fondata nel 1946 dal chimico Earl Tupper ma le vendite ingranarono solo negli anni Cinquanta, quando Tupper assunse come segretaria Brownie Wise e le diede il compito di ingaggiare una rete di donne per sponsorizzare e vendere i contenitori di plastica e con coperchio ermetico che aveva inventato. Nacque il cosiddetto metodo Home Party Plan: un rappresentante di Tupperware ingaggiava casalinghe, e poi anche donne che lavoravano, per organizzare festicciole a casa o al lavoro dove venivano presentati e venduti i prodotti di Tupperware. Le invitate erano amiche, vicine e colleghe a cui venivano mostrati i prodotti in un’atmosfera informale e piacevole. La padrona di casa riceveva in cambio un regalo, che dipendeva anche dalla buona riuscita delle vendite.
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Il modello di affari basato sul cosiddetto “network marketing” era in crisi da tempo ma la cosa si era aggravata sia per le restrizioni dovute al coronavirus, sia per via di un’indagine finanziaria sulla sua filiale in Messico dedicata ai cosmetici. Le vendite del primo trimestre del 2020 si erano ridotte del 23 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, e i venditori di Tupperware erano diminuiti del 15 per cento, arrivando a circa 490mila.
Le cose però hanno preso una piega diversa da quando a inizio marzo è stato nominato amministratore delegato Miguel Fernandez, che era già stato dirigente di Avon, un’altra nota azienda che vende prodotti di bellezza sempre attraverso il “network marketing”. Fernandez ha spinto molto di più sulle vendite online per andare incontro alle esigenze di chi stava trascorrendo lunghi periodi in quarantena, e così la richiesta di prodotti Tupperware ha ricominciato a crescere in maniera consistente.
La ripresa di Tupperware è osservata con sorpresa, soprattutto in un periodo in cui molte aziende sono in grosse difficoltà. Tuttavia, sono state proprio le regole sul distanziamento fisico ad aver aiutato le vendite dell’azienda: durante la pandemia, milioni di persone hanno smesso di andare al ristorante e cominciato a cucinare di più in casa e, quindi, ad avere bisogno di soluzioni per conservare il cibo avanzato. E per quanto esistano oggi molti prodotti simili a quelli di Tupperware, non ci sono marchi altrettanto famosi che li producano: anzi, il nome “Tupperware” viene spesso usato genericamente per parlare delle vaschette in plastica per conservare il cibo.
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