Anche a Mark Zuckerberg capita di avere problemi di connessione
È successo durante la sua audizione in videoconferenza al Senato degli Stati Uniti, che ha dovuto interrompere i lavori per alcuni minuti
Mercoledì 28 ottobre gli amministratori delegati di Facebook, Twitter e Google (Mark Zuckerberg, Jack Dorsey e Sundar Pichai) hanno testimoniato in videoconferenza di fronte alla commissione per il Commercio.
I tre sono stati convocati per rispondere alle preoccupazioni del Congresso – sia da parte dei Repubblicani che dei Democratici – relative al modo in cui le loro aziende moderano i contenuti pubblicati dagli utenti. In particolare nelle loro audizioni si è discusso della sezione 230 del Communications Decency Act, una legge emanata nel 1996 per regolamentare le responsabilità dei fornitori di accesso a Internet, che Trump vorrebbe da tempo modificare, per ridurre la protezione di cui godono le piattaforme informatiche.
L’audizione, però, è stata interrotta per alcuni minuti a causa di un problema tecnico che ha riguardato il CEO di Facebook, Zuckerberg, la cui connessione ha smesso all’improvviso di funzionare. Roger Wicker, presidente della Commissione, ha chiesto quindi 5 minuti di pausa per ristabilire la connessione, e ha commentato il problema definendolo «uno sviluppo molto interessante», ironizzando sul fatto che il capo di una delle più grandi società informatiche al mondo non riuscisse a connettersi a Internet.
Dopo due minuti, però, la connessione di Zuckerberg è tornata a funzionare, e lui ha commentato così la vicenda: «Sono riuscito ad ascoltare le dichiarazioni degli altri, ma non riuscivo a collegarmi». Wicker ha risposto a Zuckerberg dicendo: «So cosa si prova».
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In base alla sezione 230 della legge, le aziende informatiche, e quindi i social network, non sono responsabili legalmente dei contenuti che gli utenti pubblicano sui social network, dato che sono “piattaforme” e non giornali, che invece sono direttamente responsabili dei contenuti degli articoli. Secondo Trump, quando i social network si comportano come giornali – decidendo cosa possa o non possa essere pubblicato dagli utenti – dovrebbero essere trattati alla stregua dei giornali anche legalmente e quindi essere ritenuti responsabili di ciò che viene pubblicato dai loro iscritti.