In Polonia si manifesta contro le restrizioni del diritto all’aborto
Le proteste dei gruppi femministi vanno avanti da cinque giorni in moltissime città del paese: domenica sono state interrotte le celebrazioni in alcune chiese cattoliche
Lunedì in Polonia è stato il quinto giorno consecutivo di proteste contro una sentenza del Tribunale costituzionale del paese che rende illegale l’interruzione di gravidanza in caso di malformazione del feto. Dopo la sentenza di giovedì scorso migliaia di persone sono scese in piazza in molte città della Polonia per manifestare: gli obiettivi delle proteste sono il governo del paese, guidato dal partito di destra e populista Diritto e Giustizia (PiS), il Tribunale costituzionale e la Chiesa cattolica, la cui influenza sulla vita politica polacca è molto forte ed è stata determinante nella restrizione di diritti importanti come quello all’interruzione di gravidanza.
Le manifestazioni sono state organizzate dai movimenti femministi e sono state molto partecipate: sono state bloccate alcune strade molto trafficate in oltre 50 città del paese, ci sono stati scontri con la polizia e in alcuni casi con gruppi di estrema destra che organizzavano contro-manifestazioni. Le organizzatrici hanno detto che le città coinvolte sono state più di 150, e che quella di questi giorni è una delle proteste più grandi degli ultimi anni. Tra i cartelli mostrati lunedì, ha scritto la BBC, uno dei più popolari diceva: «Vorrei abortire il mio governo». A Varsavia una donna che manifestava è stata ricoverata con ferite lievi dopo essere stata investita da un’automobile, anche se non è chiaro se sia stato un incidente o meno.
– Leggi anche: L’Europa vuole mettere in riga Ungheria e Polonia
Nel fine settimana, invece, oltre alle strade le persone che protestano hanno invaso anche le chiese cattoliche, interrompendo le celebrazioni. Sono entrate nella cattedrale di Poznan, nella Polonia occidentale, gridando: «Anche i cattolici hanno bisogno dell’aborto!». La messa è stata interrotta e circa 30 persone sono state segnalate alla polizia. A Varsavia sono entrate in una chiesa del centro con lo slogan: «Preghiamo per il diritto all’aborto». Domenica, davanti alla chiesa della Santa Croce, ci sono stati scontri con gruppi di estrema destra. Robert Bąkiewicz, uno dei leader dell’estrema destra polacca, nel fine settimana ha annunciato che i gruppi nazionalisti avrebbero formato una «guardia nazionale» per difendere le chiese dalle manifestazioni. Ci sono state grandi proteste anche davanti al palazzo presidenziale di Varsavia.
Thousands of activists disrupted church services across Poland on Sunday, chanting during mass and spraying slogans on walls to protest against a court ruling that amounts to a near-total ban on abortion https://t.co/GWVHJiixCS pic.twitter.com/p1mLEqvjUP
— Reuters (@Reuters) October 26, 2020
Le proteste vanno avanti da giorni benché il governo abbia imposto un divieto agli assembramenti di più di cinque persone per cercare di limitare il contagio da coronavirus, che in Polonia, come in gran parte d’Europa, si sta aggravando rapidamente, tanto che anche il presidente del paese Andrzej Duda è risultato positivo al coronavirus.
La sentenza del Tribunale costituzionale polacco è arrivata in risposta a un appello alla Corte da parte di un centinaio di parlamentari che sostenevano che l’interruzione di gravidanza a causa di malformazioni fetali violasse i princìpi della Costituzione che protegge la vita di ogni individuo. La sentenza modifica una legge sull’interruzione di gravidanza approvata nel 1993, che già era una delle più restrittive d’Europa, e sostiene che consentire l’aborto in caso di grave malformazione del feto sia incostituzionale. Il governo aveva già tentato più volte, nel 2016 e lo scorso aprile, di introdurre restrizioni pesanti al diritto all’aborto, sempre con il sostegno di diversi gruppi religiosi cattolici e dei vescovi vicini al PiS, ma in entrambi i casi aveva rinunciato dopo forti proteste.
La sentenza non è ancora entrata ufficialmente in vigore, ma quando succederà in Polonia saranno legali le interruzioni di gravidanza soltanto in caso di stupro, incesto o di grave minaccia alla vita o alla salute della donna. Questi casi costituiscono soltanto il 2,4 per cento dei circa 1.100 aborti praticati negli ospedali polacchi nel 2019. Il Guardian ha scritto che, anche se le restrizioni non sono ancora attive, molti ospedali hanno cominciato a cancellare procedure di interruzione di gravidanza già programmate. Secondo le organizzazioni femministe, già prima della sentenza tra le 100mila e le 200mila donne polacche ogni anno erano costrette a ricorrere all’aborto clandestino o ad andare all’estero per poterne avere accesso (in genere in Slovacchia, Repubblica Ceca, Germania o Ucraina).