Alla cultura serve altro che aprire i teatri a tutti i costi
Secondo Marino Sinibaldi le proteste contro le chiusure trascurano i pericoli e sono di retroguardia
Marino Sinibaldi, direttore di Radio 3 e assiduo protagonista di progetti ed eventi culturali, aveva espresso lunedì pomeriggio in un tweet un’opinione diversa da quella che da ieri prevaleva nel mondo dell’arte e della cultura italiano, molto impegnato a protestare contro la decisione del governo di includere la chiusura di cinema, teatri ed eventi nelle nuove limitazioni imposte per limitare il contagio da coronavirus.
Ma ha senso chiedere di tenere aperti cinema e teatri che comunque si svuoteranno sempre più? Non è meglio pretendere sostegni, incentivi al digitale, spazi sui mezzi di comunicazione, Rai compresa? pic.twitter.com/HfqvyEfzA5
— marino sinibaldi (@marinosinibaldi) October 26, 2020
Il tweet ha ottenuto attenzioni, e quindi Sinibaldi ha esteso il suo ragionamento in un articolo pubblicato sul sito di Internazionale.
Forse bisognerebbe fermarsi un attimo e riflettere sulle parole che stiamo spendendo e le proposte che stiamo avanzando per non chiudere cinema, teatri, sale da concerto. Non perché siano sbagliati gli argomenti, e tantomeno non condivisibili le intenzioni. Non c’è dubbio sul fatto che “l’arte rifonda continuamente la comunità” e che “senza teatro la polis comincia a disgregarsi”, come ha scritto per esempio Nicola Lagioia. E dunque non deve esserci dubbio sul fatto che nel buco nero di una pandemia che sembra non finire più abbiamo davvero bisogno di arte, cultura e bellezza come del pane. Ne abbiamo bisogno come comunità e come singoli individui: senza saremmo (siamo) tutti più deboli, più poveri, più soli.
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