Piccola guida a Borat
Per chi non si ricorda il primo film sul celebre personaggio kazako di Sacha Baron Cohen, o addirittura non c'era ancora
Borat: Seguito di film cinema è disponibile su Amazon Prime Video da alcuni giorni, ed è diventato in fretta uno dei film più commentati degli ultimi tempi, anche perché tra i pochi a essere usciti di recente. Dal primo capitolo del “film cinema” – un tentativo di tradurre l’inglese stentato del protagonista – sono passati 14 anni, e quindi probabilmente hanno visto o vedranno il film anche ragazzi che allora nemmeno erano nati. Ma era stata una cosa, all’epoca: un finto documentario sui tratti più stupidi e disdicevoli della società americana, quando ancora se ne vedevano molti meno.
Sacha Baron Cohen
Borat è uno dei tanti personaggi di Sacha Baron Cohen, un attore e comico britannico di 49 anni, diventato famoso in tv all’inizio degli anni Duemila con il personaggio di Ali G, un appassionato di rap molto stupido con cui Cohen faceva qualcosa di simile a quello che avrebbe fatto con Borat: interviste surreali a personaggi famosi che non sapevano a cosa andavano incontro. Da Ali G Show andò in onda dal 2000 al 2004, incluse interviste a Donald Trump, Gore Vidal e Shaquille O’Neal, e assicurò a Cohen il suo primo film.
Dopo Ali G, Cohen si inventò Borat, il personaggio protagonista del film del 2006 che ebbe ancora più successo. Cohen diventò uno degli attori comici più famosi al mondo, e la sua formula del finto documentario venne molto imitata nei film negli anni a seguire.
Da allora Cohen ha fatto un altro personaggio, Brüno, un giornalista di moda austriaco e gay, che non ebbe lo stesso successo. Ha interpretato parti anche serie in diversi film, da Sweeney Todd – Il diabolico barbiere di Fleet Street di Tim Burton a Les Misérables fino al recentissimo Il processo ai Chicago 7. Negli ultimi anni poi ha fatto due serie: Who is America? è andata in onda su Showtime ed era un po’ sulla falsa riga di Borat, mentre The Spy è uscita su Netflix e racconta la storia vera della spia del Mossad Eli Cohen.
Borat, il primo
Si chiamava Borat – Studio culturale sull’America a beneficio della gloriosa nazione del Kazakistan e uscì nel 2006, presentato peraltro al Festival del Cinema di Roma. Il protagonista è Borat Sagdiyev, un giornalista televisivo kazako inviato negli Stati Uniti dal ministero per l’Informazione per girare delle riprese sulle usanze degli americani. Il Kazakistan e i kazaki rappresentati sono estremamente caricaturali, descritti come retrogradi, antisemiti e misogini e ridicolizzati attraverso le convinzioni e le abitudini di Borat stesso, convinto tra le altre cose che tutti i problemi del suo grande paese siano causati dall’Uzbekistan e dagli ebrei.
Cohen ha realizzato il film in parte combinando e scrivendo le gag e le interazioni, in parte coinvolgendo persone ignare che le telecamere stessero girando un film comico. Nel suo viaggio, con il quale vuole raggiungere Pamela Anderson per chiederle di sposarlo, Borat incontra una lunga serie di personaggi, dai razzisti del Sud agli studenti di una confraternita californiana, creando ogni volta delle situazioni assurde e imbarazzanti.
Il personaggio di Borat non prendeva in giro tanto il Kazakistan quanto gli Stati Uniti, almeno nelle loro parti più ignoranti e conservatrici sulle quali Cohen ama da sempre accanirsi, intervistando per esempio i complottisti, o gli invitati a cene pettinatissime, o ancora dei politici Repubblicani particolarmente bigotti.
E il secondo
Non si sapeva che Cohen stesse lavorando al seguito di Borat fino a poche settimane fa, quando uscì il trailer. Anche nel film sono passati 14 anni da quando Borat era stato negli Stati Uniti per la prima volta, ridicolizzando il Kazakistan e finendo per questo ai lavori forzati. Il film comincia con il primo ministro del paese che lo libera per mandarlo di nuovo negli Stati Uniti, questa volta per donare una scimmia – che è anche ministro della Cultura – a Trump come segno di amicizia. Una volta arrivato, Borat scopre che sua figlia – che lui sembra detestare – si è infilata nella cassa della scimmia per seguirlo. E che nel viaggio se l’è mangiata, la scimmia. Da lì il piano cambia, e diventa consegnare la figlia in sposa al vice presidente Mike Pence.
Molte gag del sequel di Borat sono costruite sugli stessi schemi del primo film, ma c’è una diversa attenzione al racconto dell’evoluzione del personaggio, che pur rimanendo demenziale e assurdo comincia in un modo e finisce in un altro. Ma una delle cose più apprezzate e commentate è stato il modo in cui Cohen ha adattato il film all’epidemia da coronavirus, che ha coinvolto gli Stati Uniti proprio durante le riprese, avvenute tra febbraio e luglio, e che è entrata perciò in molte scene e nella trama stessa del film. A un certo punto per esempio Borat si autoinvita a casa di due complottisti di destra per passare il lockdown.
Tra le altre cose, poi, del film si è parlato per la scena dell’intervista a Rudy Giuliani, avvocato e stretto consigliere di Trump, che è finito un po’ nei guai. Nella scena infatti un’attrice 24enne, che interpreta la figlia 15enne di Borat, lo intervista in una camera d’albergo cercando di lusingarlo e di flirtare. Dopo l’intervista lo porta nella camera da letto e a un certo punto Giuliani si infila una mano nei pantaloni. Pochi secondi dopo entra Borat urlando e interrompendo tutto, ma Giuliani ha dovuto assicurare che si stava soltanto sistemando la camicia, giustificazione a cui non tutti hanno creduto (Giuliani comunque non sapeva che l’attrice si spacciava per 15enne).
E il Kazakistan che dice?
Dopo il primo film le autorità kazake si arrabbiarono moltissimo, minacciando di fare causa a Cohen e comprando delle pagine sui giornali internazionali per difendere l’onore del Kazakistan. Con il tempo però l’atteggiamento del paese nei confronti del film è cambiato, e ci si è convinti che nonostante l’immagine ridicola del Kazakistan il film abbia fatto conoscere il paese nel mondo, finendo anche per aumentare il turismo. Tanto che in occasione dell’uscita del sequel, il ministero del Turismo ha realizzato degli spot che citano una delle frasi ricorrenti di Borat, “very nice!”.