Il coprifuoco serve contro la pandemia?
Se lo stanno chiedendo in molti dopo la decisione di applicarlo in Francia, e vorrebbero capirlo anche i ricercatori
Ieri sera il presidente francese, Emmanuel Macron, ha annunciato che da sabato 17 ottobre sarà attivo un coprifuoco a Parigi e in altre otto grandi aree metropolitane, con l’obiettivo di ridurre la diffusione del coronavirus. Le limitazioni riguarderanno circa 22 milioni di persone che non potranno uscire di casa, salvo valide motivazioni, dalle 21 alle 6 del mattino del giorno dopo. Altri paesi hanno adottato provvedimenti simili, o stanno valutando di farlo, anche se ci sono ancora dubbi sulla loro utilità da parte di numerosi esperti.
Coprifuoco ed epidemie
La parola “coprifuoco” può far pensare a scenari di guerra ben distanti da quelli attuali legati alla pandemia, ma in realtà la parola è in sé piuttosto neutra e può essere utilizzata per indicare qualsiasi tipo di divieto di uscire durante le ore serali, per motivi di ordine pubblico o per particolari emergenze. Deriva dalla pratica obbligatoria in epoca medievale, in diversi paesi, di coprire il fuoco domestico con la cenere nelle ore notturne, per ridurre il rischio di incendi che avrebbero potuto danneggiare abitazioni e interi villaggi.
Non è la prima volta che viene deciso un coprifuoco per contrastare un’epidemia, ma le esperienze passate avevano spesso riguardato ristrette aree geografiche e per malattie contagiose diverse dall’attuale. Non ci sono quindi molte ricerche scientifiche sul tema, anche se diversi ricercatori stanno analizzando l’andamento dei coprifuochi finora imposti in alcuni paesi contro la pandemia da coronavirus.
Il caso di Melbourne
In Australia, la città di Melbourne è stata per esempio sottoposta a un coprifuoco piuttosto severo per circa un mese, con l’obbligo di rimanere in casa tra le 20 e le 5 del mattino del giorno dopo. Le limitazioni sono state poi allentate alla fine di settembre, ma nel periodo in cui sono rimaste in vigore sono state accompagnate da diverse altre restrizioni più simili a un lockdown vero e proprio. È quindi difficile farsi un’idea precisa sull’utilità del coprifuoco in questo contesto, soprattutto nell’ottica di ridurre i contagi.
Come prevedibile, durante il mese di coprifuoco le forze dell’ordine di Melbourne hanno identificato più facilmente chi era fuori senza un motivo valido, grazie alla minore circolazione di persone nelle ore notturne. I controlli hanno contribuito a fare da deterrente, ma in molti hanno osservato come il problema dei nuovi contagi nello stato di Victoria, di cui Melbourne è la capitale, fosse legato soprattutto alle case di cura e di riposo per gli anziani, ai posti di lavoro in generale e al personale attivo nelle strutture sanitarie.
Coprifuoco flessibile
Nelle ultime settimane anche nel Regno Unito sono state sperimentate alcune soluzioni equiparabili a un coprifuoco, seppure con maggiore flessibilità e differenze a seconda delle aree geografiche e della gravità della pandemia. Sono state introdotte limitazioni sugli orari di apertura di pub e ristoranti, diminuite le ore in cui è possibile servire alcolici e introdotte restrizioni per altre attività sociali, sia nei locali pubblici sia in ambito domestico.
Come per la Francia, anche per il Regno Unito è ancora presto per determinare se il coprifuoco possa portare a qualche vantaggio, perché le restrizioni più severe sono state applicate da pochi giorni e i loro eventuali effetti si riflettono sull’andamento dei contagi dopo almeno un paio di settimane.
Aspettative in attesa di prove
In attesa di dati concreti su cui fare maggiori valutazioni, per ora le autorità sanitarie e gli epidemiologi si sono basati su ciò che prevedono possa accadere nel momento in cui ci sia l’obbligo per milioni di persone di rimanere in casa al di fuori dell’orario lavorativo.
In primo luogo un coprifuoco – come quello deciso in Francia – dà un segnale alla popolazione: ricorda che la situazione legata alla pandemia è ancora grave, che la diffusione del contagio è ancora in corso e che non ci si deve esporre a rischi, continuando a utilizzare le mascherine, a praticare il distanziamento fisico e a ridurre il più possibile i contatti con le altre persone. Questo effetto di deterrenza e responsabilizzazione non è facilmente misurabile, ma secondo diversi esperti è ciò che potrebbe fare la differenza, inducendo comportamenti virtuosi anche nelle ore diurne al di fuori del coprifuoco.
Altri ritengono che l’obbligo di rimanere in casa di sera e di notte possa concretamente ridurre le interazioni sociali informali, durante le quali si pensa meno al rischio del contagio. Con l’arrivo della stagione fredda, molte di queste interazioni avvengono al chiuso, spesso in locali scarsamente aerati, dove i rischi di contrarre il coronavirus sono maggiori. Mentre si beve o si mangia qualcosa nei bar e nei ristoranti non si utilizza la mascherina, esponendosi maggiormente al rischio di contagio, soprattutto nel caso di lunghi tempi di permanenza.
Una minore frequentazione di bar, pub e ristoranti a causa del coprifuoco dovrebbe inoltre portare a contenere il consumo di alcol durante le interazioni sociali. Le bevande alcoliche tendono a ridurre le inibizioni e a fare assumere comportamenti più rischiosi: negli anni sono state svolte molte ricerche in tema, anche se non legate direttamente alla pandemia in corso.
In un ambiente in cui la maggior parte delle persone consuma alcolici c’è un maggior rischio che la situazione sfugga di mano, che il distanziamento fisico non sia mantenuto e che si faccia un uso scorretto delle mascherine. Nel caso ci si trovi all’aperto il rischio è contenuto, mentre diventa più alto se ci si trova in un ambiente chiuso. È un problema che interessa soprattutto le fasce più giovani della popolazione, esposte a minori rischi nel caso in cui contraggano il coronavirus, ma che costituiscono al tempo stesso un rischio elevato per le persone anziane e più deboli, che una volta contagiate potrebbero sviluppare sintomi gravi legati alla COVID-19.
Dubbi
Non tutti sono però convinti che un coprifuoco possa portare a qualche beneficio legato al minor consumo di alcol e all’assunzione di comportamenti più responsabili. Se le limitazioni entrano in vigore verso sera, nulla impedisce che le attività sociali informali come trovarsi al bar o al pub siano anticipate nelle ore precedenti, con il rischio di una maggiore concentrazione di persone interessate a bere qualcosa con gli amici prima che entri in vigore il coprifuoco.
Si potrebbero avere ugualmente assembramenti, scarso mantenimento del distanziamento fisico e delle altre buone pratiche per ridurre il rischio del contagio. Altri segnalano che si tende a consumare più alcol in compagnia in tarda serata e con l’impossibilità di farlo si potrebbero limitare gli effetti dei comportamenti a rischio dovuti agli alcolici.
Imponendo un limite orario entro il quale essere a casa, il coprifuoco può anche sortire l’effetto di avere molte più persone in circolazione prima della scadenza. Le attività che si svolgono solitamente dopo il lavoro sono concentrate nelle poche ore rimanenti prima dell’obbligo di rincasare, portando al rischio di assembramenti, e non solo nei locali. Più individui fanno la spesa nelle stesse ore, frequentano centri commerciali per fare shopping e altre attività, contribuendo alla maggiore concentrazione di persone in luoghi chiusi. A Melbourne il fenomeno è diventato piuttosto evidente nelle settimane di maggiori restrizioni, quando si formavano code e affollamenti ai supermercati.
Alcuni sociologi ritengono comunque che l’effetto deterrenza dato dal coprifuoco possa rivelarsi utile per stimolare comportamenti virtuosi, senza doversi spingere all’adozione di restrizioni più severe come in un lockdown vero e proprio.
L’obiezione di molti è che un coprifuoco influisce solo su una parte della giornata, mentre non ha alcun effetto sulle ore diurne, nelle quali si continua ad avere una vita normale (per quanto possa esserlo durante una pandemia). Le persone continuano ad andare al lavoro, a utilizzare i mezzi pubblici e a incontrarsi tra loro, esponendosi a qualche inevitabile rischio di contagio.
I responsabili delle istituzioni sanitarie dei paesi in cui è stato adottato un coprifuoco la pensano diversamente. Ritengono che qualsiasi intervento, per quanto parziale, possa portare a qualche beneficio nel contenimento della pandemia. Una persona che resta a casa invece di andare in un locale si espone a qualche rischio in meno, e se grazie a questo non viene contagiata non costituisce una nuova fonte di infezione sul proprio posto di lavoro o per i propri familiari. L’idea, da verificare, è che questa dinamica moltiplicata per milioni di persone porti a qualche beneficio nel rallentare la diffusione del coronavirus.
La Francia è il primo paese europeo ad avere assunto un coprifuoco piuttosto rigido, che riguarda circa un terzo della propria popolazione, nelle aree più densamente abitate. In un certo senso è un grande esperimento, e per questo è osservato con grande interesse da epidemiologi e ricercatori. Tra qualche settimana dovrebbero avere a disposizione qualche dato in più, anche se derivare conclusioni in generale sull’utilità del coprifuoco sarà difficile.