Bisogna pagare di più chi lavora da casa?
Certe spese non ci sono (la benzina, il caffè al bar, la metro) ma altre (le bollette, i caffè a casa, la carta igienica) aumentano: nei Paesi Bassi si è fatto qualcosa
Nei Paesi Bassi i dipendenti pubblici riceveranno quest’anno un bonus di 363 euro che, come ha spiegato RTL Nieuws, è una forma di compensazione per le maggiori spese domestiche a cui si deve sottoporre chi, per via della pandemia da coronavirus, deve lavorare da casa. Altri paesi stanno pensando di fare qualcosa di simile e, con ogni probabilità, è qualcosa di cui si parlerà anche in Italia, dividendo chi ritiene che il lavoro da remoto comporti maggiori spese domestiche e chi invece pensa che permetta di guadagnare tempo e risparmiare soldi, e che quindi non serva nessun bonus.
Il bonus per i dipendenti pubblici olandesi che lavorano da casa – e continueranno a farlo, visto il nuovo parziale lockdown appena deciso – è arrivato durante le negoziazioni del nuovo contratto collettivo ed è una diretta conseguenza di uno studio fatto da NIBUD, un istituto nazionale che «fornisce informazioni e consigli di carattere finanziario per famiglie» ed è in parte finanziata anche dal governo.
A luglio NIBUD aveva stimato che lavorare da casa costasse in media due euro al giorno in più a ogni lavoratore, quindi – senza contare sabati e domeniche – un po’ più di 40 euro al mese e circa 500 euro l’anno. La stima era stata fatta prendendo in considerazione i consumi energetici, idrici e di gas, i caffè e le altre bevande consumate, “l’ammortamento di sedia e scrivania” e anche l’uso di carta igienica. In altre parole, tutte le cose il cui consumo aumenta quando si passano a casa le 40 ore circa che si trascorrerebbero al lavoro.
Con riferimento alle cifre di NIBUD, RTL Nieuws ha parlato di calcoli secondo i quali «chiunque beva sei tazze di tè o caffè al giorno, spende 70 centesimi», di un po’ più di un euro al giorno per il riscaldamento degli ambienti domestici in cui si lavora e anche di «0,025 euro al giorno per la carta igienica». Non sono invece stati calcolati i costi di computer, telefoni o altri strumenti più propriamente lavorativi perché quelli, nei Paesi Bassi così come in Italia, dovrebbero già essere previsti per chi lavora da casa.
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A chi propone di pagare di più chi lavora da casa, si contrappone chi sostiene che non sia necessario perché lavorando da casa si risparmia. Nei Paesi Bassi questa è la posizione della AWN, un’associazione di datori di lavoro che ha fatto notare come certe aziende continuano nonostante tutto a sostenere spese di altro tipo, per esempio per le auto o i telefoni aziendali. Com’è ovvio, comunque, è un discorso che è molto difficile affrontare in termini generali, senza considerare le differenze che esistono tra un lavoro e l’altro, e quindi tra un lavoratore e l’altro.
Di forme di compensazione per le spese sostenute lavorando da casa – o per regolare meglio gli obblighi dei datori di lavoro verso la fornitura di strumentazioni adeguate per il lavoro da casa – si sta parlando, come ha scritto Reuters, anche in Spagna, in Germania e nel Regno Unito, ma nessun paese è per ora più avanti dei Paesi Bassi sulla questione.
Intanto, si discute anche di come le aziende stesse potrebbero o dovrebbero cambiare i “benefit” per i loro dipendenti: CNN, per esempio, ha citato casi di aziende che offrono servizi di lavanderia porta a porta (si manda qualcuno a casa del dipendente per prendere i vestiti sporchi e riportarglieli lavati) o anche maggiori offerte per i lavoratori con figli. Il Wall Street Journal, invece, ha raccontato come Microsoft stia pensando di aggiungere a Teams, software di chat e strumenti per la collaborazione in ambito aziendale, la possibilità di fare un “virtual commute“, che vorrebbe dire prendersi, prima e dopo il lavoro vero e proprio, un po’ di tempo per pensare con più calma alla giornata lavorativa che sta per iniziare e a quella appena finita: qualcosa di simile a quello che molti pendolari fanno (o facevano) andando e tornando dal lavoro.