L’enorme baraccopoli alla periferia di Buenos Aires
È nata negli ultimi mesi: ci vivono migliaia di famiglie che hanno perso casa e lavoro per la crisi economica e a causa del lockdown
Dallo scorso luglio a Guernica, una città che si trova poco a sud di Buenos Aires, in Argentina, migliaia di persone hanno iniziato a occupare un terreno inutilizzato, costruendo più di duemila baracche e ripari di fortuna in cui vivere in attesa di trovare di meglio. A causa della pandemia da coronavirus, la povertà nell’area metropolitana della città di Buenos Aires – la più densamente popolata del paese – è aumentata moltissimo e in tantissimi sono rimasti senza lavoro, senza casa e senza aiuti. Secondo le autorità locali, negli ultimi mesi ci sono state almeno 1.800 occupazioni simili a quella di Guernica, dove però è nata la baraccopoli più grande e quella di cui si sta parlando di più.
Guernica è il capoluogo del partido di Presidente Perón, uno dei 135 municipi dell’area metropolitana di Buenos Aires, che prende il nome dall’ex presidente argentino, Juan Domingo Perón. I giornali locali, come il Clarín e la Nacion, hanno scritto che nella baraccopoli sono state contate circa 2.500 famiglie, per lo più di giovani con bambini, che provengono anche da zone al di fuori del municipio. I loro ripari, costruiti in cartone e materiali di recupero, sono distribuiti in diversi lotti, distanziati tra loro, e alcuni di questi sono stati adibiti a servizi comuni, come la mensa. La situazione nell’accampamento è descritta come ordinata e pacifica, ma non ci sono elettricità né reti fognarie e tra le altre cose nei mesi passati il clima è stato spesso freddo e piovoso (in Argentina è appena iniziata la primavera).
Secondo quanto hanno ricostruito le autorità locali, 9 su 10 delle persone che vivono nell’accampamento di Guernica sono disoccupate.
Le misure restrittive messe in atto per limitare la diffusione dei contagi da coronavirus hanno lasciato milioni di persone senza lavoro. In Argentina il lockdown era stato imposto già a metà marzo, quando il paese non era ancora stato colpito duramente dalla pandemia; col protrarsi delle restrizioni, che saranno in vigore almeno fino all’11 ottobre, moltissime persone con un lavoro precario non hanno più potuto permettersi di pagare l’affitto né di avere condizioni di vita normali.
Una di queste persone è Carlos Rodas, un trentaduenne di Guernica che prima lavorava in un panificio. Rodas ha detto al Clarín che le persone dell’accampamento chiedono semplicemente aiuto al governo. Secondo lui, gli occupanti «non sono violenti e non sono lì per delinquere», anzi, sanno che l’occupazione è «un reato»; però, ha aggiunto: «Se ci sfrattano rimarremo per strada. Non abbiamo un posto dove andare».
Lo scorso maggio l’Argentina ha dichiarato fallimento per la nona volta, la seconda in meno di vent’anni, dopo quella del 2001. Dopo mesi di negoziati, a inizio agosto il paese ha trovato un accordo per la ristrutturazione del suo debito con i creditori esteri, ma con l’arrivo della pandemia da coronavirus le condizioni di vita nel paese, dove vivono 45 milioni di persone, sono peggiorate ulteriormente.
Un recente rapporto dell’INDEC – l’equivalente della nostra ISTAT – ha evidenziato che nel primo semestre del 2020 più del 40 per cento degli argentini su cui è stata svolta l’indagine (quasi 12 milioni di persone su 28 milioni) si trovava in condizioni di povertà, mentre il 10,5 per cento (3 milioni) era indigente. Nella zona della Grande Buenos Aires, dove abitano oltre 14 milioni di persone, il 47,5 per cento è povero o indigente. Dal 2017 a oggi 2 milioni di persone sono entrate in povertà a causa della recessione, dell’inflazione e della disoccupazione, ma anche per l’impatto della pandemia da coronavirus.
Come ha osservato il Clarín, nella baraccopoli di Guernica ci sono tutte le situazioni più critiche che hanno messo in enormi difficoltà l’Argentina negli ultimi decenni: l’assenza di lavoro e la precarietà di chi «ha la fortuna» di averne uno occasionale, la mancanza di un reddito, ma soprattutto la carenza di cibo e la difficoltà di accedere all’acqua potabile e, in generale, ai servizi di base che consentono di condurre una vita dignitosa.
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Sia il governo locale sia gli occupanti di Guernica hanno espresso il desiderio di trovare una «soluzione pacifica» per poter terminare l’occupazione, ma il tribunale di La Plata – città che si trova una cinquantina di chilometri a est di Guernica – ha ordinato agli occupanti di abbandonare la baraccopoli entro il 15 ottobre. Troppo presto perché possa essere trovata una soluzione per tutte le persone che ci vivono.
Gli abitanti della città di Guernica hanno manifestato per sollecitare l’allontanamento degli occupanti, temendo il collasso dei servizi a causa dell’emergenza, mentre alcuni occupanti sono preoccupati di un possibile intervento delle autorità locali: Sergio Berni, ministro della Sicurezza della provincia di Buenos Aires, già a inizio settembre aveva annunciato un approccio di «tolleranza zero» nei confronti delle occupazioni di terreni privati. Secondo la sindaca di Presidente Perón, Blanca Cantero, nell’accampamento ci sono «molte persone umili», ma anche altre che si stanno approfittando della situazione e rivendicano il diritto di abitare su terre non proprie. Il ministro dello Sviluppo della comunità, Andrés Larroque, ha comunque detto che più di 300 famiglie hanno firmato un accordo studiato per risolvere la situazione: abbandonando volontariamente l’accampamento, potranno vivere in una delle case che saranno costruite appositamente dalla provincia.