C’è chi ha un piano per rifare lo zucchero
Cioè per ristrutturarne la chimica, sottrarre calorie o renderlo più dolce: ci stanno lavorando startup e multinazionali
Gruppi di ricercatori e aziende in diverse parti del mondo stanno cercando di riprogettare lo zucchero per renderlo meno calorico senza alterarne il sapore o le proprietà. L’idea non è quella di trovare un’alternativa, come l’aspartame o la stevia, ma di modificare le proprietà fisiche o chimiche dello zucchero per fare in modo che resti zucchero ma sia meno calorico, o più dolce.
I progetti sono numerosi, alcuni sono ancora in fase sperimentale e altri sono già in commercio, come ha scritto la giornalista Nicola Twilley in un articolo sul New Yorker, ma tutti si basano sul fatto che, quando si parla di alimentazione sana, c’è una differenza sostanziale tra le preferenze dichiarate dai consumatori e quelle rivelate (la teoria della preferenza rivelata è una teoria economica nota e valida in molti campi): tutti dicono di voler mangiare più sano e ridurre gli zuccheri, ma quando poi si trovano davanti allo scaffale del supermercato preferiscono i prodotti zuccherati a cui sono abituati e scartano quelli più salutari.
Per lo zucchero, la ragione principale di questo fenomeno è che nessuna delle alternative dietetiche e ipocaloriche è all’altezza. Alcuni dolcificanti hanno il problema del sapore: l’aspartame e la saccarina, per esempio, sono di molte volte più dolci del saccarosio, cioè dello zucchero da tavola, ma hanno un sapore leggermente diverso, che spesso ce li fa piacere meno. Inoltre, ha spiegato a Twilley lo scienziato dell’alimentazione Russell Keast, lo zucchero ha un «profilo temporale» molto specifico: quando mangiamo qualcosa di zuccherato il sapore dolce raggiunge il massimo e poi rimane come retrogusto per un periodo di tempo ben definito, e nessun dolcificante alternativo riesce a dare la stessa sensazione.
Lo zucchero ha anche moltissime proprietà difficili o impossibili da sostituire. Riduce la formazione di cristalli di ghiaccio nel gelato, rende più croccanti i prodotti da forno, dà volume agli impasti, dà più stabilità alle emulsioni nelle salse, migliora la conservazione di alcuni cibi, e così via. Per questo lo zucchero è molto usato nell’industria alimentare anche per cibi non dolci. Al contrario, i prodotti da forno fatti con la saccarina hanno una consistenza spiacevole, l’aspartame quando viene cotto si separa e perde dolcezza, i dolci fatti con il sucralosio, che è un altro dolcificante artificiale, non lievitano.
Ma anche se i consumatori continuano generalmente a preferire i prodotti zuccherati alle alternative ipocaloriche, è vero tuttavia che i governi di alcuni paesi negli ultimi anni hanno approvato leggi per tassare i cibi e le bevande con troppo zucchero (quasi sempre le bibite) e che ultimamente il consumo eccessivo di zucchero è considerato con preoccupazione anche dall’opinione pubblica. I produttori temono il momento in cui le preferenze dichiarate dai consumatori e quelle rivelate si allineeranno, e per questo si mettono ai ripari cercando di riprogrammare lo zucchero.
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Tra le aziende che cercano di riprogrammare lo zucchero c’è la startup israeliana DouxMatok, che ha creato una variante dello zucchero che si chiama Incredo. Internamente, i ricercatori di DouxMatok hanno ricreato praticamente qualsiasi dolciume usando Incredo: biscotti, orsetti gommosi, Nutella, e l’azienda sostiene di aver condotto test in cui i consumatori preferiscono i dolciumi preparati con Incredo a quelli tradizionali.
Incredo è un cristallo di zucchero reso molto più dolce del normale saccarosio, al punto che per ottenere lo stesso effetto basta usarne il 40 per cento. Per renderlo così dolce, i ricercatori hanno inserito nei cristalli di zucchero dei minuscoli granelli di silice, «come i mirtilli dentro a un muffin», scrive Twilley. In questo modo, il legame tra silice e zucchero si rompe in bocca, esponendo una superficie maggiore di saccarosio al contatto con la saliva. Inoltre Incredo si scioglie molto più velocemente, saturando prima le papille gustative e dando un’impressione di dolcezza maggiore.
Tate & Lyle, un’azienda già attiva nel mercato dei dolcificanti, sta invece sperimentando l’allulosio, che è uno zucchero naturale ma molto raro scoperto negli anni Novanta da uno scienziato giapponese. Tate & Lyle commercializza l’allulosio con il nome di Dolcia Prima: ha moltissime delle proprietà dello zucchero, ma soprattutto ha il 70 per cento della sua dolcezza e soltanto il 10 per cento delle calorie. I ricercatori di Tate & Lyle, inoltre, sostengono che l’allulosio non sia digerito dall’organismo umano, e che dunque possa essere considerato uno zucchero a zero calorie, ma su questo bisognerà fare altri studi.
Anche Nestlé qualche anno fa aveva trovato il modo di sintetizzare lo zucchero in modo che si sciogliesse più in fretta, e aveva messo in commercio barrette di cioccolato con il 60 per cento in meno di zucchero: l’anno scorso le ha ritirate dal mercato perché non avevano avuto abbastanza successo. Tra le ragioni c’era il fatto che costavano più di quelle normali. Nestlé ha detto al New Yorker che sta lavorando anche a un nuovo metodo di sintesi, segreto, che dovrebbe rivelare entro quest’anno e che sarà basato sulla fermentazione.
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Tutti questi nuovi zuccheri, per ora, hanno dei problemi. Incredo ha problemi con le ricette: siccome se ne usa meno perché è più dolce, tutte le proporzioni sono sballate. Dolcia Prima ha problemi con le etichette dei cibi: siccome è meno dolce bisogna usarne di più, e i produttori sono preoccupati perché sulle etichette i consumatori vedranno scritte quantità di zucchero altissime, non sapendo che Dolcia Prima è meno calorico. Il nuovo zucchero di Nestlé era già stato introdotto sul mercato e non ha funzionato.
Ma chi se ne occupa ritiene che tutti questi problemi siano risolvibili. Russell Keast, lo scienziato dell’alimentazione, ha detto a Twilley che secondo lui nel giro di cinque anni «saremo in grado di ridurre lo zucchero nel cibo dell’80-90 per cento e di avere la stessa sensazione di dolcezza. Non è un sogno impossibile».