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  • Giovedì 8 ottobre 2020

Harris e Pence hanno fatto zero a zero

Separati dal plexiglas e favoriti dalla moderatrice, i due candidati alla vicepresidenza si sono confrontati civilmente senza momenti memorabili: tranne quando è arrivata una mosca

di Francesco Costa – francescocosta

Mike Pence e Kamala Harris durante il confronto. (Justin Sullivan/Getty Images)
Mike Pence e Kamala Harris durante il confronto. (Justin Sullivan/Getty Images)

In quello che rischia di essere l’ultimo confronto televisivo della campagna elettorale statunitense, considerata l’attuale positività di Donald Trump al coronavirus, i due candidati alla vicepresidenza – Mike Pence per il Partito Repubblicano e Kamala Harris per il Partito Democratico – si sono confrontati civilmente, scambiandosi molte accuse ma senza colpi bassi e interruzioni sistematiche, e approfittando di una moderazione morbida che ha permesso a entrambi di evitare le domande e le questioni più delicate.

«Un breve momento convenzionale in un momento di caos straordinario», ha scritto il New York Times.

La moderatrice del confronto, Susan Page del quotidiano USA Today, ha portato subito la discussione sulla gestione della pandemia, che Harris ha definito «il peggior fallimento di un’amministrazione nella storia degli Stati Uniti». Harris ha accusato l’amministrazione Trump di aver mentito agli americani e di non aver preso sul serio la minaccia dell’epidemia, portando così alla morte di oltre 200.000 americani. Quando la moderatrice ha chiesto a Pence come mai gli Stati Uniti abbiano avuto così tanti morti in rapporto alla popolazione, rispetto agli altri paesi sviluppati, Pence non ha risposto aggirando la domanda.


Il fatto che Page abbia deciso di non incalzare i candidati ha permesso a entrambi nel corso della serata di parlare dei loro temi preferiti e non rispondere ad alcune domande.

Quando la moderatrice ha chiesto a Pence se gli americani abbiano il diritto di conoscere le condizioni di salute del presidente, dal momento che lo stesso medico personale di Trump ha notoriamente mentito all’opinione pubblica nei giorni del ricovero all’ospedale Walter Reed, Pence ha risposto ringraziando medici e infermieri, ricordando l’affetto espresso dagli americani, spendendo parole di elogio per gli stessi Biden e Harris che avevano mandato messaggi di vicinanza al presidente, poi addirittura congratulandosi per la nomina di Harris a vicepresidente… finché non è finito il tempo, e non ha risposto alla domanda.

Poco dopo, parlando della Corte Suprema, anche Harris ha evitato di rispondere: e come Biden aveva fatto la settimana scorsa, non ha voluto chiarire se i Democratici pensino o no di aggiungere giudici alla Corte Suprema, portando il numero dagli attuali 9 a 10 o 11. Pence ne ha approfittato, mettendola in difficoltà: «Il popolo americano merita una risposta».


Più avanti, parlando del cambiamento climatico, Pence ha difeso sbrigativamente la sua amministrazione e ha di nuovo cambiato discorso portando la discussione sull’economia e le tasse. Prima però ha fatto notare come Kamala Harris in passato abbia chiesto di vietare il fracking – la controversa pratica per estrarre petrolio e gas naturale dalle rocce – mentre Joe Biden si dice contrario al divieto, e ha sottoscritto l’ambizioso piano di conversione economica proposto dalla sinistra del partito, e noto come Green New Deal, che Biden ufficialmente non sostiene preferendo riforme più graduali.

Anche questo tema è tornato più volte nel corso del confronto: per quanto sia considerata eccessivamente moderata dall’ala più radicalmente di sinistra del Partito Democratico, Harris negli anni si è posizionata stabilmente a sinistra di Biden ed è tra i senatori più di sinistra per i voti che ha espresso nel corso del suo mandato. Harris ha dovuto districarsi tra le sue precedenti posizioni, le sue attuali posizioni e in generale il suo essere la prima donna nera candidata alla vicepresidenza, che probabilmente l’ha portata a evitare di strafare per allontanare il diffuso e razzista stereotipo di genere della cosiddetta «angry black woman».


In un dibattito senza affondi e colpi bassi, che resterà memorabile soprattutto per le condizioni straordinarie in cui si è svolto – i due candidati erano separati da due pannelli di plexiglas, dal momento che Pence vive dentro un focolaio di coronavirus – il momento che ha svegliato l’attenzione del pubblico soprattutto online è stato quello in cui una mosca si è posata per quasi due minuti sulla testa di Pence, che impassibile continuava a parlare.

Nel giro di pochi minuti sono apparsi sui social media decine di account e meme intestati alla mosca: il comitato di Joe Biden ci ha fatto un tweet, ha registrato un dominio apposito per il sito che permette di registrarsi alle liste elettorali (flywillvote.com) e ha messo in vendita un ammazza-mosche brandizzato a scopo di raccolta fondi, nel tentativo di sfruttare la prevedibile viralità online di questo momento innocuo.


Nonostante il clima tranquillo e pacato, imparagonabile a quello del confronto tra Trump e Biden, qualche volta Pence ha provato a interrompere Harris. Lei è stata molto ferma, rispondendo ogni volta: «Sto parlando». Pence a questo punto ha desistito quasi sempre, e in generale è stato molto meno aggressivo e più rassicurante di Trump. A un certo punto però la moderatrice lo ha richiamato, perché sforava i tempi previsti per le risposte e non si fermava nemmeno davanti ai molti «Thank you» pronunciati allo scopo di segnalargli che avrebbe dovuto interrompersi.


Altri due momenti notevoli: quando Harris, parlando della sanità, ha accusato l’amministrazione Trump di voler abolire la riforma di Barack Obama senza avere un piano alternativo, e ha ricordato che in questo momento c’è un caso pendente alla Corte Suprema nel quale l’amministrazione sta chiedendo di permettere alle compagnie assicurative di negare le polizze – o farle costare molto di più – agli americani che hanno dei problemi di salute pregressi.

«Se avete delle patologie pregresse – problemi cardiaci, diabete, cancro al seno – ce l’hanno con voi», ha detto Harris. «Se volete bene a qualcuno che ha delle patologie pregresse, ce l’hanno con voi. Se avete meno di 26 anni e finora avete usufruito della polizza dei vostri genitori, ce l’hanno con voi».


Infine, l’aborto. Le interruzioni di gravidanza sono state legalizzate in tutto il paese da una famosa sentenza della Corte Suprema degli anni Settanta, mentre prima ogni stato era libero di regolare – o non regolare – l’aborto in qualsiasi modo. I conservatori americani si battono da decenni per introdurre restrizioni alle interruzioni volontarie di gravidanza se non a vietarle del tutto, e Pence è noto per essere molto religioso e un punto di riferimento dei movimenti anti-scelta.

La recente nomina della giudice Amy Coney Barrett alla Corte Suprema ha dato di nuovo attualità al tema, visto che apre alla possibilità di una super maggioranza conservatrice nella Corte: un fatto che Trump ha spesso legato all’abolizione dell’aborto, definendosi anche lui da qualche anno «pro-life». La grandissima maggioranza degli americani, però, non vuole che si torni indietro su questo tema: ed è stato significativo che parlando dell’aborto Pence abbia molto tentennato, definendosi «pro-life» ma non approfondendo le reali intenzioni della sua amministrazione.


La gran parte degli osservatori e dei giornalisti americani ha espresso sollievo per il tono civile dell’intero confronto, ma delusione per come a entrambi i candidati sia stato permesso di evitare di rispondere alle domande. Il risultato è stato un dibattito noioso e dimenticabile, che plausibilmente non avrà alcun impatto sui consensi a fronte di una campagna elettorale ricchissima di eventi di peso e influenza ben maggiori. «Nessun candidato ha portato il brio e le fiamme del primo confronto, ricorrendo spesso a frasi provate in precedenza e imparate a memoria; né ci sono stati gravi errori o nuovi tentativi per cambiare la campagna elettorale», ha sintetizzato il Washington Post.

A questo esito hanno contribuito anche lo stile e le scelte dei due candidati: se Pence ha proseguito nel presentarsi come la voce pacata dell’amministrazione, Harris ha evitato lo stile aggressivo mostrato a lungo nella sua carriera da procuratrice e senatrice, forse anche per evitare di finire vittima di stereotipi di genere.

Per quanto il dibattito si possa definire un pareggio, però, i due partiti non partivano dalla stessa posizione. I sondaggi in questo momento attribuiscono un grande vantaggio a Joe Biden, che resterebbe grande e vincente peraltro anche se gli istituti demoscopici dovessero sbagliarsi come si erano sbagliati nel 2016. Quando mancano poco più di venti giorni alle elezioni presidenziali, e milioni di americani stanno già votando e hanno già votato grazie al voto per posta e alla possibilità di votare in anticipo, Pence aveva bisogno di un qualche momento notevole, o comunque di qualcosa che potesse spostare gli equilibri della campagna elettorale. Secondo la grandissima parte dei giornalisti e degli osservatori indipendenti, non è successo niente del genere: e molto di questo confronto sarà dimenticato presto, mosca esclusa.