Cosa fare con il coronavirus a scuola, spiegato
Se un alunno è positivo i suoi compagni di classe restano in isolamento? E i loro familiari? Le lezioni proseguono? Chi decide a chi fare il tampone? Un po' di risposte
«Dalle prime valutazioni fatte è emerso che, ad oggi, la scuola non ha avuto impatto sull’aumento dei contagi generali, se non in modo molto residuale»: lo ha detto la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina lunedì 5 ottobre, dopo una riunione con l’Istituto Superiore di Sanità e con il Comitato Tecnico Scientifico per fare un primo bilancio sulla riapertura delle scuole. Secondo dati parziali del ministero dell’Istruzione raccolti con la collaborazione dei dirigenti scolastici – che ogni lunedì devono segnalare in un database i casi positivi di studenti e personale scolastico e le disposizioni di isolamento – dal 14 al 26 settembre i docenti che risultano contagiati sono 349, pari allo 0,047 per cento del totale; tra il personale non docente sono 116, cioè lo 0,059 per cento del totale; gli studenti sono 1.492, cioè lo 0,021 per cento del totale.
La buona tenuta sul fronte del contagio è stata accompagnata però da giorni di spaesamento e confusione sui comportamenti da tenere in caso di alunni o personale con sintomi, e su cosa debbano fare gli altri alunni della scuola e le persone che vivono con loro. Il ministero dell’Istruzione ha pubblicato una serie di domande e risposte e una nuova circolare, il 24 settembre, per chiarire meglio la situazione e dare indicazioni. È importante anche tenere conto che ogni Regione prevede regolamenti diversi, per esempio sul certificato da portare dopo l’assenza per malattia che non sia la COVID-19, o sull’organizzazione di “punti tampone“, posti dove fare il tampone riservati alle scuole, dove si può andare senza prenotazione ma portando un autocertificato con sopra un timbro apposto dalla scuola. Di seguito, abbiamo raccolto le domande e i dubbi più frequenti.
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Quali sono i sintomi compatibili con la Covid-19 nei bambini?
Sono febbre, tosse, mal di testa, nausea/vomito, diarrea, mal di gola, difficoltà respiratoria, dolori muscolari, raffreddore/congestione nasale. Sono sintomi che compaiono frequentemente nei bambini, a prescindere dal coronavirus. È compito del pediatra di libera scelta di decidere, caso per caso, se prescrivere un tampone o meno.
Cosa fare se un alunno presenta un aumento di temperatura superiore a 37,5°C o un sintomo compatibile con COVID-19 a casa?
L’alunno deve restare a casa. I genitori devono informare il pediatra o il medico di medicina generale e comunicare l’assenza scolastica per motivi di salute. Saranno il pediatra o il medico a decidere, sulla base dei sintomi, se sottoporre l’alunno a tampone molecolare per stabilire l’eventuale positività al coronavirus.
I genitori devono avvisare la scuola in caso di assenza per motivi di salute?
Sì, devono farlo al più presto secondo le modalità stabilite dalla scuola, per permetterle di individuare l’eventuale presenza di due o più casi correlati nella stessa classe. Nel caso di molte assenze in una stessa classe, il referente scolastico per la Covid-19 – individuato da ciascun plesso scolastico per relazionarsi con il Dipartimento di prevenzione della Asl a cui fa riferimento la scuola – deve comunicarlo al Dipartimento di prevenzione competente.
Cosa fare se un alunno presenta un aumento di temperatura superiore a 37,5°C o un sintomo compatibile con COVID-19 mentre si trova a scuola?
Il personale scolastico deve avvisare il Referente scolastico per la Covid-19, intanto l’alunno riceve una mascherina chirurgica, se ha più di sei anni, e viene isolato in una stanza appositamente designata, dove gli si misura la temperatura con termometri che non prevedono il contatto. Se minorenne, devono essere avvisati i genitori e non deve essere lasciato da solo nella stanza, ma restare con un adulto fino all’arrivo dei genitori o di un tutore legale. I genitori dovranno contattare il pediatra o il medico di base, che farà una valutazione clinica del caso.
Cosa fare se un operatore scolastico ha una temperatura corporea superiore ai 37,5°C o un sintomo compatibile con la COVID-19?
Se i sintomi si verificano a casa, l’operatore dovrà restare a casa; se si verificano a scuola, dovrà tornare a casa. In entrambi i casi, va subito informato il medico e comunicata l’assenza per motivi di salute. Se la patologia non risulterà essere la Covid-19, l’operatore potrà tornare a scuola portando un certificato medico. In caso di sintomi sospetti, il medico può richiedere il tampone molecolare, comunicandolo al Dipartimento di prevenzione che provvede a eseguirlo.
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Chi decide se fare il tampone?
In caso di sintomi sospetti, il pediatra o il medico possono richiedere il tampone per l’alunno o per l’operatore scolastico sospetto, e comunicarlo al Dipartimento di prevenzione che provvede all’esecuzione del test. Gli operatori scolastici e gli alunni hanno priorità nell’esecuzione dei test diagnostici. Se il caso è confermato il Dipartimento di prevenzione inizia l’indagine epidemiologica per individuare i contatti stretti.
È previsto l’isolamento dell’alunno e dei suoi familiari in attesa del risultato del tampone?
Chiunque faccia il tampone è tenuto a rispettare l’isolamento in attesa del risultato. I suoi contatti stretti – cioè diretti e continuativi, come i familiari conviventi e i compagni di classe – non sono tenuti all’isolamento domiciliare fiduciario, anche se è fortemente consigliato un comportamento prudente ai contatti stretti con rapporti costanti, come i genitori e i fratelli conviventi: dovrebbero indossare sempre le mascherine e ridurre al minimo i contatti sociali.
È previsto l’isolamento dei compagni di classe in attesa del risultato del tampone?
No, non è previsto, cosa che rende particolarmente necessario un esito rapido dei tamponi.
Cosa succede se l’alunno o l’operatore scolastico risulta negativo al tampone?
Se il tampone molecolare è negativo, l’alunno o l’operatore scolastico dovrà comunque restare a casa fino alla guarigione clinica, seguendo le indicazioni del pediatra o del medico curante, che poi fornirà una attestazione per consentire il rientro a scuola.
Cosa succede se l’alunno o l’operatore scolastico è positivo al tampone?
Se l’alunno o l’operatore è positivo al tampone, il Dipartimento di prevenzione avvia la ricerca dei contatti e indica alla scuola le operazioni di sanificazione straordinaria da fare e in quali aree della struttura farle. L’alunno o l’operatore potrà tornare a scuola quando sarà clinicamente guarito, cioè quando non mostrerà più sintomi e dopo aver fatto un tampone risultato negativo. Se non sarà negativo, la persona non sarà considerata guarita e dovrà proseguire l’isolamento. L’alunno o l’operatore sanitario potrà tornare a scuola con l’attestazione di avvenuta guarigione e il nulla osta all’ingresso o rientro in comunità, che viene rilasciato dal pediatra o dal medico di base.
Cosa succede se risulta positivo un alunno asintomatico?
Se un alunno che è contatto stretto di un positivo non mostra alcun sintomo, sarà il Dipartimento di prevenzione a decidere se fare un tampone o meno. Se dovesse risultare positivo, e l’alunno fosse quindi asintomatico, il Dipartimento di prevenzione individua i contatti stretti delle 48 ore precedenti al giorno in cui è stato fatto il tampone. La quarantena inizierà comunque dal giorno dell’ultimo contatto.
Cosa succede agli altri alunni di una classe con un caso positivo?
Il Referente scolastico per la Covid-19 deve fornire al Dipartimento di prevenzione l’elenco dei compagni di classe e degli insegnanti che sono stati a contatto con la persona positiva nelle 48 ore precedenti l’insorgenza dei sintomi. Il Dipartimento di prevenzione individuerà, caso per caso, i contatti stretti che dovranno essere posti in quarantena per 14 giorni a partire dall’ultimo contatto o in isolamento fiduciario per 10, a patto di fare poi un tampone molecolare o antigenico. Per esempio se un alunno risultato positivo è assente da scuola, si partirà dal suo ultimo giorno di presenza in classe, non dal momento in cui viene comunicata la positività.
È sempre il Dipartimento di prevenzione a prescrivere, caso per caso, eventuali tamponi in base al rischio di contagio. Per esempio se l’insegnante ha mantenuto il metro di distanza previsto dagli studenti, se la cattedra è distante due metri dalla prima fila di banchi, se non ci sono stati contatti con gli alunni, è possibile che venga disposto il tampone che, se negativo, consentirà all’insegnante di restare al lavoro. Se invece i rischi sono alti, anche per l’insegnante sarà disposto la quarantena. Il Dipartimento di prevenzione fornirà anche le indicazioni da seguire ai familiari e alla scuola.
Cosa succede agli altri alunni di una scuola con una classe in isolamento?
A meno che previsto diversamente dal Dipartimento di prevenzione, possono frequentare normalmente le lezioni, anche se hanno condiviso lo stesso turno in mensa della classe in isolamento o lo stesso orario di ingresso o uscita dalla scuola.
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I familiari conviventi degli alunni in isolamento devono restare in isolamento?
No, i familiari dell’alunno in isolamento dopo il contatto con un alunno accertato positivo non sono tenuti a restare in isolamento. Questo vale anche per fratelli o altri alunni conviventi, che possono andare a scuola: quindi anche se un bambino deve restare isolato a casa, i suoi fratelli possono andare a scuola; possono anche continuare a frequentare attività extra-scolastiche, e sono i singoli a decidere se evitarlo per prudenza. I conviventi di un caso accertato positivo sono invece trattati come contatti stretti e, sempre su decisione del Dipartimento di prevenzione, posti in isolamento.
Come funziona per i figli di genitori separati posti in isolamento?
Questa situazione non è al momento normata. Quello che si sa è che l’alunno di una classe con un altro alunno positivo deve seguire l’isolamento sempre nello stesso domicilio, quindi non può essere spostato da una casa all’altra. Non è chiaro se i genitori potranno accordarsi su quale dei due prenderà in carico il bambino durante l’isolamento o se dovrà svolgersi nella casa in cui risiede. Per ora, pare possibile che il genitore che non ospita il figlio possa andare a trovarlo nella casa dell’altro, non dovendo i genitori rispettare l’isolamento, pur con tutte le cautele del caso.
Che misure sul lavoro sono previste per un genitore che deve occuparsi di un alunno in isolamento?
Il genitore dipendente del settore pubblico e privato, convivente di un minore di 14 anni sottoposto a isolamento per contatti scolastici può usufruire del lavoro da remoto e di congedi straordinari, come stabilito dal decreto legge 111 dell’8 settembre 2020.
In particolare, può lavorare da remoto «per tutto o parte del periodo corrispondente alla durata della quarantena del figlio convivente». Se il lavoro non può avvenire da casa, «uno dei genitori, alternativamente all’altro, può astenersi dal lavoro per tutto o parte del periodo» dell’isolamento. Per i periodi di congedo è riconosciuta un’indennità pari al 50 per cento della retribuzione e saranno versati anche i contributi figurativi; il governo ha stanziato 50 milioni di euro per coprire il contributo previsto dal congedo. Per il periodo in cui un genitori usufruisce di una delle due misure, l’altro non può richiederla. Al momento, le misure sono previste fino al 31 dicembre 2020.
Gli alunni in isolamento potranno essere affidati a persone non conviventi?
Al momento non c’è una norma che proibisce o prevede di non affidare i minori in isolamento ad altri familiari o baby sitter, anche se è sconsigliato dal buon senso e dalla prudenza in particolare se si parla di persone anziane, come i nonni.
Cosa succede se gli alunni o l’operatore scolastico in isolamento mostrano dei sintomi?
Lo stato di salute delle persone in isolamento va monitorato attentamente e bisogna misurare quotidianamente la temperatura corporea. In caso di sintomi, bisogna avvisare il pediatra o il medico che, sempre valutando caso per caso, dovrà predisporre un tampone molecolare. Solo in caso di sintomi molto gravi, si può chiamare il numero di emergenza 112 0 118, ricordandosi di specificare che l’alunno è un contatto diretto di un positivo.
Durante l’isolamento ci saranno lezioni a distanza?
Le lezioni attraverso la Didattica digitale a distanza (DDI) sono previste dalle apposite linee guida del ministero dell’Istruzione. Stabiliscono che ogni istituto prepari, entro l’approvazione del Piano dell’offerta formativa (P.O.F.) che si fa a ottobre, un piano per la Didattica digitale integrata che stabilisca delle linee guida generali per casi da gestire durante l’anno. Poi, come sempre, il Dirigente scolastico e il Consiglio di istituto decideranno caso per caso che misure adottare per ogni singola classe. Vale anche per le classi divise per motivi di spazio, qualora una delle sotto-classi venga messa in isolamento: l’intera didattica potrebbe continuare a distanza se l’insegnante sarà messo in isolamento, o prevedere altre soluzioni.
Gli alunni e l’operatore scolastico possono tornare in classe una volta terminato l’isolamento?
Potranno farlo dopo 14 giorni di isolamento o dopo 10 giorni di oppure in isolamento fiduciario seguiti da un tampone per il test molecolare o per il test rapido antigenico. Prima di una circolare uscita il 13 ottobre, invece, potevano rientrare solo dopo 14 giorni di isolamento e un tampone risultato negativo. Anche in questo caso, il pediatra o il medico rilasceranno una attestazione della riammissione sicura nella collettività.
Cosa succede se un alunno o un operatore scolastico convivono con un caso accertato positivo?
Su valutazione del Dipartimento di prevenzione, l’alunno o l’operatore sarà considerato un contatto stretto e posto in isolamento per 14 giorni dall’ultimo contatto. I suoi contatti stretti, come i compagni di classe dell’alunno in isolamento, non saranno posti in isolamento, a meno di ulteriori valutazioni del Dipartimento di prevenzione.
È necessario il certificato medico in caso di assenza per malattia non riconducibile alla Covid-19?
Se un alunno è assente per malattia non riconducibile ai protocolli previsti per la Covid-19, le regole cambiano da Regione a Regione: in alcuni casi è necessario il certificato medico, in altri è richiesta un’autocertificazione dei genitori. Nel Lazio, per esempio, sarà necessario nelle scuole dell’infanzia dopo 4 giorni di assenza, e dopo 5 nelle scuole primarie e secondarie; in Campania va rilasciato al sesto giorno di assenza (è quindi richiesto all’alunno che rientra dal settimo giorno in poi), in Lombardia non sono richiesti certificati, attestazioni, né autocertificazioni da parte della famiglia, anche se la scuola può chiedere al genitore una dichiarazione sui motivi dell’assenza. Il sito Orizzonte scuola ha raccolto qui le regole previste dalle regioni.
Chi prescrive la chiusura di una scuola o di parte di una scuola?
Viene valutata dal Dipartimento di prevenzione della Asl di riferimento.
Cosa succede con i test antigenici rapidi
Il ministero della Salute ha dato parere favorevole all’impiego dei test antigenici rapidi in ambito scolastico, per rilevare eventuali infezioni da coronavirus tra il personale e tra gli studenti. L’adozione di questo sistema dovrebbe consentire di rilevare più rapidamente un’infezione in presenza di un caso sospetto, predisponendo le attività di isolamento e riducendo il rischio che possano essere contagiate altre persone. Il commissario per l’emergenza coronavirus, Domenico Arcuri, ha avviato un bando per la fornitura di 5 milioni di kit per effettuare i test, che si chiuderà il prossimo 8 ottobre. Non ci sono per ora molti dettagli su come saranno distribuiti e assegnati tra le Regioni. Intanto martedì 6 ottobre è iniziato il primo progetto pilota d’Italia con test antigenici nelle scuole, lo stesso tipo di test utilizzato da Alitalia a Fiumicino e Linate. Riguarda un totale di 125 studenti di due scuole dell’infanzia (cioè le scuole materne) di Fiumicino.
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