L’Irlanda ha un problema con l’acqua
E a causarlo sono le reti fognarie inadeguate ma soprattutto gli allevamenti intensivi, che fanno aumentare l'inquinamento
Da qualche tempo in Irlanda la situazione delle acque è molto peggiorata. C’entra il fatto che le reti fognarie del paese siano poco sviluppate, ma soprattutto l’impatto dell’allevamento intensivo di bovini, che negli ultimi anni ha fatto aumentare il livello di inquinamento delle acque e delle falde acquifere per effetto, tra le altre cose, dei fertilizzanti usati. Da quando, nel 2015, l’Unione Europea ha abolito le quote latte, che erano state introdotte per regolare l’offerta limitando la produzione, le politiche del governo irlandese hanno iniziato a incoraggiare l’allevamento intensivo per far crescere la produzione del latte e delle carni per l’esportazione: molti agricoltori e allevatori ne hanno tratto grandi guadagni, ma le conseguenze sulle acque e sulla biodiversità di alcune zone del paese sono state disastrose.
L’Irish Times ha spiegato che l’Irlanda esporta circa il 90 per cento dei prodotti caseari e della carne di manzo che produce, principalmente nel Regno Unito, Paesi Bassi, Francia e Cina. L’esportazione dei prodotti caseari nel 2019 ha reso all’Irlanda 4,9 miliardi di euro e quella della carne bovina 2,4 miliardi di euro, ma come ha raccomtato al giornale Michael Williams, professore del Centro per l’Ambiente del Trinity College – l’Università di Dublino –, gli irlandesi restano esposti al grande inquinamento che deriva dalla produzione di questi prodotti.
In particolare, all’inquinamento da azoto – quello che Williams ritiene più nocivo per le acque – si aggiunge quello di altri gas e sostanze che contaminano l’acqua e ne causano l’eutrofizzazione: per semplificare, i fertilizzanti usati nella coltivazione delle terre e l’inquinamento organico provocano le cosiddette “fioriture del fitoplancton” che, abbassando il tasso di ossigeno, rendono l’ambiente inadatto per altre specie, come i pesci.
L’impatto dell’inquinamento delle acque dovuto agli allevamenti intensivi si somma alla situazione già critica che era stata evidenziata da un rapporto dell’Agenzia europea per la protezione ambientale (EPA). Nel 2019, infatti, era stato osservato che 21 dei 169 impianti di recupero delle acque di città irlandesi medio-grosse non rispettavano gli standard europei, e gli scarichi fognari di 36 paesi e cittadine – quelli prodotti da circa 77mila persone – finivano ogni giorno nei fiumi e nei laghi senza essere trattati in alcun modo. Come aveva notato l’Irish Times, la data ultima per intervenire e regolarizzare la situazione degli impianti era il 2005.
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Secondo Williams, l’inquinamento dovuto all’allevamento intensivo di bovini per la produzione di carne e prodotti caseari in Irlanda può essere addirittura paragonato a quello prodotto dall’attività mineraria o dall’estrazione del petrolio.
Come ha spiegato il Guardian, quando il governo irlandese aveva lanciato il piano “Food Harvest 2020”, una decina di anni fa, il paese era in grossi guai economici. Per questo, uno degli obiettivi dell’Irlanda era quello di far crescere allevamento e agricoltura per diventare uno dei principali paesi esportatori in Europa, e di farlo col massimo rispetto dell’ambiente. Dal 2010, però, le vacche da latte sono passate da 400mila a 1 milione e mezzo, e parallelamente c’è stata una crescita delle emissioni di anidride carbonica, nitrati e ammoniaca.
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Una delle contee irlandesi con il maggior numero di allevamenti intensivi è quella di Cork, nel sud-ovest del paese. A Courtmacsherry, un villaggio nel sud della contea, alcuni scienziati della University of Ireland di Galway hanno osservato la crescita di alghe dal forte odore che ritengono sia collegata all’espansione degli allevamenti intensivi nella zona. Anche il fiume Blackwater, che attraversa le contee di Kerry, Cork e Waterford, è sempre più inquinato e pieno di melma e schiume che hanno danneggiato la vita acquatica e la biodiversità.
Sebbene non ci siano analisi ufficiali che mettono in relazione i due fenomeni, l’Irish Times ha osservato che le zone con le più alte concentrazioni di azoto nell’acqua indicate dall’ultimo rapporto dell’EPA corrispondono a quelle dove è concentrato il maggior numero di allevamenti intensivi. Tra le altre cose, per la prima volta è stata anche rilevata la presenza di antibiotici e medicinali veterinari nella falda acquifera: una cosa che preoccupa gli scienziati del Trinity College per via dei potenziali rischi alla salute umana, visto che più di un quarto dell’acqua potabile in Irlanda arriva proprio dalla falda.
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Per limitare i danni all’ambiente e alla biodiversità causati dall’inquinamento che proviene dagli allevamenti intensivi, l’Unione Europea sta cercando di favorire altri tipi di coltivazione, come quella di piselli e fagioli, che garantirebbero ai cittadini una fonte di proteine vegetali con un minore impatto ambientale. Inoltre, per migliorare la qualità dell’acqua sarebbe fondamentale ridurre l’utilizzo di fertilizzanti sintetici, ha detto Williams.
Oltre ad aver causato grossi problemi ambientali, gli allevamenti intensivi hanno danneggiato anche i piccoli allevatori. Ultimamente, però, si sta vedendo un cambiamento, e diversi agricoltori stanno riducendo il numero di bovini che allevano o cercando di rendere più sostenibili i loro allevamenti. Seminare piante che attirano gli insetti impollinatori ed evitare le potature eccessive delle piante selvatiche, per esempio, aiuta a preservare la biodiversità nelle aree più a rischio.