Un problema con il nuovo libro di Emmanuel Carrère
L'ex moglie del famoso scrittore francese si è lamentata che il libro parli anche di lei, contro la sua volontà e con qualche invenzione
Yoga, l’ultimo libro dello scrittore francese Emmanuel Carrère, uno dei più ammirati e influenti degli ultimi anni, è al centro di una polemica non nuova nel mondo letterario, in particolare per chi, come Carrère, predilige memoir e autofiction, un genere contemporaneo in cui l’autore, la sua vita e le persone attorno sono molto presenti, se non al centro, della storia raccontata. In questo caso, l’ex seconda moglie di Carrère, la giornalista Hélène Devynck, ha raccontato in un articolo sull’edizione francese di Vanity Fair che lo scrittore non avrebbe del tutto rispettato un accordo che gli impone di ottenere l’autorizzazione a pubblicare passaggi che parlano di lei. Yoga racconta la depressione sofferta da Carrère negli ultimi anni, culminata in quattro mesi di ricovero in ospedale psichiatrico, dove subì 14 elettroshock e gli venne diagnosticato un disturbo bipolare; a fine settembre, aveva venduto 171mila copie, più di ogni altro libro uscito in Francia dopo l’estate.
– Leggi anche: Cosa sono stati i libri degli anni Dieci
La polemica era iniziata il 13 settembre, a poche settimane dall’uscita del libro, il 27 agosto, accompagnato subito da un grande successo di critica e di vendite (in Italia uscirà a maggio da Adelphi, in Francia l’editore è P.O.L., che fa parte del gruppo Gallimard). Un giornalista aveva parlato in un programma letterario radiofonico di «minacce di cause legali» che incombevano su Yoga; il 20 settembre il giornale online Mediapart aveva scritto di «una gigantesca e sorprendente omissione narrativa» e aveva ipotizzato che il manoscritto fosse stato modificato dopo l’intervento di avvocati. Il 29 settembre è arrivata così la risposta di Devynck, che ha spiegato cosa fosse successo, confermando l’esistenza dell’accordo legale con Carrère e accusandolo di averlo violato.
In passato Devynck era comparsa più volte nei libri di Carrère e Vite che non sono la mia (2009) si apriva già sulla coppia in crisi (ma proseguiva con «nel momento in cui scrivo speriamo ancora di invecchiare insieme»). Devynck all’epoca non aveva problemi a venire rappresentata dal marito, perché l’amore di lui la rassicurava: l’avrebbe fatto in un modo «che andava bene per entrambi». Il divorzio però, avvenuto a marzo, «ha cambiato le carte in tavola», spingendola a farsi tutelare dall’accordo che imponeva a Carrère dei vincoli nello scrivere e parlare di lei.
Poco dopo la firma dell’accordo, Carrère le inviò il manoscritto di Yoga, con una nota: «Non dovrebbe sorprenderti che scriva libri autobiografici. (…). Questa storia sarebbe incomprensibile se non dicessi niente del contesto». «Il contesto, in questo caso, ero io», ha commentato Devynck. Vanity Fair racconta che Devynck avrebbe chiesto, e ottenuto, di tagliare e modificare le parti del libro che riguardano lei e la figlia avuta con Carrère. Nonostante questo, Devynck compare ancora grazie a «una lunga citazione di un’opera antecedente al nostro contratto accompagnata da un commento che chiedo di togliere da marzo e che l’editore mi aveva promesso sarebbe stato rimosso». Devynck rivendica, in breve, il diritto a non comparire più nei libri di una persona a cui non è più sentimentalmente legata: «per aver detto “sì” in passato, non potrò più dire “no”? Non avrò il diritto alla separazione e sarò, fino alla morte, un oggetto di scrittura fantasticato dal mio ex marito?».
– Leggi anche: Le scarpe di Emmanuel Carrère
Oltre a questo, Devynck accusa Carrère di non essere sincero nel libro, come aveva sempre garantito ai lettori, ma di romanzarlo introducendo «volontariamente degli elementi inventati qua e là». «Questa storia, presentata come autobiografica, è falsa, architettata apposta per esaltare l’immagine dell’autore e completamente estranea a quello che io e la mia famiglia abbiamo passato insieme a lui». Carrère avrebbe fatto un «ritratto compiaciuto della sua malattia mentale e del suo trattamento», avrebbe omesso la vicinanza che gli aveva dimostrato l’ex moglie e i gravi attacchi di megalomania bipolare, ingigantendo altre parti a suo vantaggio, come quando dilata in due mesi i pochi giorni passati a Lesbo ad aiutare i rifugiati. «Yoga è un successo commerciale salutato da critici entusiasti che prendono per oro colato la favoletta dell’uomo che si mette a nudo, onesto e sofferente, che risale zoppicando la china, e che vorrebbe diventare un essere umano migliore»
«I lettori sono liberi di credere, come di dubitare. L’autore è libero di raccontare la sua vita come vuole e come può. Anche io vorrei avere la libertà di non essere presente e di non essere associata a uno spettacolo presentato come sincero ma dove non penso di avere vissuto».
Carrère ha risposto venerdì sera con un articolo pubblicato dal quotidiano Libération. Sostiene di non essersi limitato a mostrare all’ex moglie le parti del libro che la riguardavano, come stabilito dall’accordo, ma di averle consegnato il libro intero, dandole la possibilità di «modificarlo non una ma due volte, sottolineando con un evidenziatore giallo i passaggi che voleva che tagliassi». Aggiunge che, trattando il suo romanzo della depressione che aveva «in parte causato la crisi del matrimonio», sentiva di doverne parlare, ma di averlo fatto «il meno possibile, senza indiscrezioni» e «sempre con gratitudine». Racconta di non aver mai voluto dare l’idea che lei l’avesse abbandonato – «dirlo, sarebbe diffamarti» – e avrebbe voluto parlare di sua figlia. A un certo punto sentiva che per le richieste di Devynck, «il libro era diventato impossibile», stava per abbandonarlo e cercò di riscriverlo come fosse un romanzo puro, cambiando i nomi e i personaggi e infilando episodi di invenzione. Carrère ha risposto anche alle accuse di Devynck di non essere del tutti sincero: «è la natura di questo libro, e la sua identità, di essere impuro, ibrido, diviso tra un patto di verità con il lettore e le finzioni richieste». L’ha sostanzialmente accusata di non essere stato aderente alla verità e di aver dovuto riscrivere delle parti, intervenire su delle frasi, ridistribuire i ruoli».
Secondo alcuni critici la vicenda potrebbe danneggiare la candidatura di Yoga al Goncourt, il più prestigioso premio letterario francese. A metà settembre il libro era stato inserito nella prima tornata di finalisti del premio, che verrà assegnato il 10 novembre. Il regolamento lo riserva a un’opera di fantasia, uno dei motivi per cui non era mai andato a Carrère, considerato uno dei massimi scrittori francesi in vita. Per la stessa ragione era stato escluso, nel 2018 La traversata di Philippe Lançon, un giornalista di Charlie Hebdo che racconta gli attentati al settimanale nel 2015. Da gennaio l’accademia Goncourt ha un nuovo presidente, il giornalista Didier Decoin, che potrebbe avere un’interpretazione meno letterale del regolamento e aprirlo a opere dove il confine tra realtà e invenzione è sfumato e impossibile da tracciare, come quelle di Carrère.
– Leggi anche: La riunione di redazione di Charlie Hebdo, prima dell’attentato del 2015