Una delle migliori facce del cinema
Quella di Walter Matthau, che era nato un secolo fa e che, comunque, era molto più di una faccia
Spesso gli articoli su Walter Matthau iniziano raccontando com’era la sua faccia: «Confusa come un letto sfatto», scrisse Vittorio Zucconi su Repubblica; «da cane bastonato», secondo il New York Times. Di certo era comica, una delle più comiche del cinema. Ma, oltre che una faccia, Matthau era anche una voce «brontolante» e si faceva notare per la sua postura incurvata, che rendeva i suoi migliori personaggi «scontrosi ma accattivanti». Vale per quello più famoso: il giornalista scapolo Oscar Madison, interpretato – prima a Broadway e poi al cinema – in La strana coppia. Matthau, morto a 79 anni nel 2000, era nato l’1 ottobre 1920: un secolo fa.
Matthau era nato a a New York, figlio di un elettricista nato a Kiev, in quella che oggi è l’Ucraina e che al tempo era ancora parte dell’impero russo. Quando lui aveva tre anni il padre lasciò la famiglia e a crescerlo fu la madre di origini lituane, che lavorava in una fabbrica tessile. Spesso cambiando casa e alle volte senza trovarne una: «Ho dormito in androni, case abbandonate, rifugi per barboni», raccontò.
Dopo l’inizio della Seconda guerra Mondiale Matthau, che già da adolescente si era appassionato alla recitazione, finì nell’aviazione e fu mandato in Europa, dove fece soprattutto l’operatore radio, ma durante i giorni dell’offensiva delle Ardenne gli capitò anche di fare alcuni voli. Tornato negli Stati Uniti sfruttò i fondi stanziati dal governo statunitense per studiare recitazione.
Iniziò nel teatro e nella televisione e nel 1955, a trentacinque anni, ebbe il suo primo ruolo al cinema: nel western Il vagabondo delle frontiere, di-e-con Burt Lancaster. All’inizio gli fecero fare spesso ruoli da caratterista e più di una volta quello del cattivo: per esempio in La via del male, in cui recitò con (e si fece picchiare da) Elvis Presley, del quale avrebbe in seguito parlato come di un grande attore: «intelligente, istintivo, non un teppista».
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Sempre in quel periodo recitò con Kirk Douglas e Kim Novak nel film drammatico Noi due sconosciuti, per Sydney Lumet nel film sulla Guerra Fredda A prova di errore e poi con Cary Grant e Audrey Hepburn in Sciarada, un giallo-rosa (un po’ thriller e un po’ commedia romantica) che fu descritto come “il miglior film di Hitchcock non fatto da Hitchcock”.
Nella prima metà degli anni Sessanta la faccia di Matthau, che già aveva più di quarant’anni, iniziava a essere piuttosto nota, e le sue interpretazioni apprezzate; e nel 1967 aveva anche vinto un Oscar grazie alla commedia Non per soldi… ma per denaro, in cui era stato diretto da Billy Wilder, recitando per la prima volta insieme con Jack Lemmon.
Ma la vera svolta fu nel 1968, con la versione cinematografica di La strana coppia, di nuovo con Lemmon. I due, che divennero molto amici, finirono per recitare insieme dieci volte, costruirono una efficacissima coppia cinematografica, con parti e ruoli diversi ma rapporti sempre uguali tra i due. La strana coppia fu senza dubbio il film di Matthau, che infatti ne parlò così: «Ogni attore cerca un ruolo che combini il suo talento con la sua personalità. La strana coppia fu il mio. Fu il plutonio di cui avevo bisogno. Iniziò tutto da lì».
Insieme, Lemmon e Matthau recitarono, tra gli altri, in Prima pagina e Buddy Buddy, Gli impenitenti e Due irresistibili brontoloni, in una serie di altri film meno noti e in un paio di sequel non molto riusciti. Recitarono insieme, seppur mai nella stessa scena, anche in JFK di Oliver Stone.
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Nonostante avesse trovato i suoi ruoli e il suo compagno cinematografico, Matthau continuò comunque a fare anche film e ruoli di genere diverso, come i film d’azione Chi ucciderà Charley Varrick? e Il colpo della metropolitana. Nel 1988 collaborò anche con Roberto Benigni, interpretando il prete del Piccolo diavolo.
Parlando della sua carriera Matthau si era descritto come «la versione ucraina di Cary Grant» e una volta aveva detto: «Molte delle parti che vorrei le danno a Robert Redford». Di Gangster Story, il suo unico film da regista, disse che era «uno dei peggiori film mai fatti», e per paragonare cinema e teatro spiegò: «Recitare a teatro è come fare un pasto con sette portate, mentre un film è più come mangiare molti antipasti, alla fine sei sazio, ma non davvero soddisfatto». Del suo approccio ai ruoli disse che «bisogna vivere col personaggio, anche dormendo» e che mentre recita un attore «non deve pensare, solo fare». Raccontò anche che il commento che più gli aveva fatto piacere ricevere glielo fecero nel 1946, dopo uno dei suoi primi spettacoli a teatro, quando qualcuno gli disse: «Gli altri erano attori, tu sembravi un senzatetto in una sala da biliardo».
Matthau era appassionato di scommesse (ci perse moltissimi soldi) e di musica classica (il suo preferito era Mozart) e morì di arresto cardiaco (nel 2000). Dopo la sua morte Lemmon scrisse: «Io ho perso qualcuno a cui volevo bene come a un fratello, uno straordinario essere umano. Noi tutti abbiamo perso uno degli attori più maledettamente bravi che ci sia capitato di vedere».
Spesso gli articoli su Walter Matthau contengono, da qualche parte, qualche aneddoto non vero sulla sua vita, perché lui si divertiva a inventarsi storie nelle interviste, e non sempre c’è modo di verificare cosa fosse vero, cosa no e cosa solo un po’. Di certo, comunque, non è vero – come raccontò e come è scritto in certi casi – che il suo vero cognome era Matuschanskyayasky.