Cosa rende un caffè davvero “buono”?
Oltre alla qualità, anche l'equità con cui è riconosciuto il lavoro necessario a produrlo: il nuovo “Caffè Manifesto" di Altromercato invita a rifletterci sopra
Beviamo il caffè tutte le mattine eppure molti non saprebbero riconoscere le piante da cui viene raccolto. Un’altra cosa non molto nota, o forse a cui non si pensa tanto, è che queste piante sono coltivate quasi esclusivamente in paesi in via di sviluppo – Brasile, Vietnam e Colombia sono i tre più grandi paesi produttori – nonostante il caffè si venda e consumi soprattutto nei paesi occidentali, e l’Italia in particolare è il secondo importatore al mondo di caffè verde, cioè crudo. Chi non lavora nel settore o legge molti articoli di geopolitica poi probabilmente non sa che il caffè ha prezzi molto instabili: da questo punto di vista, è la seconda materia prima più “movimentata” al mondo dopo il petrolio.
Per questa instabilità dei prezzi e per come funziona il mercato del lavoro nei paesi di produzione, nella filiera del caffè i rischi di sfruttamento, speculazione e in generale scarsa trasparenza sono particolarmente alti. Ne sa qualcosa Altromercato, la principale impresa sociale italiana del settore del commercio equo e solidale, cioè quell’insieme di società e organizzazioni che garantiscono ai consumatori che certi prodotti siano stati realizzati seguendo regole eque, costruite secondo i criteri di una filiera sostenibile per le persone e per l’ambiente. Più di trent’anni fa, Altromercato nacque commercializzando il caffè messicano di Uciri e oggi il caffè torna al centro di “Consumi o scegli?”, una campagna per far crescere la consapevolezza dei consumatori rispetto alle loro scelte e al potere che hanno di influenzare il modo di lavorare delle aziende.
Per produrre il suo caffè, Altromercato lavora direttamente con i produttori locali, diversamente da molte aziende che nei paesi latinoamericani si affidano ai cosiddetti coyotes, cioè gli agenti che acquistano il caffè dai contadini a prezzi bassi per poi rivenderlo alle società di esportazione. Spesso i coyotes impongono ai contadini compensi sufficienti a malapena a coprire le spese, e loro accettano perché sono troppo poveri, perché hanno la necessità di vendere subito il raccolto e non hanno alternative. La maggior parte del caffè a livello mondiale viene infatti prodotta da piccoli agricoltori, che vivono spesso in povertà, lontani da città, infrastrutture e servizi.
A settembre 2018 il prezzo dei chicchi di caffè è crollato improvvisamente, minacciando la sopravvivenza, già precaria, di 20 milioni di famiglie di coltivatori nel mondo. In futuro le cose potrebbero farsi ancora più complicate perché i cambiamenti climatici, tra le altre cose, minacciano le coltivazioni: la pianta del caffè è particolarmente delicata e secondo alcuni studi nel 2050 le zone dove si potrà coltivare saranno soltanto la metà di quelle attuali. Già negli ultimi anni la produzione brasiliana del caffè ha subito grossi cali a causa di frequenti periodi di siccità.
In questo contesto, e considerando le condizioni sociali di chi vive nelle zone rurali dei paesi in via di sviluppo, le cooperative locali dei paesi produttori che collaborano con gli importatori di commercio equo e solidale hanno avuto e hanno ancora oggi un ruolo fondamentale, perché offrono ai piccoli coltivatori l’accesso a corsi di formazione, borse di studio e strumenti di credito, ma soprattutto permettono loro di avere retribuzioni eque e di accedere al mercato internazionale senza dover cedere alle condizioni dei coyotes. In cambio, la cooperativa richiede ai soci l’adesione a standard qualitativi, etici e ambientali elevati. Negli ultimi decenni Altromercato è entrata in contatto direttamente con chi produce il caffè e ha costruito rapporti solidi con le cooperative locali, concordando prezzi più giusti di quelli del mercato tradizionale, e riuscendo a progettare una filiera etica, trasparente e tracciabile per mettere sul mercato caffè di alta qualità e solidale con chi lo produce.
La nuova campagna di sensibilizzazione di Altromercato si basa sull’idea che il caffè equo e solidale sia, oltre che un prodotto da consumare, anche un manifesto di un certo tipo di scelte, più consapevoli del loro impatto sulla vita dei lavoratori e sull’ambiente. Il Caffè Manifesto è tale in modo molto visibile: sulla confezione è stampata una domanda diretta a chi lo compra e a chiunque si trovi davanti allo scaffale del negozio in quel momento: «Esiste un caffè che non è amaro per chi lavora?».
La risposta, nell’idea di Altromercato, è contenuta all’interno: una miscela prodotta da cooperative solidali in Perù, Nicaragua e Messico, che garantiscono compensi equi, praticano metodi di agricoltura biologica non intensivi, e rispettano standard di sostenibilità ambientale il cui scopo è preservare la biodiversità, gestire in modo efficiente le risorse acquifere, favorire la riforestazione e la diversificazione delle colture. Una scelta attenta all’ambiente Altromercato l’ha fatta anche per quanto riguarda le confezioni di caffè: già dal 2007 le sue confezioni non sono di plastica mista ad alluminio, che è più difficile da riciclare, ma di sola plastica. In questi 13 anni ha così risparmiato 60mila chili di alluminio e reso più differenziabili più di 35 milioni di confezioni di caffè.
«Abbiamo lavorato a un nuovo linguaggio di comunicazione e alla creazione di una nuova campagna proprio perché avvertiamo più che mai l’urgenza di chiedere a tutti di prendere una posizione sui temi su cui lavoriamo concretamente da sempre», ha detto il presidente di Altromercato Alessandro Franceschini: «Come lo sfruttamento dei lavoratori, la tutela dell’ambiente, la lotta al caporalato. Vogliamo che le persone si rendano conto della grossa differenza che c’è tra “consumare” e “scegliere” e che Altromercato può veramente dare l’opportunità di scegliere da che parte stare».
Dall’1 ottobre si potrà acquistare il Caffè Manifesto in molti supermercati e, iscrivendosi alla newsletter di Altromercato e facendo una spesa di almeno 25 euro in una delle sue botteghe, si riceve un Caffè Manifesto in omaggio.