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  • Martedì 22 settembre 2020

Che succede nelle scuole europee in caso di contagio

I protocolli sanitari su isolamento e quarantena nei vari paesi: come si regolano gli accessi in classe e si evita la chiusura di un istituto

(EPA/ JULIEN WARNAND / ANSA)
(EPA/ JULIEN WARNAND / ANSA)

Dopo la recente riapertura, affrontata con numerose incognite, le scuole di ogni grado e paese sono esposte a un’altra delicata eventualità: la gestione degli alunni che presentano i sintomi della COVID-19. Cosa succede ai compagni di classe e agli insegnanti che sono entrati in contatto con un alunno risultato positivo, e cosa si fa se viene accertato un contagio proprio a scuola? Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità è una situazione che le scuole devono adoperarsi a gestire prontamente in collaborazione con le autorità sanitarie locali.

Detto che gli alunni che presentano i sintomi della malattia causata dal coronavirus – come febbre sopra i 37,5 °C, tosse e difficoltà a respirare – non devono recarsi a scuola, in linea di massima la maggior parte dei paesi europei adotta un approccio simile quando i sintomi vengono riscontrati in classe. Il dirigente scolastico o un insegnante allontanano l’alunno dalla classe e lo isolano sotto la supervisione di un adulto, facendogli indossare la mascherina; contattano i familiari perché lo vadano a prendere e raccomandano di chiedere consulto a un medico; nel frattempo, è consigliato l’isolamento fino a quando non sarà stato possibile verificare la positività attraverso il test tramite tampone. Anche in Italia funziona così: dopo che il bambino coi sintomi viene portato a casa, i genitori avviseranno il medico, che deciderà se contattare il dipartimento di Prevenzione locale per l’esecuzione del tampone, e sarà l’azienda sanitaria competente a stabilire se sarà necessario prescrivere la quarantena per la classe o chiudere la scuola. Altri paesi, però, gestiscono la situazione dell’eventuale sospensione delle lezioni con modalità diverse.

Francia
Da martedì 22 settembre in Francia è attivo un nuovo protocollo sanitario per la gestione dei contagi all’interno delle scuole. Dal momento che il Consiglio superiore di Sanità francese ritiene che i bambini siano meno a rischio di sviluppare forme gravi di COVID-19 e anche meno attivi nella trasmissione, secondo le nuove linee guida se un bambino risulta positivo al tampone il resto della sua classe potrà continuare ad andare a scuola senza problemi.

Le cose cambiano se all’interno di una classe vengono riscontrati almeno tre contagi fra bambini che appartengono a nuclei familiari diversi: allora la scuola dovrà avviare una procedura di tracciamento dei contatti e potrà chiedere l’isolamento degli alunni risultati positivi, così come dei loro compagni, e potrà decidere se chiudere la scuola. Per gli insegnanti, invece, la quarantena non è prevista: questo perché gli adulti indossano già la mascherina e la trasmissione del virus da bambino ad adulto non è considerata così rischiosa come quella tra adulti.

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Il ministro dell’Istruzione francese, Jean-Michel Blanquer, ha detto che il protocollo sanitario francese è «uno dei più rigidi d’Europa». Il compito delle scuole, ha spiegato a Le Monde, è «agire entro le prime 48 ore ogni volta che vengono riscontrati i sintomi» e testare ogni persona con cui chi ha sintomi – e potrebbe essere contagiato – è entrato in contatto. Allo stesso tempo, il governo ha promesso che verranno fatti anche test a campione.

Le Monde aveva scritto che a metà settembre, circa due settimane dopo la riapertura delle scuole, circa 500 classi erano state messe in quarantena e alcune decine di istituti erano stati chiusi. L’obiettivo del nuovo protocollo sanitario è garantire alle famiglie la «continuità pedagogica» e, nel caso in cui le scuole debbano chiudere, che le attività scolastiche possano procedere anche a distanza, così come quelle sportive e culturali. Tra le altre cose, nonostante un consistente aumento dei contagi – nella settimana dal 24 al 30 agosto erano stati registrati 33.410 nuovi casi, e nella settimana dal 14 al 21 settembre 76.967, per un totale di più di 432mila contagi – da un paio di settimane in Francia la durata della quarantena è passata da 14 a 7 giorni.

La classe di una scuola elementare di Bruxelles, in Belgio, l’1 settembre 2020. (AP Photo/ Francisco Seco)

Belgio
Secondo Pierre Van Damme, infettivologo ed esperto di vaccini dell’Università di Anversa, la riapertura delle scuole in Belgio l’1 settembre è stata «una sfida», anche perché la percentuale più alta di contagi è proprio quella tra i ragazzi dai dieci ai vent’anni. Come ha spiegato il Brussels Times, uno dei maggiori quotidiani belgi in lingua inglese, attualmente i contagi nel paese stanno aumentando: nella settimana dal 10 al 16 settembre la media è stata di 1.107 casi al giorno (il Belgio ha circa 11 milioni di abitanti e da inizio pandemia ha registrato 102mila contagi).

In Belgio però le scuole hanno riaperto con un livello di attenzione “giallo”, quello meno grave dopo il verde, che rappresenta la totale assenza di rischio. Questo significa che le mascherine sono obbligatorie soltanto per gli adulti e gli studenti delle scuole superiori, che saranno a scuola per quattro giorni alla settimana (il mercoledì studieranno da casa), mentre gli alunni delle scuole dell’infanzia e di quelle primarie andranno a scuola senza mascherina e per tutti e cinque i giorni, proprio perché si ritiene che la trasmissione tra bambini non sia rischiosa.

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Come in Francia, infatti, anche in Belgio i bambini sotto i 12 anni sono considerati a basso rischio di contrarre e trasmettere l’infezione. Se un bambino che frequenta l’asilo o le scuole elementari risulta positivo al tampone, sia lui sia tutti i bambini e l’insegnante vengono considerati a basso rischio: per questo, secondo le regole stabilite dalle autorità sanitarie, né i bambini né l’insegnante dovranno effettuare il tampone e non dovranno stare a casa in quarantena, ma potranno continuare a frequentare normalmente le lezioni. L’unico obbligo che ha la scuola è avvisare gli altri genitori e raccomandare loro di osservare se nei 14 giorni successivi all’accertamento del caso compaiano sintomi attribuibili al coronavirus. In Belgio la quarantena è prescritta se si è entrati in contatto con persone adulte a cui è stato accertato il contagio ma non si hanno sintomi, e dura 14 giorni; l’isolamento invece è previsto se si hanno sintomi o si è risultati positivi al test e dura almeno 7 giorni, che è il periodo di tempo dopo il quale si diventerebbe meno contagiosi.

Regno Unito
Oggi il governo del primo ministro britannico, Boris Johnson, ha raccomandato a tutte le persone che possono farlo di lavorare da casa e ha ordinato la chiusura anticipata dei pub alle ore 22 perché si teme una nuova forte ondata di contagi nel paese. Nell’ultima settimana è stata registrata una media di 3.679 casi al giorno, e le autorità sanitarie locali hanno detto che senza provvedimenti i casi potrebbero essere 50mila al giorno entro ottobre (i contagi accertati in totale sono quasi 400mila). Sebbene le autorità sanitarie abbiano sottolineato che il contagio si possa trasmettere sia tra bambini, sia tra bambini e adulti, hanno anche spiegato che il tasso di letalità tra i ragazzi dai 5 ai 14 anni è molto più basso rispetto a quello dell’influenza stagionale e che la percentuale dei bambini fino a 9 anni con sintomi che richiedono cure ospedaliere è lo 0,1 per cento e dai 9 ai 19 anni è lo 0,3 per cento (per gli adulti con sintomi, il tasso di ospedalizzazione è il 4 per cento).

Per limitare il rischio dei contagi nel Regno Unito gli alunni vengono suddivisi in piccoli gruppi o si è adottato un sistema di frequenza a rotazione. A meno che i casi all’interno della comunità non aumentino sensibilmente o che non venga introdotto un lockdown, in caso di contagio le scuole non vengono chiuse.

Se l’alunno o il personale scolastico presentano i sintomi della COVID-19 devono tornare a casa e seguire le linee guida del governo, e quindi effettuare il tampone il prima possibile e procedere con l’isolamento per almeno dieci giorni in caso di positività. I familiari dell’alunno contagiato dovranno procedere a loro volta all’isolamento per almeno 14 giorni dall’insorgere dei primi sintomi nel bambino.

Dalla riapertura delle scuole nel paese, avvenuta in momenti diversi a partire da agosto, c’è però una novità: chiunque abbia i sintomi della COVID-19 e non possa svolgere il test altrove, si può sottoporre al test direttamente a scuola, utilizzando un kit specifico per effettuare il tampone in autonomia. Questi kit, infatti, sono stati dati in dotazione anche alle scuole – dieci per istituto –, dove possono essere impiegati esclusivamente quando una persona sviluppa i sintomi della malattia mentre è a scuola.

Spagna
Secondo i dati comunicati dalle comunità locali al ministero dell’Istruzione spagnolo, durante la prima settimana dalla riapertura delle scuole sono stati registrati almeno 120 casi di contagi accertati o sospettati tra gli alunni e il personale che lavora nelle scuole; il Diario ha raccontato che nelle prime due settimane dopo le riaperture i casi di classi sospese o scuole chiuse sono stati quasi 700. In Spagna sia l’istruzione sia la sanità vengono gestite in maniera autonoma dalle diverse regioni e quindi anche la decisione rispetto all’apertura e alla chiusura degli istituti varia.

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Il ministero della Salute spagnolo ha spiegato che è importante valutare il livello di rischio della comunità per stabilire se in caso di contagio sia necessario chiudere solo una parte della scuola o tutto l’istituto, e per quanto tempo: la ministra dell’Istruzione, Isabel Celaá, ha detto che le scuole verranno chiuse soltanto in caso di un aumento elevato dei contagi e gli istituti, le amministrazioni locali e le famiglie sono inoltre incoraggiate a trovare soluzioni alternative per consentire ai ragazzi di utilizzare i servizi necessari durante l’eventuale periodo di quarantena, per esempio mense o spazi dove poter usufruire della didattica a distanza.

Se un alunno o un membro del personale scolastico risultano positivi al coronavirus, sono tenuti a seguire le linee guida fornite dalle autorità sanitarie: come in Belgio, la quarantena in Spagna dura 14 giorni ed è prevista quando c’è stato un contatto con una persona che è risultata positiva o si convive con qualcuno che è contagiato; l’isolamento, invece, è raccomandato per chi è risultato positivo al tampone, anche se è asintomatico, e si può interrompere dopo aver ottenuto due tamponi negativi. In Spagna i contagi accertati sono stati più di 640mila, e hanno ricominciato a salire progressivamente a partire da inizio agosto (dal 12 al 19 settembre sono stati registrati 71.393 nuovi casi).

Germania
Dopo diverse settimane di relativa calma, anche in Germania i contagi hanno iniziato a risalire, raggiungendo una media di casi giornalieri che non si vedeva da fine aprile (dal 14 al 21 settembre sono stati riscontrati 12.909 nuovi casi, per un totale di 272mila contagi su circa 83 milioni di abitanti). Secondo alcuni studi di diverse università effettuati con la supervisione del Robert Koch Institute, l’organizzazione che si occupa della prevenzione e del controllo delle malattie infettive e dipende dal ministero della Salute tedesco, però, le scuole non sono tra i luoghi dove i contagi si diffondono ampiamente: anzi, la trasmissione da bambino a bambino è particolarmente bassa.

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Per dare un’idea di quello che succede in Germania quando si accerta un contagio a scuola, il Washington Post ha raccontato il caso della scuola superiore Sophie-Charlotte di Berlino. Tre giorni dopo la riapertura degli istituti, un genitore ha chiamato la scuola per avvisare che due sue figlie erano risultate positive al tampone. Fu informata l’autorità sanitaria locale e 191 persone tra studenti e personale della scuola dovettero rimanere a casa in quarantena. Nel giro di una settimana vennero sottoposti al tampone e due giorni dopo, accertata la negatività di tutti, poterono tornare normalmente a scuola.

Secondo l’RKI, c’è stato un aumento di casi anche tra i ragazzi, ma le scuole non sono considerate il principale luogo di trasmissione del contagio: almeno il 40 per cento dei contagi, invece, deriverebbe dalle vacanze all’estero. A Berlino dopo una settimana dalla riapertura delle scuole, a inizio agosto, vennero accertati contagi in almeno 41 delle 825 scuole presenti, ma a oltre un mese dall’apertura delle scuole nel paese sono segnalati soltanto alcuni casi di istituti chiusi o classi in quarantena, che però non sono considerati focolai preoccupanti. Secondo il virologo Christian Drosten, citato da Bloomberg, l’assenza di grossi focolai nelle scuole tedesche è da attribuire a un approccio tempestivo e ai test e al tracciamento dei contatti molto efficaci.