C’è una grande inchiesta internazionale sulle banche e il riciclaggio
È stata realizzata grazie al consorzio di giornalismo investigativo ICIJ e si basa su documenti inviati alle autorità statunitensi tra 2000 e 2017 su migliaia di transazioni sospette
Diversi giornali internazionali hanno pubblicato i risultati di una grossa inchiesta che mostra come per anni diverse grandi banche occidentali abbiano permesso transazioni sospette di denaro riciclato, che avrebbero arricchito sia le banche sia i criminali. Nell’inchiesta sono stati coinvolti istituti come HSBC, JP Morgan, Deutsche Bank, Standard Chartered e Barclays Bank, usata da almeno uno stretto collaboratore del presidente russo Vladimir Putin per aggirare le sanzioni internazionali imposte alla Russia.
L’inchiesta è stata realizzata grazie al lavoro dell’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ), già responsabile dell’enorme inchiesta sui Panama Papers, e di un centinaio di giornali in 88 paesi.
Si è basata sui cosiddetti “FinCEN files”, più di 2.500 documenti per lo più mandati dalle banche alle autorità statunitensi dal 2000 al 2017. Molti di questi documenti, definiti da BBC come «i segreti meglio custoditi del sistema bancario internazionale», sono i SARs, acronimo di “suspicious activity reports”, cioè segnalazioni su sospette attività criminali rilevate dalle banche, non accompagnate però dall’obbligo di agire per bloccare il presunto riciclaggio di denaro. L’inchiesta è stata chiamata così perché il FinCEN è la sigla del Financial Crimes Enforcement Network statunitense, cioè l’ente del dipartimento del Tesoro americano che si occupa di crimini finanziari e che è incaricata di raccogliere i SARs e renderli poi disponibili alle agenzie del governo statunitense ed eventualmente alle intelligence di altri paesi.
Come ha scritto Buzzfeed – il giornale che più di un anno fa ricevette i “FinCEN files” e li condivise poi con l’ICIJ, di fatto avviando l’inchiesta – solitamente il governo statunitense non interviene nelle attività delle banche, e quando lo fa si limita all’imposizione di multe, non all’incriminazione di dirigenti di alto livello. L’inchiesta ha quindi mostrato come, nonostante gli interventi delle autorità, le banche coinvolte abbiano spesso continuato a trasferire denaro di sospetti criminali, senza curarsi troppo delle conseguenze.
L’inchiesta ha rivelato, tra le altre cose: che HSBC, uno dei più grandi gruppi bancari del mondo, avrebbe trasferito milioni di dollari anche dopo avere appreso dalle autorità statunitensi che quel denaro era il risultato di diverse truffe; che JP Morgan, multinazionale americana di servizi finanziari, avrebbe permesso a una società di cui non conosceva il proprietario di trasferire più di un miliardo di dollari attraverso un conto di Londra, prima di scoprire che quella persona poteva essere un mafioso inserito nella lista dei dieci più ricercati dall’FBI; che la banca centrale degli Emirati Arabi Uniti non sarebbe intervenuta sulle attività di un’azienda locale sospettata di aiutare l’Iran a eludere le sanzioni internazionali; che la Deutsche Bank, grande banca tedesca con sede a Francoforte sul Meno, avrebbe trasferito denaro riciclato per terroristi e trafficanti di droga, e per il crimine organizzato; che Standard Chartered, società internazionale finanziaria con sede a Londra, avrebbe trasferito denaro per conto di Arab Bank – una delle più grandi istituzioni finanziarie in Medio Oriente, oggi con sede in Giordania –, nonostante i conti di diversi clienti della banca fossero stati usati per finanziare il terrorismo.
L’inchiesta ha inoltre rilevato che il Regno Unito è stato definito dalla divisione di intelligence del FinCEN come «una giurisdizione ad alto rischio». Nei documenti SARs, infatti, sono state trovate più di 3mila società britanniche coinvolte in attività sospette – un numero altissimo, più alto di quello relativo a qualsiasi altro paese del mondo. Nei documenti è citato anche Arkady Rotenberg, miliardario russo stretto collaboratore di Putin e suo amico d’infanzia. Rotenberg avrebbe usato la Barclays Bank a Londra per riciclare denaro e aggirare le sanzioni che Stati Uniti e Unione Europea avevano imposto contro di lui nel 2014, a seguito dell’annessione russa della Crimea. Negli ultimi anni, le società di Rotenberg hanno costruito strade, gasdotti e una centrale elettrica grazie a contratti assegnati dal governo russo.
L’Espresso, che si è occupato della parte italiana dell’inchiesta, ha scritto che tra i documenti ci sono anche conti bancari italiani che interessano soprattutto orafi di Arezzo, imprese petrolifere liguri e aziende lombarde di materiali ferrosi. Inoltre il denaro usato in alcune operazioni di sospetto riciclaggio collegato ad alcuni miliardari russi vicini al presidente Putin sarebbe finito in Italia per comprare ville e alberghi di lusso.
L’Espresso ha parlato anche della scoperta di un «tesoro nascosto» nei paradisi fiscali appartenente al banchiere kazako Mukhtar Ablyazov, marito di Alma Shalabayeva. Nel 2013 Shalabayeva fu al centro di un caso molto raccontato dai giornali – la sua espulsione dall’Italia – che mise in difficoltà il governo guidato da Enrico Letta e l’allora ministro dell’Interno Angelino Alfano (qui c’è la storia completa). Secondo i “FinCEN files”, Ablyazov avrebbe trasferito più di 600 milioni di dollari all’estero utilizzando società offshore mai dichiarate. Questi soldi sarebbero stati reinvestiti negli Stati Uniti tramite un uomo d’affari americano che per decenni aveva lavorato con Trump in grandi operazioni immobiliari.
Secondo le ricostruzioni dei giornali, il trasferimenti di denaro sporco avrebbero coinvolto moltissimi settori, dagli sport internazionali all’industria cinematografica di Hollywood. Buzzfeed ha scritto: «I FinCEN files mostrano una verità di fondo dell’era moderna: le reti attraverso le quali il denaro sporco attraversa il mondo sono diventate le arterie vitali dell’economia globale. Permettono l’esistenza di un sistema finanziario ombra così ampio e così non sorvegliato da essere diventato impossibile da slegare dalla cosiddetta economia legittima».
Nonostante negli ultimi anni ci siano state diverse importanti inchieste finanziarie – tra cui quella dei Panama Papers del 2016 –, i “FinCEN files” sono diversi perché non riguardano solo una o due singole società: contengono informazioni rilevanti relative a moltissimi istituti finanziari in tutto il mondo.