Il miliardario che voleva dare tutto prima di morire ci è riuscito
Storia di Chuck Feeney e dei suoi 8 miliardi di dollari spesi in segreto per certe buone cause
Charles “Chuck” Feeney ha 89 anni e un paio di milioni di dollari da parte, forse meno. È quel che gli resta dopo che nella sua vita ha dato in beneficenza circa 8 miliardi di dollari, attraverso la fondazione privata Atlantic Philanthropies. L’obiettivo di Feeney – diventato noto solo negli anni Novanta, dopo che si scoprì che c’era proprio lui dietro alle cospicue donazioni della fondazione – era dare in beneficenza quasi tutti i suoi guadagni prima di morire, anziché spenderli o lasciarli a una fondazione che li investisse dopo la sua morte. «Non vedo perché rimandare quando c’è così tanto da fare ora, sostenendo le giuste cause», disse nel 2019. «Inoltre, è molto più divertente donare da vivi che da morti».
Nato in New Jersey nel 1931, Feeney – che ha nazionalità irlandese oltre che statunitense – fu operatore radio durante la Guerra di Corea, al termine della quale, nei primi anni Cinquanta, iniziò a vendere alcolici duty-free (cioè senza imposte) in zone franche, soprattutto aeroporti, frequentate da militari statunitensi. Dopo una laurea presso la Cornell University di New York, a cui si era iscritto grazie a un fondo creato per permettere di studiare a chi era stato nell’esercito, Feeney tornò a dedicarsi alle vendite duty-free insieme a Robert Warren Miller, un ex compagno di studi, per poi vendere anche automobili e sigarette.
Nel 1960 Miller e Feeney fondarono il Duty Free Shoppers, un’azienda che nei decenni successivi aprì negozi negli aeroporti di tutto il mondo, e poi anche fuori dagli aeroporti, portando grandi guadagni a entrambi. Senza dire nulla a Miller, nel 1984 Feeney decise di donare gran parte di ciò che aveva – inclusa la sua quota del 38 per cento in Duty Free Shoppers – ad Atlantic Philanthropies, che aveva creato due anni prima, e che, come ha scritto il New York Times, negli anni successivi avrebbe tra l’altro fatto ben fruttare i suoi soldi investendo proficuamente in aziende come Facebook, E-Trade e Alibaba.
Nel 1997 si venne a sapere che Feeney era il principale finanziatore di Atlantic Philanthropies, durante una disputa legata alla vendita di Duty Free Shoppers alla multinazionale francese LVMH, alla quale Miller si era opposto e a cui Feeney era invece favorevole. All’epoca, quando si seppe che i soldi di Feeney finivano alla fondazione filantropica e non nel suo conto, il New York Times scrisse che «aveva coperto le sue tracce così bene che le riviste di business avevano pensato per anni che fosse miliardario, mentre invece possedeva meno di cinque milioni di dollari».
Come ha spiegato Forbes, degli 8 miliardi di dollari che Feeney ha messo in Atlantic Philanthropies, quasi la metà sono andati in iniziative a sostegno dell’educazione e gli altri sono stati divisi in cause di vario tipo: dall’abolizione della pena di morte negli Stati Uniti al sostegno della salute pubblica in Vietnam, da interventi a favore del sistema sanitario statunitense a ricerche e cure per la lotta all’AIDS, in Africa. Un paio di anni fa il New York Times ricordò anche come Feeney – definito «il James Bond della filantropia» – «nei primi anni Novanta si era incontrato segretamente a Belfast, in Irlanda del Nord, con forze paramilitari, per convincere i loro membri a lasciare la guerriglia armata, promettendo supporto finanziario se avessero deciso di impegnarsi politicamente».
Dal 14 settembre di quest’anno Atlantic Philanthropies è stata ufficialmente chiusa, dopo aver donato tutti i soldi ricevuti. Nel momento di sua massima espansione la fondazione – la cui chiusura era stata programmata da anni – era arrivata ad avere 300 dipendenti e 10 sedi in giro per il mondo. In questi anni, l’attività di Feeney è stata d’ispirazione per l’iniziativa The Giving Pledge, con cui Bill Gates e Warren Buffett si sono impegnati a donare almeno metà del loro patrimonio prima della morte, invitando altri a fare lo stesso.
Le più recenti informazioni su Feeney dicono che, con quel che gli resta dei due milioni di dollari messi da parte negli ultimi anni, vive in affitto a San Francisco. Fino a 75 anni si è spostato sempre volando in classe economica e per molti anni, quando viveva a New York, mangiava spesso hamburger al Tommy Makem’s Irish Pavilion, in un ristorante non troppo caro vicino a casa sua, dove suonavano musica irlandese. Nel 1997, parlando di lui al New York Times, un suo amico e collaboratore disse che non possedeva nemmeno un’auto e aggiunse: «Penso che il suo orologio costi 15 dollari».
Feeney non è mai entrato troppo nel dettaglio sul perché avesse deciso di non palesarsi come principale finanziatore di Atlantic Philanthropies, ma come spiegò Christopher G. Oechsli, presidente e amministratore delegato della fondazione, il fatto che il principale donatore fosse anonimo permetteva ad altri donatori, anche di somme relativamente basse, di far emergere maggiormente il loro nome tra i benefattori.