Il nuovo tranquillo governo del Giappone
L'esecutivo di Suga è simile a quello di Shinzo Abe: poca ambizione nel cercare consenso, molta attenzione a mettere d'accordo tutti nel partito al potere
Questa settimana il parlamento giapponese ha votato a larga maggioranza la fiducia al nuovo primo ministro giapponese, Yoshihide Suga, che ha preso il posto di Shinzo Abe, il capo di governo più longevo del paese che si era dimesso per motivi di salute. Suga, che come Abe fa parte dei Liberal Democratici, partito conservatore e nazionalista, ha scelto nel frattempo i ministri del suo governo: quasi tutti uomini, molti leader del suo partito e nessun nome nuovo in grado di mettere in discussione lo status quo. Il nuovo governo somiglia in maniera impressionante al vecchio, nonostante nelle settimane prima delle sue dimissioni i consensi verso Abe fossero stati i più bassi mai registrati durante tutti i suoi anni di governo.
Come hanno scritto diversi esperti, tra cui la giornalista Motoko Rich sul New York Times, la priorità dei Liberal Democratici non era quella di appoggiare un primo ministro popolare, o sostenere un governo più innovativo e coraggioso del precedente: la priorità era mettere ai posti di potere i leader del partito, facendo attenzione agli equilibri interni e confidando nella costante debolezza delle opposizioni, elementi che potrebbero garantire l’ennesima facile vittoria ai Liberal Democratici anche alle prossime elezioni.
Che la preoccupazione dei Liberal Democratici non fosse quella di fare grandi cambiamenti si era già capito con la candidatura a primo ministro di Yoshihide Suga, considerato un politico di grande continuità con il governo di Shinzo Abe.
Suga, 71 anni, è figlio di un coltivatore di fragole e di una maestra. Prima di diventare primo ministro, era stato uno dei collaboratori più stretti di Abe, di basso profilo e non particolarmente carismatico. Il suo nome era stato fatto dopo che un altro membro del partito e del governo di Abe, Taro Aso, aveva annunciato che non si sarebbe candidato per l’incarico. Aso è un politico molto potente e controlla una delle grandi correnti dei Liberal Democratici: per questo la sua decisione di tirarsi indietro è stata interpretata come una specie di scambio, grazie al quale Aso ha probabilmente avuto potere sulla scelta di parecchi nuovi ministri.
L’appoggio del partito a Suga, e alla continuità con gli anni di Abe, si era visto anche dalla manovra con cui i leader dei Liberal Democratici avevano escluso dalla competizione interna Shigeru Ishiba, ex ministro della Difesa. Il partito aveva modificato i criteri di votazione per la scelta del nuovo capo del governo, includendo di fatto solo i membri di più alto rango, tra cui Ishiba non è molto popolare a causa della sua ripetuta opposizione alle politiche di Abe.
La scelta di favorire posizioni conservatrici e in continuità con il governo di Abe si è vista inoltre nella nomina dei nuovi ministri, molti dei quali facevano parte del vecchio esecutivo. Sono rimasti per esempio Taro Aso, ministro delle Finanze, e Toshimitsu Motegi, ministro degli Esteri; il fratello minore di Abe, Nobuo Kishi, è invece diventato ministro della Difesa. C’è stata continuità anche sul bassissimo numero di donne presenti nel governo. Da tre si è passati a due: Yoko Kamikawa, ministra della Giustizia, e Seiko Hashimoto, ministra per le Olimpiadi.
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Secondo la giornalista Motoko Rich, il mantenimento dello status quo nel governo suggerisce che Suga abbia in un certo modo “ripagato” chi nel partito lo aveva aiutato a diventare primo ministro: «È stato un tentativo di dividersi il bottino tra le varie correnti, non molto diverso da quando i gangster stabiliscono di quale parte della città sarà responsabile ciascuna famiglia».
Allo stesso tempo, sembra che non si sia badato molto a formare un governo popolare e attraente agli occhi degli elettori, una cosa che potrebbe sembrare poco comprensibile, ma che si spiega con la consolidata debolezza delle opposizioni. Da molti anni le opposizioni giapponesi sono divise e non trovano il modo di competere con lo strapotere dei Liberal Democratici. Questa settimana due partiti che erano nati dopo una precedente scissione si sono uniti formando il Partito Democratico Costituzionale, che però al momento non sembra avere molte possibilità di cambiare le sorti della politica giapponese. Amy Catalinac, docente esperta di Giappone alla New York University, ha detto che il partito al potere «sa che non perderà le elezioni, perché dall’altra parte non c’è un’opposizione abbastanza forte. È per questo che [i Liberal Democratici] non sono obbligati a scegliere qualcuno che sia popolare agli occhi dell’opinione pubblica».
Per ora non si sa quando saranno le prossime elezioni generali in Giappone. Sulla carta dovrebbero tenersi entro ottobre 2021, ma Suga potrebbe convocare elezioni anticipate anche entro la fine del 2020, nel caso in cui i sondaggi gli fossero favorevoli.