Negli Stati Uniti la truffa dei semi si allarga
Le indagini proseguono: i semi non sembrano pericolosi, ma tra chi li ha ricevuti e piantati c'è una certa preoccupazione
Il giornalista Jason Koebler ha ricostruito in un articolo su Vice quello che è successo negli Stati Uniti dopo che a luglio centinaia di persone hanno cominciato a ricevere per posta pacchetti di semi che non avevano ordinato. Il Dipartimento di Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) ha ipotizzato che si trattasse di un tipo di truffa che in inglese è chiamato brushing scam (“truffa di facciata”), ma le indagini sono ancora in corso e ci sono diversi interrogativi aperti. È la prima volta infatti che una truffa di questo tipo arriva a coinvolgere un numero così alto di persone.
Nonostante non si tratti di una truffa ai danni delle persone che ricevono i pacchetti, e nonostante le indagini fatte finora facciano pensare che i semi non siano in alcun modo pericolosi, l’USDA ha raccomandato di non piantarli e molte persone in tutto il paese hanno cominciato a preoccuparsi. Si è creata una certa confusione e per giorni le autorità locali sono state inondate di segnalazioni e richieste, che non sempre sono riusciti a gestire.
A inizio agosto il Servizio di ispezione sanitaria degli animali e delle piante dell’USDA aveva indetto una riunione di emergenza con i dipartimenti di agricoltura dei singoli stati, per capire come tenere traccia delle centinaia di pacchetti di semi ricevuti nel paese. Alcuni stati come il North Carolina ne registravano migliaia, altri come il New Mexico appena un centinaio. Secondo la ricostruzione di Koebler (che è riuscito a ottenere i report solo da alcuni stati), il numero di pacchetti di semi ricevuti negli Stati Uniti da fine luglio potrebbe superare i 15mila, cioè il numero di pacchi di semi che normalmente la Customs and Border Protection degli Stati Uniti, l’organo delle forze dell’ordine che si occupa di sicurezza delle frontiere, dichiara di intercettare in un anno.
Brad Deacon, direttore dell’ufficio degli affari legali del Dipartimento di Agricoltura del Michigan, ha detto a Koebler che tra fine luglio e inizio agosto i loro call center erano intasati dalle chiamate e sulla loro pagina Facebook erano comparse centinaia di messaggi di persone che volevano sapere cosa fare dei semi e dei rischi che potevano correre dopo averli piantati. Il dipartimento del New Hampshire ha raccontato di essere stato sommerso di mail da parte della polizia locale, che aveva a sua volta ricevuto numerose chiamate da persone preoccupate. Koebler racconta di aver letto anche uno scambio di pareri tra due esperti riguardo alla procedura da mettere in atto per gestire i casi di persone che dichiaravano di averli mangiati.
Nei primi giorni nessuno sapeva dire con certezza chi avesse spedito i semi, perché lo avesse fatto né da dove venissero con esattezza. La maggior parte dei pacchetti aveva un’etichetta con scritte cinesi, ma qualcuno aveva segnalato di avere ricevuto pacchetti di semi da altri paesi. Intanto, per intercettare nuove spedizioni non richieste, l’USDA aveva cominciato a collaborare con il servizio postale americano, le dogane, i servizi di corrieri e le piattaforme di e-commerce. Per evitare nuove consegne indesiderate, qualche giorno fa Amazon ha deciso di vietare la vendita di semi dall’estero verso gli Stati Uniti.
Il timore iniziale era che i semi ricevuti per posta potessero introdurre nel paese specie di piante invasive o nuove malattie dei vegetali, ma secondo i risultati delle indagini dell’USDA i semi esaminati finora sembrano appartenere a specie già presenti negli Stati Uniti, e dunque non dannose per l’ambiente. Koebler ha scritto che tra i risultati dei test condotti da un laboratorio dello Utah i più critici sono quelli che riguardano i semi di alcuni tipi di erbacce infestanti che negli Stati Uniti è vietato piantare, ma che sono molto diffuse.
Fin dall’inizio comunque l’USDA ha invitato chiunque avesse ricevuto semi sospetti a casa a non piantarli e non mangiarli, ma a spedirli alle autorità locali competenti per contribuire alle indagini. Più recentemente, ha condiviso con gli stati le linee guida per distruggere i semi raccolti: devono essere cotti in un forno, poi “soffocati” in due sacchetti della spazzatura sigillati e immersi nella candeggina. A chi ha piantato i semi, le linee guida suggeriscono di non piantare nient’altro nello stesso terreno per almeno un anno e di sradicare qualsiasi cosa nasca.
Ai fini della truffa che si ipotizza sia stata messa in atto, il tipo di semi usati è del tutto irrilevante. Il brushing infatti funziona così: poiché la maggior parte delle grandi piattaforme di e-commerce permette di fare recensioni solo agli account che hanno fatto un ordine e solo nel caso in cui a tale ordine sia corrisposta una vera spedizione, per poter accumulare recensioni positive e aumentare visibilità e vendite, i venditori devono inviare qualcosa a qualcuno. Tramite utenti fittizi, i venditori spediscono quindi i pacchetti a indirizzi casuali e poi si scrivono finte recensioni positive. Si usano i semi perché sono prodotti di poco valore e leggeri, cosa che permette di risparmiare sui servizi postali.
Koebler sostiene che ciò che è andato storto nella gestione del caso sia stato il comportamento della cittadinanza. Da un lato, infatti, moltissime persone hanno piantato i semi nonostante fosse stato raccomandato di non farlo. Una donna dal New Mexico ha lasciato un messaggio vocale alle autorità locali raccontando di aver piantato alcuni semi ricevuti dalla Cina e di essersi preoccupata quando tutte le altre piante vicine avevano cominciato a morire. Molti hanno protestato contro le amministrazioni locali che hanno chiesto di spedire a loro i semi ricevuti, ma hanno fatto pagare la spedizione ai cittadini.
Dall’altro lato, le autorità sembrano avere creato un eccessivo stato d’allarme: sono arrivate segnalazioni da persone che, anche se avevano effettivamente ordinato dei semi online e li avevano piantati dopo averli ricevuti, quando si è cominciato a parlare della truffa si sono preoccupate e hanno chiamato le autorità per sapere cosa fare.