Gli aborti selettivi in India
Una nuova ricerca ha calcolato che entro il 2030 ci saranno 6,8 milioni di bambine in meno, con grosse conseguenze sul rapporto uomo-donna a livello globale
Secondo i risultati di una nuova ricerca pubblicata dalla rivista scientifica Plos One, entro il 2030 in India ci saranno 6,8 milioni di nascite in meno a causa della pratica molto diffusa degli aborti selettivi in base al sesso: gli aborti – consentiti fino alla ventesima settimana di gravidanza, a meno che la vita della donna incinta non sia a rischio o in caso di malformazione del feto – riguardano cioè i feti femmina, mentre i maschi sono preferiti per motivi culturali ed economici. Nei prossimi dieci anni questo fenomeno potrebbe influire negativamente sul rapporto uomo-donna a livello di popolazione globale, visto il numero di abitanti del paese che diventerà presto il più popoloso al mondo.
Gli accademici della King Abdullah University of Science and Technology di Thuwal, in Arabia Saudita, hanno creato un modello del rapporto tra i sessi alla nascita in 29 stati e territori indiani, mappando oltre il 98 per cento della popolazione del paese. Hanno preso in considerazione i dati sulle nascite, i tassi di fertilità e quelli sulle preferenze del sesso e hanno previsto che in India, tra il 2017 e il 2030, ci saranno 6,8 milioni di bambine in meno, di cui 2 milioni nel solo stato dell’Uttar Pradesh, uno dei più popolosi del paese.
In natura la maggior parte delle popolazioni animali è caratterizzata da un rapporto unitario tra i sessi, e cioè da una sostanziale parità tra il numero di individui di sesso maschile e il numero di individui di sesso femminile. Per quanto riguarda gli esseri umani, i dati sulla popolazione mondiale, comprese le divisioni di genere, sono stati raccolti fin dal 1950 dalla Banca Mondiale sulla base del World Population Prospects, rapporto annuale della divisione Popolazione del dipartimento delle Nazioni Unite per gli Affari economici e Sociali: in quell’anno la distribuzione sul pianeta tra uomini e donne era sostanzialmente alla pari (con uno scarto dello 0,3 per cento a favore delle donne). Da allora il divario si è invertito e nel 2019 gli uomini sono l’1,7 per cento in più, superando le donne di 64 milioni. Il fatto che ci siano più maschi che femmine è il risultato di vari fattori, ma il principale è la discriminazione contro le donne.
Ci sono paesi molto popolosi come Cina e India che hanno al loro interno uno squilibrio così grande da incidere sui dati totali. Lo squilibrio è dovuto alla diffusione degli aborti selettivi, anche a causa della disponibilità di tecniche di diagnosi prenatale a prezzi accessibili e all’infanticidio delle neonate. In Cina una delle cause che hanno contribuito agli aborti selettivi è la cosiddetta politica del figlio unico, imposta dal Partito Comunista per rallentare la crescita della popolazione e che, nel tempo, ha portato a sterilizzazioni forzate, abbandono di neonate e aborti dei feti femmina.
In India è dagli anni Settanta che il rapporto tra nascite maschili e femminili risulta sbilanciato. Nel 1994 il paese ha tentato di fermare questa tendenza vietando la determinazione del sesso prima della nascita se non per scopi medici, ma la legge si è dimostrata inefficace: è stata applicata in modo diverso da stato a stato e ha favorito la diffusione di un mercato illegale di test. Secondo diversi studi, la legge avrebbe poi portato ad un aumento delle discriminazioni: nel paese esistono milioni di bambine “non volute” che, dopo la nascita, vengono sottoposte a varie forme di violenza. Tra le altre cose, viene riservata loro una diversa alimentazione e una minore assistenza medica.
In un sistema fortemente patriarcale, le donne, in ogni classe sociale, rappresentano un peso. Un figlio potrà mantenere i genitori quando saranno anziani, le figlie femmine non possono tramandare il nome della famiglia, ne faranno parte solo per un periodo limitato perché poi andranno a vivere con quella del marito, alla quale bisognerà offrire anche una dote che molte coppie non si possono permettere. “Allevare una figlia è come annaffiare un fiore nel giardino del vicino”, recita un proverbio tamil. Anuradha Saxena, che lavora a favore dell’emancipazione femminile nel distretto di Sikar, nel Rajasthan, ha detto che le cifre della nuova ricerca non sono per lei una sorpresa: «Ci vorrà tempo per estirpare abitudini e credenze così radicate. Il progresso è lento, ma stiamo lavorando per fare in modo che le ragazze non vengano più viste come una responsabilità».
Un ruolo nell’aborto selettivo è dovuto anche ai matrimoni forzati e precoci che, secondo l’organizzazione internazionale non governativa Girls Not Brides, riguardano in India circa il 27 per cento delle ragazze. Le giovani donne, spesso, non sono né ben informate né abbastanza adulte e consapevoli per mettere in discussione, nella famiglia del marito, la pratica dell’aborto selettivo.
Il governo indiano, varie organizzazioni, associazioni e movimenti hanno cercato, negli anni, di modificare queste tendenze. Oltre a una serie di campagne informative, in alcuni stati i funzionari del governo visitano le case in cui sono nate delle bambine per festeggiare il loro arrivo. La ricerca della King Abdullah University of Science and Technology potrebbe essere utile per studiare iniziative e interventi nelle aree del paese dove il fenomeno degli aborti selettivi è più diffuso.