La NASA vuole rendere la Luna una miniera
Comprerà il materiale ottenuto dai privati che vorranno scavarla, ma lo Spazio non era di tutti?
La NASA vuole comprare rocce lunari dalle compagnie spaziali private che vorranno cimentarsi in una nuova iniziativa: rendere la Luna una miniera. In questo modo l’ente spaziale statunitense confida di incentivare le attività di estrazione sul nostro satellite naturale, avviando attività commerciali che potrebbero rivelarsi utili per le nuove esplorazioni lunari con esseri umani e in futuro per raggiungere Marte. L’iniziativa ha fatto sollevare qualche perplessità, soprattutto sul tema dello sfruttamento delle risorse spaziali da parte delle nazioni terrestri.
Artemis e la Luna
L’amministratore della NASA, Jim Bridenstine, ha spiegato che la novità fa parte di Artemis, il programma spaziale per portare nuovamente gli astronauti sulla Luna entro il 2024. Il piano – fortemente voluto dal presidente statunitense Donald Trump – è molto ambizioso e secondo diversi osservatori difficilmente potrà essere realizzato nei tempi stretti richiesti dalla Casa Bianca (se lo fosse, il nuovo allunaggio avverrebbe entro la fine dell’eventuale secondo mandato di Trump, se venisse rieletto il prossimo 3 novembre).
Artemis prevede l’invio di un equipaggio con uomini e donne (sarebbe la prima volta sulla Luna per un’astronauta) verso il Polo Sud lunare, al posto dell’area equatoriale già visitata nel corso delle missioni Apollo circa 50 anni fa. I ricercatori ritengono che nei crateri polari, perennemente in ombra, ci siano riserve di ghiaccio, che potrebbero essere utilizzate per stabilire una colonia permanente sulla Luna e, un giorno, per produrre il propellente dei razzi necessario per i viaggi verso la Terra e in prospettiva verso Marte.
Gli attuali dirigenti della NASA hanno maturato la convinzione che per ottenere obiettivi di questo tipo non siano sufficienti le iniziative pubbliche, portate avanti dall’agenzia tramite i fondi federali, ma che debbano essere coinvolte le aziende private, incentivate a sviluppare e realizzare soluzioni per raggiungere la Luna e sfruttarne le risorse. L’annuncio di ieri è quindi un primo passo verso questa direzione, anche se per ora con scopi notevolmente limitati.
Prelievi
La NASA ha chiarito di essere interessata in questa fase alla sola regolite, l’insieme di polveri e rocce sulla superficie lunare, e che questa può provenire da qualsiasi area del nostro satellite. Le aziende che vorranno partecipare dovranno quindi sviluppare robot automatici in grado di effettuare i prelievi e di mantenere i campioni sulla superficie lunare, in attesa di un recupero da parte della NASA con i propri sistemi.
Stando alle informazioni fornite da Bridenstine, la NASA pagherà tra i 15mila e i 25mila dollari per quantità tra 50 e 500 grammi di regolite; i prezzi potranno cambiare in base agli accordi stretti con le singole aziende. Non è un grande incentivo economico, considerato che una missione di estrazione costerà svariati milioni di dollari, ma secondo Bridenstine sarà una buona occasione per fare sperimentare ai privati i loro sistemi e per dare un primo avvio allo sfruttamento commerciale delle risorse lunari.
La NASA ha comunque già accordi commerciali con le più grandi compagnie spaziali private – come SpaceX, Blue Origin e Lockheed Martin – per lo sviluppo di sistemi di trasporto per raggiungere la Luna e per portare materiale lunare sulla Terra. Queste stesse aziende potrebbero decidere di partecipare alla nuova iniziativa, aggiungendo ai sistemi che stanno già sviluppando nuove risorse per effettuare i prelievi di materiale.
Sfruttamento dello Spazio
L’annuncio non è tanto importante per la dimensione degli incentivi economici pensati dalla NASA, ma perché sancisce che i privati possano raccogliere e vendere materiale ottenuto su corpi celesti diversi dal nostro, e con il parere favorevole degli Stati Uniti. Nel 2015, l’allora presidente Barack Obama aveva firmato una legge che conferiva alle aziende statunitensi il diritto di mantenere per sé qualsiasi materiale spaziale che fossero state in grado di prelevare. L’amministrazione Trump ha reso ancora più chiara questa possibilità con un ordine esecutivo a inizio anno, proprio per incentivare l’uso commerciale di queste risorse e prevedendo anche la possibilità di scambiarle e venderle.
Lo scorso maggio, la NASA ha avviato “Artemis Accords”, una serie di linee guida rivolte alle aziende e alla comunità internazionale, con informazioni su come esplorare la Luna e impiegarne le risorse a scopi commerciali, ma senza trascurare l’importanza e la rilevanza scientifica di queste attività. L’iniziativa ha raccolto diverse critiche dai paesi più coinvolti nelle esplorazioni spaziali, come la Russia e la Cina, contrarie a un’eccessiva presenza dei privati e allo sfruttamento commerciale delle risorse spaziali.
Il punto di riferimento su questi temi, che si intrecciano con quelli del diritto internazionale, è il “Trattato sui principi che governano le attività degli Stati in materia di esplorazione e utilizzazione dello Spazio extra-atmosferico compresa la Luna e gli altri corpi celesti”, sottoscritto da un centinaio di paesi a partire dal 1967, quando fu proposto da Stati Uniti, Regno Unito e Unione Sovietica. Il documento stabilisce che nessun paese può accampare diritti di proprietà su qualsiasi corpo celeste: questo significa che la Luna o Marte non potranno essere rivendicati da un’entità nazionale.
Da diverso tempo, il governo degli Stati Uniti ritiene che comunque qualsiasi materiale estratto dallo Spazio sia di proprietà di chi lo ha ottenuto, e che questa condizione non sia in contraddizione con il Trattato del 1967. Ne è convinto anche Bridenstine: “Riteniamo con convinzione che si possano estrarre e utilizzare risorse dalla Luna, così come si possono pescare e utilizzare i tonni dall’oceano”. L’amministratore della NASA ha inoltre ricordato che il nuovo progetto è aperto a tutte le aziende, non solo a quelle statunitensi, e che quindi tutti i paesi potranno beneficiare dello sfruttamento commerciale della Luna.
Non tutti sono però persuasi sull’utilità dell’iniziativa. Il capo del programma spaziale russo, Dimitri Rogozin, per esempio, aveva commentato l’annuncio degli “Artemis Accords” duramente, sostenendo che fosse un’iniziativa paragonabile all’invasione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti (l’aveva scritto in una serie di tweet, che aveva poi rimosso). La Cina mantiene un approccio scettico, ma più cauto e teso a non escludere un coinvolgimento nelle attività commerciali in futuro, seppure il suo programma spaziale sia ancora agli inizi, se confrontato con quello statunitense o della Russia.
È difficile dire dove porterà la nuova iniziativa della NASA, insieme al resto del programma Artemis, giudicato da molti osservatori troppo ambizioso e irrealizzabile entro il 2024 con le attuali risorse messe a disposizione, senza contare la mancanza di buona parte dei mezzi per arrivarci materialmente, sulla Luna. Lo sviluppo dei sistemi di trasporto è in ritardo e sta costando molto più di quanto avesse inizialmente previsto la NASA. Ulteriori incertezze sono date dall’imminenza delle elezioni presidenziali: un cambio alla presidenza potrebbe portare a una sensibile revisione del progetto, e per questo molte aziende attenderanno novembre per fare eventuali piani lunari.