Il cinema di Brian De Palma
Da un genere all'altro ma ripetendo tecniche o temi, e grande attenzione a grammatica e geografia: lui oggi ne compie ottanta
Ci sono più modi per valutare la grandezza di un regista. Se il criterio è la vittoria o meno di un Oscar per la regia, Brian De Palma non è ben messo: non solo non ne ha mai vinto uno (come Alfred Hitchcock o Stanley Kubrick), nemmeno è mai stato nominato come miglior regista (come, tra gli altri, Sergio Leone e Jean-Luc Godard). Se il criterio scelto è invece la capacità di attraversare epoche e generi conservando una serie di temi costanti ma innovando però tecniche e approcci, Brian De Palma, da oggi ottantenne, è un grande regista.
De Palma è considerato un grande regista perché è partito dal cinema indipendente, è stato tra i registi della cosiddetta “New Hollywood” ed è arrivato a fare il primo capitolo di una delle saghe d’azione più di successo degli ultimi decenni. E in mezzo ha fatto documentari, horror, fantascienza e thriller, infilando un paio di film da prima-e-dopo come Scarface e Gli intoccabili: con elementi e aspetti costanti, come la violenza e il voyeurismo; con una pregevole attenzione nel prendere e rielaborare scene e stili del cinema del passato, ma anche con una non comune capacità di influenzare, a sua volta, il cinema dei registi più giovani. Più di tutto, poi, con la capacità che hanno solo pochi registi di mettere tecniche e pensieri complessi al servizio di scene e di film che per stile, potenza ed efficacia diventano memorabili. E in mezzo a tutto questo ha pure trovato il tempo per dare un ricordato parere sul primo Star Wars e dirigere un video musicale di Bruce Springsteen.
De Palma, figlio di genitori di origini italiane, è nato a Newark, nel New Jersey, e dopo aver studiato fisica si appassionò al cinema: in particolare – dice lui – dopo la visione di Quarto potere e di La donna che visse due volte, che uscì nelle sale quando lui aveva 18 anni. Iniziò con i classici film fatti con pochi soldi e visti da pochissimi spettatori, ma riuscì comunque a farsi strada verso lungometraggi e produzioni via via più professionali.
Iniziò nel 1968 con Murder à la Mod e proseguì con tre film – Ciao America!, Oggi sposi e Hi, Mom! – in cui recitava un giovane e praticamente sconosciuto Robert De Niro, il cui nome in uno dei titoli di coda di quei film divenne “Denero”. De Palma, tra l’altro, è ringraziato nei titoli di coda di Mean Streets di Martin Scorsese, perché fu lui a far incontrare Scorsese e De Niro, che insieme ne fecero un po’.
Come si vede dalla scena qui sopra – e ancora meglio guardando l’intero film – già dalle prime regie di De Palma si palesò il suo grande interesse per il regista Alfred Hitchcock, forse pari solo a quello per Godard: e “il Godard statunitense” è uno dei modi che qualcuno usò per riferirsi a De Palma negli anni Settanta, in cui diresse – tra gli altri – Obsession e Carrie – Lo sguardo di Satana, grazie al quale mostrò di poter essere pop, oltre che intellettuale.
Gli anni Ottanta di De Palma iniziarono con Vestito per uccidere e proseguirono con Blow Out, ma furono segnati soprattutto da Scarface e Gli intoccabili.
Negli anni Novanta De Palma passò da un film come Carlito’s Way – di nuovo con Al Pacino, dieci anni dopo Scarface – al primo capitolo di Mission: Impossible, una saga che andò avanti con diversi altri film, senza di lui. In anni più recenti De Palma ha continuato a svariare tra più generi, passando in pochi anni dal thriller Omicidio in diretta, al fantascientifico Mission to Mars, e poi dal neo-noir Black Dahlia al film di guerra Redacted. Il suo ultimo film, Domino, ha avuto tanti problemi e lui l’ha praticamente disconosciuto; il prossimo dovrebbe intitolarsi Sweet Vengeance, ma per ora non se ne sa praticamente nulla.
Dagli anni Sessanta fino al Ventunesimo secolo, a prescindere dal periodo o dal film, ci sono però una serie di cose che tornano nel cinema di De Palma. Il voyeurismo, per esempio, che sembra avere a che fare con il fatto che, quando era bambino, la madre gli chiese di pedinare il padre, che temeva lo tradisse. Oppure il citazionismo, come nella celebre scena degli Intoccabili che cita la ancor più celebre scena della “carrozzella con il bambino” della Corazzata Potëmkin, a sua volta citata in Carlito’s Way.
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Entrando un filo di più nella tecnica, in De Palma gli esperti di cinema ritrovano spesso anche certi tipi di montaggio o ripresa: le scene a rallentatore sono frequenti, anche se per scopi e in contesti a volte diversissimi, e c’è anche una hitchcockiana abitudine a far un intero giro di 360 gradi intorno a un corpo o a un oggetto. Nei film di De Palma ritornano di frequente anche gli split screen e le inquadrature con angoli estremi, comprese quelle con inquadratura dall’alto.
De Palma è anche considerato uno dei migliori registi quando si tratta di fare un piano sequenza, o più in generale quando c’è da limitare – o comunque nascondere ancora più del solito – i tagli. A proposito di questo tipo di scene, De Palma ha detto che è tutta questione di geografia: «Prima di girare certe scene, devi preparare la geografia. Il fatto è che 99 registi su 100 non lo fanno. Hitchcock sa farlo. Io so farlo. Steven [Spielberg] sa farlo. Stanley [Kubrick] sa farlo. Devi presentare la geografia del luogo, così che il pubblico sappia dove sono le cose prima che inizi l’azione: che si tratti di due eserciti che si scontrano, di una sparatoria in una stazione o di Cary Grant a un incrocio nel Midwest».
A proposito di grammatica (cinematografica) De Palma non ha dubbi, invece, che il vero maestro sia stato Hitchcock, «colui che ha distillato l’essenza del cinema».
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Il consiglio su Star Wars, riguarda il testo iniziale, quello a scorrimento che presenta il contesto del film: il regista George Lucas aveva scritto un testo suo e glielo fece leggere; De Palma disse che era troppo lungo e, insieme con Jay Cocks ne scrisse un altro, più breve ed efficace.
Il video di Springsteen girato da De Palma è quello di Dancing in the Dark, del 1984.