Indispettire un burocrate è un buon modo per vendere libri
In Francia è un successo il pamphlet femminista intitolato "Li odio gli uomini, io", diventato un caso anche grazie alle critiche di un funzionario del ministero delle Pari opportunità
In Francia un libricino di 96 pagine è diventato un piccolo caso editoriale dopo che un funzionario del ministero delle Pari opportunità francese ha minacciato i suoi editori di denunciarli per incitamento all’odio sulla base del genere se non ne avessero ritirato le copie. Il libro si intitola Moi les hommes, je les déteste, cioè “Li odio gli uomini, io”, ed è un pamphlet che invita le donne a considerare la rabbia contro gli uomini come una cosa giusta, se non addirittura doverosa, nella nostra società. Il 19 agosto era stato pubblicato con una tiratura di 450 copie: in due settimane, grazie all’attenzione mediatica legata alla minaccia del funzionario, ne sono state vendute 2.500, che di questi tempi per un libro non sono poche.
Non sono poche specialmente se si considera che l’autrice del libro non è famosa e che il suo editore è una minuscola casa editrice che non è nemmeno un’azienda, ma un’associazione senza scopo di lucro, che non potendo distribuire e vendere più copie di quante abbia fatto finora ha rinunciato a occuparsene: gli ordini sul suo sito sono chiusi e prossimamente il libro uscirà in una nuova edizione per un editore più grande e attrezzato.
L’autrice di Moi les hommes, je les déteste si chiama Pauline Harmange ed è un’attivista femminista, volontaria in un centro antiviolenza e blogger di 25 anni; per avere un’idea della sua (poca) popolarità, su Instagram e Twitter ha meno di 5mila follower. L’editore invece è, o meglio era, Monstrograph, una minuscola casa editrice di Nantes fondata e gestita da due scrittori, Martin Page e Coline Pierré.
Il libro ha cominciato a vendere bene fin dall’uscita, ma gran parte del suo successo inaspettato è arrivata dopo il 31 agosto, dopo la pubblicazione di un articolo del giornale online Mediapart. L’articolo racconta che lo stesso 19 agosto Page e Pierré hanno ricevuto un’email da Ralph Zurmély, un funzionario del ministero delle Pari opportunità, che dice tra le altre cose: «Questo libro, lo si capisce sia dal riassunto che ne fate sul vostro sito che dal suo titolo, è un’ode alla misandria, all’odio degli uomini. Mi permetto di ricordarvi che l’incitamento all’odio sulla base del sesso è un reato! Per questo vi chiedo di rimuovere immediatamente questo libro dal vostro catalogo a meno che non vogliate incorrere in conseguenze penali».
Intervistato da Mediapart, Zurmély – che non ha letto il libro di Pauline Harmange – ha ripetuto la sua accusa e ha aggiunto: «Per il momento non ho denunciato l’editore, nell’attesa che rimuova definitivamente il libro dal suo catalogo. (…) Se continuerà a venderlo, si renderà complice di un reato e allora sarò obbligato a procedere per via giudiziaria». Mediapart ha anche contattato il ministero per le Pari opportunità a proposito della questione: il ministero ha informato il giornale che l’email di Zurmély è «un’iniziativa personale e del tutto indipendente dal ministero».
Gli editori di Moi les hommes, je les déteste hanno replicato alle accuse del funzionario ministeriale definendole «ridicole». «Questo libro non è un’incitazione all’odio», ha spiegato Coline Pierré, «il titolo è provocatorio, ma l’intento è misurato. È un invito a non sentirsi obbligate a frequentare gli uomini o ad avere a che fare con loro. In nessun momento l’autrice incita alla violenza».
L’articolo di Mediapart è stato seguito da una serie di altri articoli sui numerosi giornali francesi – molti dei quali contenenti la parola «censura» – e non solo. In Italia la storia è stata raccontata dal Corriere della Sera, nel Regno Unito dal Guardian, che ha anche intervistato la giovane autrice. Per un libro l’attenzione mediatica è un importante mezzo di promozione, e dato che denunce formali ancora non ce ne sono state, le accuse di Zurmély sembrano solo aver favorito Moi les hommes, je les déteste e la sua autrice: il cosiddetto effetto Streisand, quello per cui la minacciata censura su un contenuto ne amplifica la risonanza.
Riguardo alla fondatezza delle critiche, ce ne si può fare un’idea leggendo alcuni degli estratti del libro che sono stati pubblicati sui giornali:
L’accusa di misandria è un meccanismo di “silenziamento”: un modo di far tacere la collera, a volte violenta ma sempre legittima, delle persone oppresse contro i loro oppressori. Risentirsi per la misandria, tacciarla di essere una forma di sessismo come un’altra e altrettanto condannabile (detto che non è che il sessismo sia sempre condannato…), significa spazzare sotto il tappeto con cattive intenzioni i meccanismi che rendono l’oppressione sessista un fenomeno sistemico nella storia, nella cultura e nel rapporto con le autorità.
Il libro risponde anche alla critica secondo cui la misandria sarebbe un atteggiamento negativo come la misoginia: Harmange fa notare che gli uomini, cioè gli oggetti dell’odio misandrico, partono da una posizione privilegiata nella società, al contrario degli oggetti dell’odio misogino, cioè le donne; inoltre mentre sono noti i numerosissimi casi di donne vittima di violenza in quanto donne, la violenza verso gli uomini in quanto tali non è diffusa.
Parlando col sito ActuaLitté Harmange ha spiegato: «Invito le donne a immaginare un nuovo modo di essere. A tenere meno in considerazione i consigli, spesso poco incoraggianti degli uomini, a fare proprio, seriamente, il detto “meglio sole che mal accompagnate”, e a riscoprire la forza delle relazioni tra donne, ricche di reciprocità, dolcezza e forza».