Gli Stati Uniti vogliono mandare più plastica in Kenya
E per questo le grandi società petrolchimiche statunitensi stanno facendo pressioni per ammorbidire le leggi che ne regolano il commercio
Una recente inchiesta del New York Times ha raccontato i tentativi che stanno facendo le grandi compagnie petrolifere e petrolchimiche statunitensi per assicurarsi nuovi mercati per vendere i loro prodotti anche durante la crisi dovuta alla pandemia da coronavirus. In particolare, dice il New York Times, ora che è diminuita la richiesta di carburanti a causa della riduzione dei viaggi in tutto il mondo, le grandi società statunitensi che li producono si stanno concentrando su qualcosa che probabilmente ci servirà ancora a lungo, la plastica, e su un mercato dove pensano di poterne vendere ancora molta, l’Africa.
L’aumento dell’uso delle fonti di energia rinnovabili e la maggior attenzione alle questioni ambientali avevano già fatto ipotizzare un calo del mercato dei combustibili fossili e, spiega il New York Times, da tempo le grandi società che producono petrolio stanno investendo per cercare mercati alternativi a quelli legati alla produzione di carburanti. Negli ultimi 10 anni, nel settore petrolchimico statunitense sono stati investiti complessivamente più di 200 miliardi di dollari (circa 170 miliardi di euro) per la costruzione di impianti chimici e per la produzione di plastica, nel tentativo di aumentare la capacità produttiva di prodotti alternativi ai carburanti.
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Anche il mercato della vendita di plastica, tuttavia, potrebbe subire nei prossimi anni un declino, specialmente nei paesi più sviluppati: quelli dove oggi si produce e consuma gran parte della plastica. Per questo, dice il New York Times, le grandi società petrolchimiche statunitensi stanno facendo grosse pressioni sull’amministrazione di Donald Trump affinché renda più facile l’esportazione di plastica in Africa, un mercato dove i consumi potrebbero crescere molto nei prossimi anni.
In queste settimane sono in corso tra Stati Uniti e Kenya le trattative per rinnovare un grosso accordo commerciale che permette ai due paesi di esportare i propri beni molto facilmente e senza pagare dazi. Le trattative, dice il New York Times, sono diventate l’occasione per le lobby delle grandi società petrolifere e petrolchimiche statunitensi per provare a rendere più facile l’esportazione di plastica in Kenya: perché il paese ha una delle economie più sviluppate del continente e perché – come dice un documento di un’associazione di categoria delle società petrolchimiche americane – «il Kenya potrebbe diventare in futuro un centro di distribuzione di prodotti chimici e di plastica statunitensi verso altri mercati africani».
L’interesse delle società petrolchimiche verso l’Africa non è tuttavia solo legato alla vendita di prodotti, ma in gran parte anche alle esportazioni di rifiuti di plastica. I grandi paesi occidentali hanno per anni spedito i loro rifiuti verso paesi in via di sviluppo, spesso preoccupandosi poco della fine che quei rifiuti avrebbero fatto. Da alcuni anni, tuttavia, molti paesi hanno smesso di accettare alcuni tipi di rifiuti e il Kenya è stato uno di quelli che hanno firmato e ratificato la Convenzione di Basilea: l’accordo del 1989 che regolamenta il controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e che lo scorso anno è stato modificato con ulteriori limitazioni al trasporto di rifiuti plastici nei paesi in via di sviluppo.
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Le modifiche alla Convenzione di Basilea sono state molto osteggiate dall’industria petrolchimica perché potrebbero danneggiare il mercato dei prodotti di plastica, costringendo i paesi che esportano rifiuti a negoziare accordi con i diversi paesi importatori. In Kenya, inoltre, i grossi problemi di inquinamento avevano portato negli ultimi anni alla discussione di altre misure per limitare la diffusione della plastica e all’approvazione nel 2017 di grosse limitazioni all’uso di prodotti di plastica usa e getta.
Per questo, spiega il New York Times, le pressioni che sta subendo l’amministrazione Trump per semplificare l’esportazione di plastica in Kenya sono motivo di grande preoccupazione per tutte le associazioni ambientaliste che operano nel paese e che da tempo lavorano per regole più severe. Per ora non si conoscono i dettagli dell’accordo commerciale tra Kenya e Stati Uniti, ma il Kenya ha molto bisogno di poter continuare ad esportare i suoi prodotti – principalmente tè, caffè, cemento, pesce, frutta e verdura – negli Stati Uniti e il presidente kenyano Uhuru Kenyatta ha più volte detto di voler rinnovare l’accordo.