L’Australia è in recessione per la prima volta dal 1991
Nel 2020 il PIL australiano è calato per due trimestri consecutivi
Il PIL dell’Australia nel secondo trimestre del 2020 è calato del 7 per cento rispetto ai primi tre mesi del 2020. Per l’Australia è il secondo trimestre consecutivo di decrescita dopo che tra gennaio e marzo il PIL era sceso dello 0,3 per cento e quindi il paese è in recessione tecnica per la prima volta dopo quasi trent’anni. Il calo del PIL del 7 per cento, dovuto all’emergenza coronavirus, è inoltre il più alto da quando è iniziato questo tipo di rilevazione nel 1959.
Il calo, lieve, dell’economia australiana nel primo trimestre del 2020 era stato collegato innanzitutto alla prima fase dell’emergenza economico-sanitaria legata al coronavirus, ma anche ai numerosi ed estesi incendi boschivi che erano continuati fino a febbraio, provocando grossi danni economici alle zone colpite.
L’Australia non era entrata in recessione tecnica neanche durante la grande crisi globale del 2008. I suoi quasi trent’anni di trend positivo del PIL rappresentano un record che non ha eguali in nessun altro paese dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). Dal 1991 al 2018 il PIL australiano è cresciuto con un tasso medio del 3,2 per cento annuo, resistendo a crisi economiche e politiche.
L’Australia in questi quasi trent’anni ha sfruttato condizioni particolarmente favorevoli e ha fatto scelte politiche lungimiranti che hanno premiato la sua economia. La vicinanza con la Cina gli ha permesso di poterne diventare un importante fornitore di materie prime, in particolare di ferro e gas naturali di cui l’Australia è ricchissima. La Cina inoltre ha contribuito alla crescita australiana in un settore decisivo per il paese: il turismo.
Nel secondo trimestre del 2020 le principali economie del mondo a causa della pandemia da coronavirus hanno subito pesanti cali del Pil. Quello degli Stati Uniti è calato del 9,5 per cento, quello dell’Italia del 12,8 per cento, quello del Giappone del 7,6 per cento, quello della Germania del 10,1 per cento e quello dell’India del 23,9 per cento.