In Qatar è stata approvata un’attesa legge contro lo sfruttamento dei lavoratori migranti
Prevede l'aumento del salario minimo e l'abolizione della "kafala" cioè il divieto di cambiare lavoro senza il permesso dell'azienda
Il governo del Qatar, un piccolo paese del golfo Persico guidato da una monarchia, ha approvato un’attesa riforma del lavoro che dovrebbe migliorare le condizioni di vita dei circa due milioni di lavoratori migranti che lavorano nel paese, le cui condizioni sono state spesso criticate dalle organizzazioni internazionali che si occupano di diritti umani.
Una legge in particolare, entrata in vigore il 30 agosto insieme ad altre misure che riguardano il mercato del lavoro, consente a tutti i lavoratori di cambiare lavoro senza il permesso della propria azienda. Sembra una conquista di poco conto, ma non lo è. In Qatar infatti è in vigore il sistema della kafala, diffuso anche in altri paesi come ad esempio il Libano, che consente al lavoratore di iniziare un’altra occupazione solo dopo aver ottenuto un certificato di non-obiezione da parte del precedente datore di lavoro. È una pratica che le più importanti organizzazioni umanitarie denunciano da anni la pratica perché di fatto rende i lavoratori molto vulnerabili allo sfruttamento e in alcuni casi al lavoro forzato.
La riforma prevede inoltre l’aumento del salario minimo a 1.000 riyal (circa 230 euro) al mese, aumento che sarà introdotto a sei mesi dalla pubblicazione della legge sulla Gazzetta Ufficiale per i contratti esistenti e sostituirà il salario minimo temporaneo di 750 riyal (circa 160 euro) approvato nel 2017. Verrà applicato a tutte le nazionalità e le categorie. È inoltre prevista un’indennità aggiuntiva di 800 riyal se i datori di lavoro non forniscono vitto (300 riyal) e alloggio (500 riyal).
Secondo l’ILO, l’Internazional Labour Organization, l’agenzia dell’ONU che si occupa di promuovere la giustizia sociale e i diritti lavoratori, la riforma, insieme all’abolizione dell’obbligo del permesso per lasciare il Paese introdotta a gennaio, «smantella efficacemente il sistema della kafala e segna l’inizio di una nuova era per il mercato del lavoro del Qatar».
Nel paese ci sono più di 2 milioni di lavoratori migranti di cui quasi un milione impiegati nell’edilizia e 400mila nei lavori domiciliari come colf e badanti. Per l’ILO l’introduzione del salario minimo dovrebbe migliorare le condizioni di circa 400.000 lavoratori del settore privato, e consentirà inoltre un aumento delle rimesse, cioè dei soldi che gli stessi migranti inviano alle famiglie nei paesi d’origine, provocando quindi potenzialmente un effetto economico benefico per milioni di persone.
Nel 2017 il Qatar aveva iniziato una partnership con l’ILO per riformare il proprio mercato del lavoro, dopo che il Paese era stato designato come sede dei mondiali di calcio del 2022 e il sistema della kafala aveva attirato moltissime critiche internazionali.
Il ministro del Lavoro del Qatar Al Othman Fakhroo ha definito le nuove leggi «una pietra miliare» e ha detto che andranno a vantaggio «dei lavoratori, dei datori di lavoro e della nazione». Così come l’ILO anche Amnesty International ha lodato l’introduzione del salario minimo e l’abolizione del sistema della kafala, ma se per l’agenzia dell’ONU la priorità ora è assicurare sanzioni più severe per i trasgressori delle nuove norme, per Amnesty il salario minimo previsto è ancora troppo basso.
Steve Cockburn, responsabile del dipartimento per la giustizia economica e sociale di Amnesty ha detto che «se pure il nuovo salario minimo aumenterà i redditi di alcuni dei lavoratori meno pagati del Qatar, il livello fissato rimane basso. Per fare veramente la differenza, dovrà essere regolarmente rivisto e progressivamente aumentato per garantire condizioni giuste e favorevoli per i lavoratori».
Nel 2017 era stato introdotto un salario minimo temporaneo, ma un rapporto pubblicato recentemente da Human Rights Watch ha dimostrato che gli abusi sono proseguiti in maniera costante.