Il PIL dell’India nel secondo trimestre del 2020 è calato del 23,9 per cento
Nel secondo trimestre del 2020 il PIL dell’India è calato del 23,9 per cento, rispetto al trimestre precedente, a causa delle misure di contenimento dell’emergenza coronanavirus che hanno provocato chiusure di attività e perdita di posti di lavoro. Il crollo del PIL indiano è il peggiore fra le principali economie del mondo. Il PIL degli Stati Uniti nello stesso periodo è calato del 9,5 per cento, quello del Giappone del 7,6 per cento e quello della Germania del 10,1 per cento.
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In India i settori maggiormente colpiti sono quelli dell’edilizia, dell’industria e dei trasporti. Un calo così consistente dell’economia non si era mai registrato dal 1996 quando iniziarono le rilevazioni statistiche sul PIL. Secondo il New York Times inoltre la lettura della situazione economica indiana sarebbe ulteriormente complicata dalla pratica del lavoro “informale”, cioè da quei lavoratori senza contratto che difficilmente riescono a essere tracciati dal governo: ad esempio conducenti di risciò, sarti e bracciante agricoli. Questo lavoro sommerso non rientra nei numeri ufficiali e quindi la crisi economica, che ha colpito anche queste categorie, ma che difficilmente si può quantificare, potrebbe essere ancora più grave.
Alla fine di marzo il governo guidato dal primo ministro Narendra Modi ha imposto uno dei blocchi più severi al mondo obbligando gli indiani a restare a casa, interrompendo i trasporti e chiudendo la maggior parte delle attività commerciali. Milioni di lavoratori che negli ultimi anni si erano spostati nelle città per lavorare hanno iniziato a tornare a casa nelle zone rurali. Le misure sono state allentate per favorire la ripartenza dell’economia, ma ciò ha portato a una nuova diffusione del virus. Nelle ultime settimane l’India sta registrando il più alto aumento quotidiano di contagi al mondo.