Come Navalny ha cambiato l’opposizione in Russia
Il più famoso e influente oppositore di Vladimir Putin – ancora in coma dopo il sospetto avvelenamento – ha usato strategie creative e si è concentrato su un tema preciso: la corruzione
Nel giro di dieci anni il giornalista russo Alexei Navalny è diventato il principale oppositore del presidente russo Vladimir Putin grazie a inchieste che hanno evidenziato la corruzione del governo, e con strategie di comunicazione che hanno coinvolto milioni di cittadini. La scorsa settimana Navalny è stato ricoverato per un presunto avvelenamento, col quale il governo russo nega di avere a che fare. Oggi è in coma farmacologico in Germania, in condizioni molto gravi. Secondo alcuni l’avvelenamento di Navalny è un chiaro segnale che l’opposizione in Russia, sempre più forte, abbia iniziato a dare fastidio a Putin; altri invece credono che l’assenza forzata di Navalny potrebbe far scemare la forza del movimento.
Navalny è il leader del Partito del Progresso, un partito di centrodestra e nazionalista: la principale ragione per cui critica Putin e il suo partito è l’accusa di essere «ladri» e «corrotti», di usare il potere per arricchirsi e per impedire alla popolazione di chiedere conto delle azioni dei leader con gli strumenti della democrazia. Navalny è molto conosciuto anche all’estero, anche perché negli anni il governo russo ha cercato più volte di screditarlo, arrestandolo spesso ed escludendolo dalla lista dei candidati ammessi alle elezioni presidenziali russe del 2018.
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Navalny iniziò a occuparsi di politica attorno al 2000, a poco più di vent’anni. Regina Smyth, professoressa dell’Università dell’Indiana esperta delle dinamiche tra stato e società nei regimi autocratici, ha raccontato che Navalny era inizialmente noto per un blog che aveva aperto nel 2006 sulla piattaforma Live Journal, e la sua popolarità cominciò a crescere davvero nel 2011, durante le proteste che contestavano presunte irregolarità durante le elezioni parlamentari.
Come ha detto al Wall Street Journal Nikolay Petrov, ricercatore associato del centro studi inglese Chatham House, «Nessun altro nell’opposizione sistemica [ovvero quella di facciata, che nelle decisioni importanti però prende le parti di Putin] né in quella non sistemica è stato in grado di unire le persone» come ha fatto Navalny. Nel tempo la sua popolarità è cresciuta grazie alle sue capacità oratorie, grazie alle numerose proteste e manifestazioni che ha organizzato, grazie ad alcune creative trovate di comunicazione e e al suo uso dei social media, in particolare il suo canale YouTube.
Nel 2011 Navalny creò una fondazione anticorruzione che aveva l’obiettivo di raccogliere segnalazioni e indagare sui casi di negligenza e sugli illeciti commessi dai funzionari governativi russi. Attraverso la fondazione, Navalny metteva in dubbio la «sistematica campagna di disinformazione del regime» e sfidava la retorica del partito di Putin, Russia Unita, che definiva un «partito di ladri e corrotti».
Quando il governo russo chiuse il suo blog nel 2012, Navalny continuò a rafforzare la sua presenza su altri social media grazie a strategie di comunicazione accattivanti: per esempio alle proteste e alle manifestazioni iniziarono a vedersi pupazzi e gonfiabili a forma di papero giallo, che diventò un simbolo della corruzione del governo ma rappresentava qualcosa di abbastanza innocuo da poter essere acquistato ed esposto senza temere ritorsioni. Navalny lanciò anche il progetto “RosYama” per consentire ai cittadini di segnalare le buche nelle strade: un problema molto diffuso in Russia, che gli permetteva di parlare ai cittadini meno interessati alla tutela dello stato di diritto. La questione delle buche delle strade come simbolo del malgoverno di Putin e dei suoi emissari locali venne peraltro ripresa da alcuni attivisti, che disegnarono delle caricature attorno ad alcune buche.
Il movimento di opposizione di Navalny ha coinvolto sia giovani attivisti sia persone più adulte. Una parte della strategia è sempre stata far circolare informazioni che mettessero in difficoltà il regime di Putin: nel 2017 per esempio aveva prodotto un documentario intitolato Don’t call him Dimon, che criticava e prendeva in giro l’ex presidente e primo ministro russo Dimitri Medvedev; più di recente, si è occupato dell’interferenza della Russia nelle elezioni presidenziali degli Stati Uniti e della cattiva gestione della pandemia da coronavirus da parte del governo russo.
Un’altra tattica lanciata da Navalny è il cosiddetto “smart voting”: i cittadini sono stati incoraggiati a votare per il candidato più forte che si presenti in opposizione a Putin, indipendentemente dal partito di cui fa parte. Con questa strategia, lo scorso autunno quasi la metà dei seggi al consiglio comunale di Mosca è andato a esponenti di partiti di opposizione.
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A causa della sua attività politica e del suo lavoro da giornalista, nel corso degli anni Navalny è stato più volte arrestato e incarcerato per ragioni politiche, spesso con vari pretesti, per esempio presunti reati finanziari. Nel 2017 un attivista filo-Putin lo attaccò con una sostanza chimica, lasciandolo parzialmente cieco da un occhio, mentre nel luglio 2019 subì un altro presunto tentativo di avvelenamento mentre stava scontando una pena di 30 giorni di reclusione in carcere per aver organizzato una manifestazione non autorizzata. Attualmente la fondazione anticorruzione di Navalny è considerata “foreign agent” dal governo russo, cioè un’organizzazione che secondo il governo riceve fondi dall’estero per svolgere attività antigovernativa.
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L’Economist ha scritto che Vladimir Putin ha ricominciato a ricorrere a «siringhe e manganelli» per mantenere un’apparenza di forza e intimidire gli oppositori, cosa che spiegherebbe anche il presunto avvelenamento di Navalny: per quanto prendere di mira il suo oppositore più visibile gli attirerà inevitabilmente forti critiche – è il motivo per cui Navalny ha detto per anni di considerarsi fortunato ad essere ancora vivo – gli esperti concludono che deve aver valutato di correre più rischi con un Navalny attivo da leader dell’opposizione.
Nonostante le recenti riforme costituzionali gli consentano di rimanere teoricamente al potere fino al 2036, infatti, negli ultimi anni la popolarità del presidente Putin è in calo. I casi di alcune recenti proteste mostrano come l’insoddisfazione abbia raggiunto anche i ceti popolari, uscendo dal recinto dei circoli più istruiti delle grandi città.
Secondo alcuni analisti citati dal Wall Street Journal, è grazie a Navalny e alle sue strategie che l’opposizione in Russia non ha più un ruolo marginale, e pertanto la sua visione di una Russia diversa potrebbe continuare ad avere seguito anche in sua assenza. Tuttavia, come ha spiegato Petrov, ora che la sua salute è compromessa, «senza un leader la macchina che aveva creato e messo in moto potrebbe non essere più così efficace».