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  • Mercoledì 26 agosto 2020

Trump sta usando i poteri presidenziali a scopo elettorale

Alla convention dei Repubblicani succedono cose senza precedenti: l'uso indiscriminato dei poteri istituzionali – dalla grazia alla cittadinanza – per ragioni di propaganda elettorale

Donald Trump durante la cerimonia di naturalizzazione organizzata per la convention del Partito Repubblicano.
Donald Trump durante la cerimonia di naturalizzazione organizzata per la convention del Partito Repubblicano.

Nella seconda serata della convention del Partito Repubblicano statunitense sono emerse le conseguenze concrete di una strategia allo stesso tempo prevedibile e senza precedenti del presidente uscente Donald Trump: l’utilizzo indiscriminato a scopo elettorale dell’istituzione della presidenza degli Stati Uniti e dei suoi poteri. Nel giro di due ore, infatti, e nel corso del più importante e seguito momento di propaganda dell’intera campagna elettorale, gli americani hanno visto Trump graziare un uomo e dare la cittadinanza americana a cinque persone, mentre il segretario di Stato pronunciava un comizio politico e la first lady faceva lo stesso dal Giardino delle Rose della Casa Bianca: tutte cose che non erano mai accadute prima in questo contesto.

Non esistono linee guida rigidissime per occasioni del genere, e le campagne elettorali dei presidenti uscenti giocano spesso dentro una “zona grigia”: usare in un contesto politico le immagini d’archivio che mostrano il presidente nell’esercizio delle sue funzioni, per esempio comunicando una decisione di politica estera, è piuttosto comune; così come è comune che il presidente visiti di più gli stati elettoralmente più importanti. Ma stanotte Trump ha superato con un salto ogni zona grigia, oltre che quello che stabilisce una legge del 1939 – lo Hatch Act – che proibisce l’uso di fondi federali per ragioni elettorali e proibisce ai dipendenti del governo di fare propaganda politica.

In uno dei momenti iniziali della serata, per esempio, Trump ha graziato un uomo afroamericano che quindici anni fa era stato condannato per una rapina a mano armata e dopo, uscito di prigione, aveva fondato un’organizzazione a sostegno degli ex detenuti. Alla cerimonia di grazia ha partecipato l’agente dell’FBI che all’epoca lo aveva arrestato.

In un altro momento particolarmente discusso, il presidente Trump dalla Casa Bianca ha conferito la cittadinanza americana a cinque immigrati, tutti non bianchi, congratulandosi con loro. Il contesto era allo stesso tempo quello delle cerimonie ufficiali (dalla presenza dei marines a quella del segretario all’Interno: tutte persone a cui è proibito partecipare a eventi di campagna elettorale), così come il luogo, la Casa Bianca; ma tutto era fatto per la tv e soprattutto per la convention, allo scopo di mostrare Trump – il presidente americano che più ha combattuto l’immigrazione legale e illegale nell’ultimo secolo, e che spesso ha detto cose razziste – come un presidente accogliente e amico delle persone non bianche.

Un altro momento che ha rotto radicalmente la prassi e violato le norme del governo federale è stato il discorso rivolto da Gerusalemme dal segretario di Stato, Mike Pompeo. I regolamenti del Dipartimento di Stato stabiliscono che il segretario e i dipendenti non debbano partecipare a eventi elettorali, per non compromettere la credibilità della politica estera americana, e infatti mai prima di oggi un segretario di Stato aveva parlato a una convention (negli anni, molti avevano preferito non andare del tutto). Pompeo invece ha rivolto un comizio elogiando Trump per la sua politica estera.

Infine, la first lady Melania Trump ha pronunciato il discorso più atteso della serata dal Giardino delle Rose della Casa Bianca, recentemente oggetto di un discusso rinnovamento. Al comizio peraltro erano presenti un paio di centinaia di persone, senza mascherine e senza distanziamento sociale: tutte erano state precedentemente testate, ha fatto sapere la Casa Bianca, ma molti hanno notato l’intenzione del comitato elettorale di Trump di mostrare una realtà post-pandemia, dove il virus non è più un problema e gli americani possono tornare a fare la vita di prima. Più volte gli speaker hanno parlato della pandemia usando i tempi verbali al passato: come se fosse finita.

Il discorso di Melania Trump, comunque, è stato molto diverso dagli altri che si erano avvicendati nel corso della serata, tra i quali molti attivisti estremisti e superconservatori (una speaker sostiene che il voto debba essere espresso dalle famiglie e non dalle persone, e che per ogni famiglia debba deciderlo il marito; un’altra è stata tagliata dal programma ufficiale poco prima dell’inizio quando sono emersi alcuni suoi tweet complottisti e antisemiti).

Melania Trump è stata la prima persona in due serate di convention a esprimere cordoglio per le persone morte a causa del coronavirus, a prendere atto delle sofferenze straordinarie che stanno attraversando gli americani invece che limitarsi a esaltare i successi raggiunti dal presidente (cosa che ha fatto anche lei, naturalmente), a parlare della storia di razzismo degli Stati Uniti («c’è un pezzo del nostro passato di cui non siamo orgogliosi») e a non dividere sistematicamente il paese in buoni e cattivi. Un discorso molto dissonante dal resto dei comizi, tra cui quelli dei figli del presidente Trump, e a cui lo stesso presidente ha assistito sembrando a tratti irritato o spazientito.

Nella parte restante della serata, oltre ai duri comizi di Eric e Tiffany Trump, diversi momenti hanno enfatizzato le storie di persone esemplari di segmenti elettorali che sono diventati fondamentali per le speranze di vittoria del presidente Trump: per esempio gli allevatori di astici del Maine e gli agricoltori del Wisconsin, danneggiati dai dazi; i cubano-americani della Florida; le minoranze etniche e soprattutto gli afroamericani, che sono stati rappresentati alla convention molto più di quanto siano concretamente presenti tra gli eletti e gli elettori del partito, allo scopo di provare a diventare più attrattivi verso quel pezzo della popolazione americana.

Durante la serata ha parlato per esempio Daniel Cameron, attuale procuratore generale del Kentucky, primo afroamericano a ricoprire questo incarico. Cameron è Repubblicano e si è rivolto al paese in un momento per lui molto delicato: proprio in Kentucky è stata uccisa indiscriminatamente dalla polizia Breonna Taylor, una donna la cui storia è stata più volte accostata in questi mesi a quella di George Floyd, e Cameron ha ricevuto molte critiche per la lentezza nelle indagini e per il fatto che a 150 giorni dalla sua morte non siano ancora state spiccate accuse contro gli agenti responsabili. Cameron ha menzionato Taylor soltanto di passaggio, e ha rivolto poi molte critiche contro i manifestanti.

La gran parte degli osservatori americani sostiene che queste violazioni delle leggi e delle prassi, oltre a non essere concretamente perseguibili (porterebbero al massimo a delle multe, e il presidente è comunque immune), non sposteranno voti a svantaggio di Trump sul piano elettorale: la gran parte degli americani ha preoccupazioni molto più gravi, a cominciare dalla pandemia e dalle sue conseguenze, che incideranno inevitabilmente più di qualsiasi violazione formale delle prassi democratiche.

Nonostante questo, molti hanno sottolineato quanto queste violazioni siano preoccupanti: sia come precedente in sé, che per quello che suggeriscono Trump sia pronto a fare da qui alle elezioni di novembre per rimontare lo svantaggio che ha accumulato nei confronti del suo rivale Joe Biden. Aprendo la convention, infatti, il presidente degli Stati Uniti aveva detto: «Non possiamo perdere queste elezioni. L’unico modo in cui possiamo perdere è se le elezioni sono truccate».