Il commissario europeo al Commercio è nei guai
Insieme a vari altri politici irlandesi ha partecipato a una festa in un hotel, violando le restrizioni sul coronavirus
Da giorni i quotidiani irlandesi si stanno occupando di uno scandalo che ha coinvolto diversi politici locali di alto profilo, che un giorno dopo l’entrata in vigore di nuove restrizioni sui movimenti per via della pandemia da coronavirus hanno partecipato a una festa da più di 80 persone, in aperta violazione delle nuove norme. Fra i politici di spicco che hanno partecipato alla festa, si sono dimessi dal proprio incarico sia il ministro irlandese dell’Agricoltura, Dara Calleary, sia il presidente del Senato Jerry Buttimer. Per ora, invece, ha scelto di non dimettersi il commissario europeo al Commercio, Phil Hogan: e della sua decisione si sta parlando moltissimo sia a Dublino sia a Bruxelles.
Hogan ha 60 anni ed è uno dei commissari più esperti e influenti della Commissione Europea guidata da Ursula von der Leyen. Dopo avere ricoperto vari ruoli nel governo irlandese per conto di Fine Gael – uno dei due partiti di centrodestra più popolari nel paese, assieme a Fianna Fáil – era entrato nella Commissione nel 2014, quando diventò commissario all’Agricoltura. L’anno scorso fu promosso al Commercio, un incarico molto più delicato e influente, dato che l’Unione Europea detiene la competenza per stringere accordi commerciali per conto dei 27 paesi dell’Unione. Qualche mese fa si era candidato senza successo alla guida del WTO, l’organizzazione che regola il commercio internazionale.
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Al momento le attività delle istituzioni europee sono ridotte al minimo per la pausa estiva. In questi giorni Hogan si trova in Irlanda, dove mercoledì scorso ha partecipato a una festa per i 50 anni della Oireachtas Golf Society, un circolo di golf piuttosto esclusivo, che si è tenuta allo Station House Hotel di Cliften, una cittadina sul mare nell’ovest del paese. Nella lista di invitati erano compresi fra gli altri il presidente del circolo ed ex parlamentare di Fianna Fáil, Donie Cassidy, il ministro Calleary, il presidente del Senato Buttimer, diversi senatori e parlamentari, un giudice della Corte suprema irlandese, l’ex procuratore generale, l’ambasciatore marocchino in Irlanda, e molti altri ancora, secondo l’Irish Examiner, che per primo ha scritto della festa.
Appena il giorno prima, però, il governo sostenuto da Fine Gael, Fianna Fáil e dai Verdi aveva deciso nuove linee guida che proibivano gli assembramenti da più di sei persone. Lo Station House Hotel si è difeso sostenendo di aver scritto alla federazione degli alberghi irlandesi per chiedere conto delle nuove norme; una mail inviata dalla federazione ai suoi membri, letta dall’Irish Examiner, sostiene che il Dipartimento del turismo non aveva ancora ricevuto istruzioni dal governo su come muoversi, e che perciò ribadiva il limite di 50 ospiti per sala stabilito in precedenza. Un portavoce dell’albergo ha fatto sapere che gli 81 invitati erano stati divisi in due sale rispettivamente da 45 e 36 posti.
Nonostante la ricostruzione dei giornali, diversi politici di opposizione hanno criticato l’opportunità di tenere una festa del genere in un periodo in cui i casi di coronavirus individuati giornalmente sono tornati agli stessi livelli di maggio, come del resto in molti altri paesi europei. «Se anche possono provare che la divisione fra le due sale gli permetteva di aggirare le norme, mi sembra una scusa molto fragile», ha detto il deputato Socialista Paul Murphy. Ancora oggi fra gli articoli più letti sul sito dell’agenzia stampa statale RTÉ News c’è un pezzo di opinione intitolato «Perché alcuni potenti si sentono al di sopra della legge». L’hashtag #golfgate è da giorni molto frequentato sui social network.
Nei giorni successivi la polemica si è allargata tanto da portare alle dimissioni di Calleary e Buttimer. Il primo ministro irlandese Micheál Martin, storico leader di Fianna Fáil entrato in carica a fine giugno dopo una crisi del governo precedente, ha fatto sapere che per lui la festa non si sarebbe nemmeno dovuta tenere.
Negli ultimi giorni i giornali si sono concentrati soprattutto su Hogan, l’unico fra i politici di spicco che hanno partecipato alla festa a non essersi dimesso (ieri è anche emerso che Hogan era stato fermato da un poliziotto mentre andava alla festa perché stava telefonando alla guida). Secondo l’Irish Times, all’interno del governo irlandese ci sono due scuole di pensiero: alcuni ritengono che Hogan vada costretto alle dimissioni perché non ha più la credibilità necessaria per esercitare il suo ruolo, mentre altri sottolineano l’importanza di avere un politico molto esperto in un ruolo chiave durante i negoziati in corso fra Unione Europea e Regno Unito sul futuro accordo commerciale fra le due parti, che avrà un impatto enorme sull’economia irlandese.
In una serie di tweet pubblicati il 23 agosto, Hogan si è scusato «profondamente» per la sua partecipazione: «sono consapevole di avere offeso, causato agitazione e messo a rischio gli irlandesi con la mia partecipazione alla festa, peraltro in un momento difficile per tutti». Allo stesso tempo, però, ha precisato che dopo avere ascoltato «con rispetto» il primo ministro e il vice-primo ministro, il suo incarico fa capo alla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen.
https://twitter.com/PhilHoganEU/status/1297493873669832704
I commissari europei non sono dei rappresentanti del paese di origine né del proprio governo: i trattati europei stabiliscono infatti che nel loro incarico devono perseguire il bene dei cittadini europei. Di conseguenza possono essere licenziati solo dal presidente della Commissione, come previsto dal trattato di Nizza firmato nel 2001.
Al momento von der Leyen non ha ancora preso una decisione in merito a Hogan. Stamattina una sua portavoce ha detto che la presidente sta «studiando» una ricostruzione di quel giorno fornita da Hogan, perché «i dettagli contano» (in un primo momento Hogan aveva nascosto di essere passato da una casa di sua proprietà nel tragitto verso la festa, raccontando invece di esserci andato direttamente).
Con tutta probabilità, comunque, la decisione sarà di natura politica: Von der Leyen potrebbe decidere di licenziare Hogan per dimostrare che la Commissione Europea non tollera comportamenti di questo tipo; oppure, come ipotizza l’opinionista Tim King su Politico, potrebbe decidere di soprassedere per evitare di mostrarsi troppo sensibile alle polemiche locali e alle pressioni dei governi nazionali.