Il dipinto in cerca del suo proprietario
È appeso in un piccolo museo in Francia nella speranza che qualcuno lo riconosca, dopo essere rimasto per decenni nella casa di un soldato nazista: e nessuno sa di chi sia
Da qualche giorno all’ingresso del Centro mondiale per la pace, le libertà e i diritti umani, un piccolo museo a Verdun, nel nord della Francia, è appeso un quadro che mostra uno scenario bucolico: un ruscello che scende a valle verso una radura, e una donna seduta a riva. Accanto al quadro non c’è una targa col nome dell’autore e la provenienza. C’è un ampio pannello che spiega la storia del quadro, e una scritta: «Se riconoscete questo paesaggio o avete qualsiasi informazione su questo quadro, fatecelo sapere».
Succede molto di rado che gli esperti di pittura non riescano a ricostruire dove sia stato dipinto e soprattutto a chi appartenga un quadro di valore, mentre per i dipinti che valgono poco nessuno si sobbarca la fatica di una ricerca lunga e potenzialmente infruttuosa. Il quadro in questione, però, ha una storia piuttosto peculiare che ha convinto alcune persone a cercare di restituirlo al suo legittimo proprietario.
Une mystérieuse petite huile sur toile a trouvé résidence au Centre mondial de la paix, des libertés et des droits de l'homme à #Verdun, dans la #Meuse @cmpaix https://t.co/R8hRNm6Iu5
— Me Sébastien DARTOIS (@SebDartoisNancy) August 8, 2020
Il quadro è stato dipinto dal pittore Nicolas Rousseau, un pittore di seconda fascia della cosiddetta Scuola di Barbizon, una corrente realista attiva a metà dell’Ottocento nei dintorni di Parigi. Per più di settant’anni, però, il quadro è rimasto appeso nel salotto di una casa di Berlino, in Germania.
Ci era arrivato nel 1944 quando Alfred Forner, un sottufficiale dell’esercito tedesco, ricevette l’ordine di trasportarlo dalla Francia alla Germania, come capitò a migliaia di altre opere d’arte rubate dal regime nazista. Quando arrivò davanti all’edificio in cui doveva depositare il quadro, Forner lo trovò in rovina: decise quindi di portarlo a casa, e ripartire per il fronte. Pochi mesi dopo morì in guerra, e il quadro rimase per decenni nella casa dei Forner.
Alcuni anni fa il figlio di Forner, Peter, ebbe un grave problema di salute che lo costrinse a rimanere per mesi in un letto di ospedale. Durante la malattia compilò una lista di cose da fare se fosse sopravvissuto. Fra queste c’era anche la restituzione del quadro al suo legittimo proprietario.
Nel gennaio del 2019, secondo la ricostruzione di Agence France-Presse, Peter Forner contattò l’ambasciata francese in Germania per cercare di risalire a chi fosse stato rubato il quadro: «Da allora il Comitato tedesco per la compensazione delle vittime dei saccheggi e la Commissione francese per la restituzione delle opere culturali trafugate fra il 1933 e il 1945 hanno cercato di identificare i proprietari o i loro eredi», scrive Agence France-Presse, «finora senza successo».
Così è nata l’idea di esporre il quadro in un luogo pubblico per raccogliere eventuali segnalazioni. Il quadro non vale molto, circa tremila euro, ma per Philippe Hansch, il direttore del Centro, «è un importante simbolo dell’amicizia fra Francia e Germania», e la sua restituzione avrebbe un significato più grande dell’oggetto in sé. Il museo diretto da Hansch è stato costruito non lontano dal luogo dove si tenne la famosa battaglia di Verdun, dove l’esercito francese e quello tedesco si affrontarono per quasi un anno durante la Prima guerra mondiale.
Dell’identificazione del quadro si sta occupando Julien Acquatella, un funzionario del Comitato tedesco per la compensazione delle vittime dei saccheggi. Acquatella ha detto a Le Figaro che lo aspetta «un difficile e meticoloso lavoro di indagine», per esempio sul luogo di provenienza del quadro. Al momento si sa solo che Arnold Forner era stato di stanza sia nella zona di Parigi sia in Normandia, una regione che dista circa 500 chilometri dal Centro. Si cercherà anche di trovare gli eredi di Rousseau, per capire se prima del furto il dipinto era ancora di loro proprietà.
Parlando con Le Figaro, Hansch si dice convinto che il mistero del quadro possa essere risolto da «un dettaglio sepolto nella memoria» di uno dei 60mila visitatori annuali del Centro.