La Grecia sta abbandonando centinaia di migranti in mare, segretamente
Più di mille persone sono state portate oltre le sue acque territoriali e lasciate lì, ha raccontato un'inchiesta del New York Times
Negli ultimi mesi la Grecia ha espulso segretamente centinaia di migranti abbandonandoli in mare al di là delle proprie acque territoriali, ha raccontato una dettagliata inchiesta del New York Times. Le espulsioni compiute dal governo greco, illegali secondo le norme del diritto internazionale, sono state almeno 31 da marzo ad oggi e hanno riguardato almeno 1.072 richiedenti asilo. La Grecia aveva già adottato politiche migratorie molto dure nel corso dell’ultimo anno, da quando era diventato primo ministro il conservatore Kyriakos Mitsotakis, ma quello che sta succedendo ora sembra essere senza precedenti.
Il New York Times ha scritto di avere ricostruito le ultime espulsioni via mare tramite le prove raccolte da tre organizzazioni indipendenti e due ricercatori universitari, oltre che dai racconti della Guardia costiera turca. Ha inoltre parlato con alcuni migranti sopravvissuti e ha confermato le testimonianze con diverse foto e video realizzati durante le 31 espulsioni prese in esame.
Secondo l’inchiesta del New York Times, negli ultimi mesi molti migranti già arrivati in territorio greco, e costretti a rimanere per settimane in centri di accoglienza sovraffollati e inadeguati, sono stati messi su imbarcazioni di fortuna, come gommoni di salvataggio, e sono stati lasciati andare alla deriva tra le acque greche e quelle turche; altri sono stati lasciati andare alla deriva dopo che funzionari greci col volto coperto avevano disattivato i motori delle imbarcazioni usate dagli stessi migranti per arrivare in territorio greco. Altri ancora sono stati abbandonati a Ciplak, un’isola disabitata in acque territoriali turche. Molti di loro sono stati poi avvistati dalla Guardia costiera turca, che li ha soccorsi e portati in Turchia.
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Il governo greco ha negato di avere compiuto qualsiasi atto illegale e di essere coinvolto in attività clandestine. Stelios Petsas, portavoce del governo, ha detto: «La Grecia ha precedenti solidi per quanto riguarda il rispetto delle norme internazionali, le convenzioni e i protocolli. Questo include anche il trattamento di rifugiati e migranti». Le ultime notizie e inchieste sul trattamento dei migranti da parte del governo greco sembrano però smentire queste affermazioni.
Le autorità greche sono accusate da anni di intercettare ed espellere i migranti in maniera illegale, quindi senza dare loro la possibilità di fare richiesta di asilo, come prevede il diritto internazionale. Secondo diversi esperti, però, la Grecia avrebbe adottato politiche ancora più dure durante la pandemia da coronavirus, compiendo espulsioni in maniera sistematica e coordinata. Lo scorso marzo, per esempio, il New York Times aveva parlato dell’esistenza di una prigione segreta per migranti, usata dal governo greco per trattenere in maniera illegale e sommaria i richiedenti asilo provenienti dalla Turchia, e per riportarli indietro.
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Il New York Times ha raccontato la storia di Najma al-Khatib, insegnante siriana di 50 anni entrata in Turchia lo scorso novembre insieme ai suoi due figli, di 12 e 14 anni, dopo essere scappata dalla Siria.
Al-Khatib ha detto di avere cercato di raggiungere la Grecia diverse volte: la prima non andò a buon fine per un problema con il trafficante che doveva gestire il viaggio; la seconda fu intercettata dalle forze greche in mare e costretta a tornare in acque turche; la terza riuscì ad arrivare in Grecia ma fu arrestata e portata in una piccola struttura di detenzione vicino alla costa, gestita da una branca della Guardia costiera greca. Il 26 luglio alcuni funzionari greci dissero ad al-Khatib e ad altri detenuti del centro che sarebbero stati portati in un campo profughi di un’altra isola, e poi trasferiti ad Atene. Le cose però andarono diversamente. Agenti greci col volto coperto misero i migranti su due imbarcazioni e li lasciarono al confine con le acque territoriali turche. A bordo c’erano anche due bambini. Il gruppo fu poi soccorso dalla Guardia costiera turca alle 4.30 della mattina successiva.
Al-Khatib ha provato ad arrivare in Grecia una quarta volta, il 6 agosto, ma la sua barca è stata bloccata vicino all’isola di Lesbo da funzionari greci che hanno tolto il carburante e hanno spinto l’imbarcazione verso le acque turche.
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Negli ultimi anni la Grecia, così come l’Italia, si è affidata sempre più ai governi di Turchia e Libia per bloccare i flussi migratori diretti verso l’Europa. Tra il 2015 e il 2016 l’Unione Europea aveva chiuso i confini facendo un accordo con la Turchia affinché impedisse nuove partenze: l’Unione Europea si impegnava a versare 6 miliardi di euro alla Turchia entro il 2019 per gestire l’enorme numero di profughi siriani e altri migranti sul suo territorio, mentre la Turchia garantiva di sorvegliare al meglio la propria frontiera con la Grecia e costruire strutture per ospitare in condizioni idonee i migranti. Nel 2017 il governo italiano aveva firmato un controverso e criticato accordo con il governo libico, di fatto accordandosi con le milizie e gruppi di trafficanti di esseri umani per far sì che i migranti rimanessero nei centri di detenzione libici e non partissero verso le coste italiane.
Quello che ha fatto negli ultimi mesi il governo greco è stato di iniziare a gestire più direttamente il tema dei migranti, occupandosi delle espulsioni illegali. «Le autorità greche stanno usando le attrezzature di soccorso per espellere illegalmente i richiedenti asilo all’interno di un nuovo e più violento modello di respingimenti usato nelle isole del mar Egeo», ha detto Niamh Keady-Tabbal, ricercatrice per il Centro irlandese dei diritti umani e una dei primi esperti a raccogliere prove del fenomeno. Secondo Keady-Tabbal, quello che sta succedendo ora «è completamente senza precedenti».