Cosa succederebbe se Twitter vietasse il porno
È il social network che finora si è dimostrato meno ostile a questi contenuti e ha permesso la normalizzazione di culture e pratiche meno note
Twitter, rispetto ad altri social media, ha sempre avuto politiche più permissive sui contenuti espliciti e pornografici: quelli che a volte vengono chiamati “Not safe for work” (Nsfw), che sarebbe meglio non vedere al lavoro. Questo ha reso Twitter un posto molto importante per l’industria pornografica e, più in generale, per la diffusione e la normalizzazione di culture e pratiche sessuali meno note. Ci sono però molte preoccupazioni per le persone che lavorano all’interno di questo settore che le cose possano cambiare, con conseguenze significative da diversi punti di vista.
Negli ultimi anni, il passaggio dell’industria pornografica dai mercati tradizionali alla rete, l’aumento della concorrenza e il numero sempre minore di clienti paganti, ha portato molti attori, attrici, performer, lavoratori e lavoratrici del sesso e produttori a sfruttare i social network non solo per la promozione di sé o dei propri contenuti ma anche per trovare canali alternativi di fruizione. Questo ha favorito, tra l’altro, l’espansione di un mercato indipendente e più sicuro, senza pagamenti di commissioni elevate a manager o a parti terze. Secondo molte e molti, poi, la possibilità di raggiungere – attraverso piattaforme molto popolari – un pubblico più ampio ha contribuito a mettere al centro della discussione questioni come quelle dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici del sesso.
Come racconta in un lungo articolo Mashable, da circa cinque anni Twitter è la piattaforma di social media più importante per il mondo del porno o quella che, perlomeno, si è dimostrata meno ostile: sia al porno che alle discussioni e alle raffigurazioni che hanno a che fare con il sesso e la sessualità in generale. E questo a differenza di Facebook, di Instagram e anche di Snapchat, applicazione basata su comunicazioni temporanee e proprio per questo fin da subito utilizzata per inviare immagini a contenuto sessuale. La maggior parte di queste piattaforme, dicono esperti del settore, ma anche educatori ed educatrici sessuali, applicano le loro regole in maniera eccessivamente zelante censurando contenuti o persone anche quando «giocano secondo le regole»: «Ogni anno, assistiamo a sempre maggiori discriminazioni nei confronti delle lavoratrici del sesso su tutte le principali piattaforme di social media», ha spiegato a Mashable Tony Rios, presidente della società di produzione AVN che lavora nel settore dell’intrattenimento per adulti. Nel 2018, inoltre, Tumblr, popolare piattaforma di microblog, aveva cambiato le proprie regole e rimosso tutti i contenuti pornografici e “per adulti”.
Twitter, invece, ha lavorato in un’altra direzione: ha aumentato le misure di protezione contro abusi e spam, ma senza che questo (almeno in teoria) portasse a problemi sistematici per account porno conformi alle norme di utilizzo e diventando dunque, per il settore, una specie di spazio di libertà. Proprio per questo motivo, spiega Mashable, ogni volta che Twitter dice o fa qualcosa di vagamente correlato a contenuti o a discorsi di natura sessuale, «nel settore nascono panico e sospetto».
Nel settembre del 2019, ad esempio, su Twitter numerosi account di sex workers erano stati limitati o bloccati, nonostante non avessero violato le condizioni d’uso del social network. Agli utenti coinvolti erano arrivati degli avvisi nei quali si richiedeva la conferma di non essere dei bot (quindi degli account automatici) e la verifica del numero di telefono per ottenere nuovamente l’accesso e la piena operatività dell’account. In quell’occasione, un portavoce della società aveva assicurato che non era in atto alcuna modifica di fondo nelle regole del social e che i profili in questione potevano essere stati sospettati di essere degli spam-bot. Ma intorno all’episodio erano già cresciuti dibattiti e timori sul possibile divieto del porno anche su Twitter.
Alla fine del 2019, poi, Twitter aveva annunciato che avrebbe aggiornato la sua policy per bannare contenuti in cui apparivano condotte sessuali violente. Da molti la limitazione era stata interpretata con preoccupazione perché poteva essere applicata anche a immagini o a contenuti di pratiche sessuali alternative, ma comunque consensuali. Questa regola, così come le altre attualmente in vigore su Twitter, è poi secondo alcuni troppo vaga e di conseguenza applicabile in modo arbitrario. Ci sono infine molte preoccupazioni rispetto al tema dello “shadow ban”, azione di moderazione che consente di nascondere un determinato utente da una comunità online, oppure di rendere invisibili ad altri utenti i contenuti da lui pubblicati.
Twitter nega di usare questa pratica ma diverse persone che lavorano nel settore del porno sostengono il contrario e dicono che lo “shadow ban” venga applicato soprattutto agli account che diffondono contenuti per adulti. In generale sostengono che, nonostante le norme sui contenuti sensibili di Twitter nascano da obiettivi comprensibili e condivisibili, queste stesse limitazioni possano creare un precedente per future censure o divieti più arbitrari e insidiosi.
Se questo accadesse, moltissimi utenti e professionisti che pubblicano contenuti “not safe for work” potrebbero decidere di trasferirsi su nuove piattaforme per adulti e più di nicchia, sostituendo parzialmente o completamente Twitter. Ma nessuno di questi nuovi strumenti, dice Mashable, potrebbe sostituire davvero Twitter. La maggior parte dei consumatori potrebbe poi non volere degli account su piattaforme “dedicate”.
Se uno spazio di così vasta portata e socialmente accettabile qual è Twitter dovesse iniziare a eliminare sistematicamente o a limitare i contenuti o gli account per adulti, questo non avrebbe conseguenze solo sul mondo del porno. Mike Stabile, della Free Speech Coalition – associazione statunitense dell’industria della pornografia e dell’intrattenimento per adulti che lavora contro la censura – sostiene che l’industria porno ha sempre funzionato come un apripista: per affrontare questioni più estese che hanno a che fare con la sessualità, i diritti delle persone LGBTQ o la normalizzazione di alcune pratiche. Tra il reprimere il porno e dichiarare come oscene tutta una serie di altre questioni non ci sarebbe insomma un grande salto.
Per ora, tutto questo sembra essere solo un timore. Twitter ha sempre reso esplicito il proprio impegno per la libertà di parola e per ora non sembra avere alcun interesse a rinunciarvi. Nell’ultimo rapporto sulla trasparenza, in cui espone le proprie priorità, i propri valori e le proprie principali preoccupazioni, l’azienda ha messo in primo piano questioni come l’abuso, l’incitamento all’odio e il terrorismo. Ma non ha fatto alcun riferimento ai contenuti per adulti.