I marshmallow vengono da una pianta

E anche se molti li considerano un dolcetto americano furono inventati dai francesi: all'inizio erano simili a meringhe

(Vince Talotta/The Toronto Star via ZUMA Wire / ANSA)
(Vince Talotta/The Toronto Star via ZUMA Wire / ANSA)

I marshmallow, che in italiano sono chiamati anche toffolette o cotone dolce, sono dolcetti soffici e gelatinosi, popolarissimi dagli Stati Uniti dove vengono mangiati come vediamo fare talvolta ai personaggi di film, libri, cartoni e serie tv: spesso crudi, a volte inzuppati nella cioccolata calda o abbrustoliti, più spesso sul fornello di casa che su rametti attorno al fuoco come fanno Snoopy, Woodstock e altri dei Peanuts (tra l’altro, il nome di toffolette venne inventato dal traduttore della striscia Franco Cavallone).

Dal Post © Peanuts Worldwide LLC/distributed by Universal Uclick/ILPA

Anche se associati all’America e alla produzione industriale, i marshmallow venivano originariamente fatti con una pianta, che in inglese ha lo stesso nome dei dolci: la althaea officinalis, chiamata in italiano altea comune. Fa parte della famiglia delle malvacee, ha fiori con cinque petali a forma di cuore e dal color rosa tenue (malva, appunto) e cresce lungo i fossati, gli argini dei fiumi e le paludi. Altri suoi nomi – scrive Ottaviano Targioni Tozzetti nel Dizionario botanico italiano del 1858 – sono altea, benefischi, bismalva, erba che fa pisciare i bovi, ibisco, malvaccioni, malvarina, malvavischio.

L’altea, diffusa in mezza Asia ed Europa, venne usata per la prima volta come dolce nell’Antico Egitto, 4000 anni fa. Le radici venivano fatte bollire per estrarne il succo, poi mescolato a miele e noci: era destinato a faraoni, nobili e dei e si credeva avesse proprietà curative, soprattutto contro la tosse e il mal di gola.

Altea comune
(Wikimedia)

Anche i Greci e i Romani continuarono a usare il succo delle radici della malva per curare gli stessi dolori e per far guarire più velocemente le ferite, mentre gli Arabi macinavano le foglie in un impiastro antinfiammatorio. Nel XV e XVI secolo, poi, la linfa della pianta era usata contro il mal di denti, la tosse, le indigestioni e la diarrea.

Nell’Ottocento i produttori di dolciumi francesi prepararono una prima forma artigianale di marshmallow, che chiamarono pâte de guimauve. Era fatto mescolando il succo delle radici con zucchero e albume d’uovo, con un risultato che ricordava un po’ le meringhe ed era venduto in barrette, di cui venivano decantate le proprietà benefiche. Era assai richiesta – già nel 1779 il marchese De Sade chiedeva alla moglie di comprargliene «ancora un panetto» – ma gli ingredienti non erano facili da trovare, e la produzione era fatta interamente a mano e richiedeva uno o due giorni. Nella seconda metà del secolo, i francesi inventarono dei macchinari per automatizzare parzialmente la produzione della guimauve, che consentivano di deporre la crema in stampini di amido di mais, usato anche come addensante. Inoltre sostituirono il succo di altea con la gelatina, più economica e reperibile, e aromatizzarono il tutto con l’acqua di rose. La guimauve divenne più accessibile e diffusa.

A fine secolo il dolce arrivò negli Stati Uniti, dove le originarie proprietà curative furono riproposte con l’invenzione di una crema di marshmallow per il viso. Si diffuse comunque anche come dolcetto e il Manuale americano delle ragazze scout del 1927 riporta la ricetta del “Some More”, oggi chiamato s’more: bisognava tostare due marshmallow sulle braci fino a renderli croccanti e poi infilarli in due cracker integrali, spalmati di cioccolata. Insieme alle toffolette abbrustolite è diventato il modo tradizionale americano di gustare i marshallow durante le scampagnate e i campi scout.

I marshmallow divennero un prodotto di massa dopo il 1954, quando il greco-americano Alex Doumak, che li produceva dagli anni Venti, brevettò il processo di estrusione permettendo di produrli in modo interamente industriale e di accorciare enormemente i tempi, da 24 ore a un’ora per toffoletta. Da allora la preparazione non è cambiata molto: acqua, zucchero e sciroppo di mais vengono cotti in enormi bollitori e poi fatti raffreddare; si aggiunge la gelatina, l’aria e un agente per montare la pasta e renderla soffice. Il composto viene nuovamente raffreddato, spinto in lunghi tubi, fatto fuoriuscire su un nastro trasportatore, tagliato e confezionato.

I marshmallow, che prima erano dolciumi rari e costosi, divennero così un dolcetto per il consumo quotidiano, la base per torte e altre ricette e i protagonisti del più noto esperimento per studiare la capacità di autocontrollo dei bambini, condotto da Walter Mischel negli anni Sessanta.

Tra i prodotti a base di marshmallow, vanno ricordati i Peeps, poco conosciuti in Italia, che sono marshmallow a forma di pulcini, inventati nel 1954 dall’azienda Just Born. Nel periodo di Pasqua, negli Stati Uniti, ne vengono mangiati più di 700 milioni (nel frattempo è nata anche la versione a forma di coniglietto).

Oggi le più importanti aziende produttrici di marshmallow sono Favorite Brands International (che lavora per Kraft), Doumak, Inc. e Kidd & Company: insieme producono circa 40mila tonnellate di marshmallow all’anno. Ultimamente, sono nate anche versioni vegetariane (la normale gelatina è ottenuta da tessuti connettivi degli animali) e artigianali, e si sta diffondendo la moda di farli in casa: se con il pane avete rinunciato, potete provare con i marshmallow, seguendo una delle tante ricette online.