Il Museo Rodin venderà alcune copie delle opere, pur di sopravvivere
Saranno sculture realizzate a partire dagli stampi lasciati dallo stesso Rodin, e quindi considerate legalmente originali
Per sopravvivere alla crisi dovuta alla pandemia da coronavirus, il Museo Rodin di Parigi venderà alcune copie di opere dell’artista da cui prende il nome, Auguste Rodin. Non sono opere della collezione del museo ― che rimarranno al loro posto ― ma copie che verranno realizzate con gli stampi in gesso che lo stesso Rodin lasciò al museo quando morì: oltre 100 stampi che possono essere usati per realizzare fino a un massimo di 12 sculture ciascuna (compresa quella dell’artista) e che verranno vendute a prezzi che vanno da 30mila a decine di milioni di euro.
La direttrice della comunicazione del museo, Clémence Goldberger, ha spiegato che gli stampi sono lo strumento che Rodin lasciò al museo per far sì che sopravvivesse economicamente. L’idea di replicare le opere di Rodin non è nuova: basta pensare alla sua statua più famosa, il Pensatore, la cui prima versione si trova nei giardini del museo ma che ha molte copie in tutto il mondo, alcune fatte con lo stampo di Rodin, altre sotto la sua supervisione.
Nei paesi in cui le restrizioni per limitare la diffusione del coronavirus sono state più rigide, i musei sono stati chiusi per diversi mesi con perdite economiche enormi. Anche ora che molti hanno riaperto, l’affluenza di visitatori è comunque bassa, perché c’è meno turismo e gli ingressi devono essere contingentati. Solo per citare alcuni tra i musei più famosi al mondo, il Louvre di Parigi ha perso in quattro mesi di chiusura 40 milioni di euro e il Metropolitan Museum of Art di New York ha calcolato che alla fine dell’anno la perdita sarà di circa 150 milioni di dollari.
Il Museo Rodin, che è stato chiuso per quattro mesi e ha riaperto al pubblico i primi di luglio, ha calcolato che le perdite nel 2020 ammonteranno a circa 3 milioni di euro. Alle perdite dovute al periodo di chiusura, si sommano anche quelle dovute al calo degli ingressi giornalieri: nel 2019 solo i visitatori provenienti dagli Stati Uniti, che quest’anno saranno pochissimi, costituivano un quarto dei biglietti venduti.
Quando morì, nel 1917, Rodin lasciò al museo tutte le sue opere e tutti gli stampi in gesso che aveva utilizzato per realizzare le sculture, con l’autorizzazione a usarli per realizzare e vendere fino a un massimo di 12 sculture l’uno. Secondo la direttrice del museo Catherine Chevillot, Rodin non ha preso questa decisione per caso: «penso che volesse essere sicuro che il museo sopravvivesse e fosse indipendente». Anche se dal 1911 appartiene allo stato francese, infatti, il Museo Rodin non riceve finanziamenti statali.
Fino a oggi il museo ha usato gli stampi solo per realizzare un numero limitato di opere, ma in alcuni casi, come per il Pensatore, il numero massimo per stampo è già stato raggiunto. Il dibattito sull’originalità delle sculture che vengono realizzate con gli stampi di Rodin è aperto: da un punto di vista legale le opere vanno considerate “originali”, perché rientrano nel numero autorizzato dall’artista stesso. Alcuni critici fanno però notare il paradosso di considerare originali sculture fatte più di un secolo dopo la morte dell’artista.
Su questo tema, Patrick Crowley, curatore del Cantor Arts Center dell’università di Stanford in California, dove si trova una delle più vaste collezioni di opere di Rodin dopo quella di Parigi, ha detto:
Rodin non è certamente il primo o l’unico artista a ritrovarsi coinvolto in un garbuglio così fitto di questioni giuridiche e persino filosofiche su cosa renda un’opera “originale”, ma è probabilmente il più conosciuto e complesso. In effetti, Rodin stesso riconosceva l’importanza di implementare un simile modello per garantire la propria eredità anche dopo la morte. Una conseguenza di questo che è diventata particolarmente evidente nella scia della pandemia è come la sua eredità si sia trasformata efficacemente in un robusto modello finanziario.