Cosa farà Aboubakar Soumahoro?
Sindacalista di base di origini ivoriane, in questi anni ha trovato sempre più spazio e visibilità su giornali e tv, e da qualche giorno ha fondato un movimento
Qualche giorno fa Aboubakar Soumahoro, noto attivista che da anni lavora per cambiare le condizioni delle persone migranti e dei lavoratori sfruttati, ha lasciato l’USB, l’Unione Sindacale di Base, e ha annunciato la nascita di un nuovo movimento, la “Lega dei braccianti”. L’ha fatto scegliendo l’anniversario della nascita di Giuseppe Di Vittorio, storico segretario della CGIL che per Aboubakar Soumahoro rappresenta un riferimento: lo cita spessissimo, e con non pochi malumori da parte della CGIL. La scelta di Soumahoro e la sua recente cresciuta notorietà ha fatto nascere alcune discussioni sul suo futuro e sulla possibilità di un impegno diretto in politica.
Aboubakar Soumahoro ha da poco compiuto 40 anni, è nato a Bétroulilié in Costa d’Avorio ed è arrivato in Italia nel 1999, quando aveva 19 anni. Ha vissuto in provincia di Milano e poi a Napoli, ha avuto un visto ma è rimasto in Italia anche dopo la scadenza del suo visto, e ha cominciato a frequentare associazioni locali che organizzavano momenti di informazione per persone migranti, svolgendo nel frattempo molti lavori diversi. «Io, all’epoca facevo il muratore», ha raccontato. «L’ho fatto per tanti anni. Quando ero a Napoli, si faceva la solita trafila: si andava sul posto di lavoro di primo mattino, si aspettava il caporale, insieme a noi migranti c’erano anche altri muratori italiani che aspettavano le proposte di lavoro, i turni, ecc.», ha detto in un’intervista di qualche anno fa.
Un momento significativo fu per lui la partecipazione a una grande manifestazione antirazzista a Roma, che lo portò a incontrare migranti e soprattutto studenti e a dare inizio alla sua militanza, portata avanti parallelamente agli studi all’università: nel 2010 si è laureato in Sociologia all’Università Federico II con una tesi sull’analisi sociale del mercato del lavoro e sulla condizione dei lavoratori migranti in Italia.
All’inizio degli anni Duemila Aboubakar Soumahoro partecipò alla creazione di un “ambulatorio medico popolare”, contribuendo anche a creare un comitato di migranti e riuscendo a portare la questione della condizione lavorativa e della contrapposizione alla frammentazione dei lavoratori in generale al centro del sindacato più conflittuale e indipendente: prima nella componente RdB, Federazione delle rappresentanze sindacali di base, e poi dal 2010 nell’Unione Sindacale di Base (USB): «Vorremmo mettere insieme ai migranti gli studenti con le loro problematiche legate al diritto alla casa per i fuori sede che affrontano il problema degli affitti in condizioni simili a quelle dei migranti. Anche sulla questione del welfare o degli ammortizzatori sociali dobbiamo evitare la catena perversa della “guerra fra poveri”, avvicinare fra loro le famiglie e, come dice lo slogan USB, connettere le lotte. Vorrei davvero vedere come reagirebbe il sistema Italia ad uno sciopero di tutti i lavoratori domestici», diceva nel 2010. Dieci anni dopo, dice che il principio che lo muove è ancora questo: «Mettere insieme le lotte in modo collettivo e organizzato», ha spiegato in una recente diretta Facebook parlando poi di diritti e di diritto alla felicità.
Fino a quel momento, Aboubakar Soumahoro era rimasto una figura poco conosciuta al di fuori di un certo mondo. Il 2 giugno del 2018 l’uccisione del sindacalista dell’USB Soumaila Sacko nella piana di Gioia Tauro riportò al centro della discussione nazionale – e per la prima volta dalla rivolta di Rosarno del 2010 – la questione del lavoro nero nei campi, dando inizio a una serie di mobilitazioni in tutto il paese di cui Soumahoro fu la voce principale.
Fu in quel momento che Soumahoro trovò l’appoggio del settimanale l’Espresso e sempre più spazio in tv, a partire dalla trasmissione Propaganda Live. Soumahoro dice cose di sinistra in modo comprensibile, e con una solida cultura politica (fa moltissime citazioni, come dimostra anche il suo libro Umanità in rivolta). Secondo alcuni, però, nel tempo si sarebbe spostato su posizioni sempre più moderate (si cita spesso il suo presunto avvicinamento alle “sardine”) e il suo abbandono dell’USB è stato accompagnato da varie accuse di “protagonismo” personale (qualche settimana fa avrebbe incontrato la ministra dell’Interno Lamorgese senza condividere la decisione con l’organizzazione sindacale di cui ancora faceva parte).
Durante la pandemia di COVID-19, Aboubakar Soumahoro si è fatto promotore di una serie di iniziative e di raccolte fondi autonome, per comprare beni di prima necessità e mascherine per i braccianti; il 21 maggio ha indetto il cosiddetto “Sciopero degli Invisibili”, a cui hanno partecipato lavoratori dei campi ma anche consumatori e consumatrici che non hanno acquistato frutta e verdura dai supermercati, cioè dalla grande distribuzione che, dice Soumahoro, imponendo prezzi e condizioni di acquisto dei prodotti favorisce lo sfruttamento.
Il 16 giugno, in pieno dibattito sulla regolarizzazione delle persone migranti, era stata molto raccontata la sua protesta vicino a Villa Pamphilj, a Roma, dove erano in corso gli “Stati generali dell’economia”, una serie di incontri organizzati dal governo tra il governo stesso, istituzioni internazionali, sindacati e associazioni di categoria. Accompagnato da altri attivisti del sindacato, Aboubakar Soumahoro si era incatenato e aveva iniziato uno sciopero della fame e della sete, chiedendo al presidente del Consiglio Giuseppe Conte di essere ascoltato. Alla fine, dopo oltre otto ore di presidio, era stato ricevuto da Conte alla presenza del ministro dell’Economia Gualtieri e della ministra del Lavoro Catalfo e aveva presentato loro tre richieste in particolare: una riforma della filiera agricola, un “piano nazionale emergenza lavoro” e una modifica delle politiche migratorie.
Il 5 luglio 2020 aveva infine organizzato in piazza San Giovanni, a Roma, gli “Stati Popolari”, con l’obiettivo di dare voce e unire diverse istanze: di giovani, precari, disoccupati e sfruttati. Alla fine degli interventi, Aboubakar Soumahoro aveva sintetizzato i punti emersi dalla piazza in un Manifesto che sarà completato nei prossimi mesi. Poco dopo aveva lasciato l’USB. Per spiegare la scelta, in una diretta Facebook, ha citato Neruda dicendo che è stata il risultato di «lunghe meditazioni», ha detto di non aver rinunciato a un salario per un altro salario, e di non aver abbandonato «una sedia per una poltrona».