Non abbiamo mai visto i cuccioli degli squali balena
Né sappiamo come si riproducano questi squali lunghi in media una decina di metri e del tutto innocui per gli esseri umani
Ci sono molte cose che ancora non sappiamo degli oceani e delle creature che ci vivono. Sono ambienti talmente vasti e profondi che anche animali molto grandi, lunghi una decina di metri, sono difficili da seguire e studiare: degli squali balena, i pesci più grandi del mondo, non sappiamo come si riproducono e non abbiamo mai visto esemplari nati da poco. Cercare di scoprirlo però è importante per capire come fare a salvaguardarli, dato che sono a rischio di estinzione.
Gli squali balena (Rhincodon typus) sono la specie di squali più grande che esista attualmente ma sono molto diversi dalla più comune idea di squalo che abbiamo. Sono la cosa più vicina a uno squalo vegetariano che esista: mangiano quasi solo plancton e piccoli pesci. Hanno 300 file di piccoli denti ma non li usano. Come alcune specie di balene si alimentano filtrando l’acqua: ne ingeriscono grandi quantità, ad esempio nuotando con la bocca aperta, e prima di espellerla attraverso le branchie trattengono tutti i piccoli animali che contiene grazie a strutture simili a un setaccio.
Lunghi in media 9,8 metri, sono bianchi sul ventre e scuri a pois bianchi sul dorso. Nuotano anche molto lentamente e sono del tutto innocui per gli esseri umani, tanto che in giro per il mondo è possibile partecipare a escursioni subacquee – facendo anche solo snorkeling, cioè nuotando con maschera e boccaglio vicino alla superficie – per vederli da vicino. Vivono in tutti gli oceani tropicali e temperati (nel mar Mediterraneo no) e si spostano moltissimo. Tendenzialmente stanno vicino alla superficie, dove c’è più cibo, ma possono scendere a grandi profondità. Un esemplare femmina, a cui era stato attaccato un trasmettitore satellitare, ha percorso più di 20mila chilometri nel Pacifico nel giro di due anni e tre mesi, dalle coste vicino a Panama, nell’America centrale, fino alla Fossa delle Marianne, il punto più profondo degli oceani, che si trova tra Giappone, Filippine e Nuova Guinea.
Nel 2016 sono stati messi tra le specie a rischio di estinzione nella lista rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), che compila un ampio e autorevole database di informazioni sullo stato di conservazione delle specie animali e vegetali: alcuni metodi di pesca oceanica ne mettono a rischio la sopravvivenza, dato che finiscono catturati per errore, e anche il commercio di pinne di squalo, un ingrediente della cucina cinese tradizionale, ne ha fatto diminuire il numero.
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Per poter salvaguardare gli squali balena, oltre a cercare di limitare i comportamenti umani che li danneggiano, servirebbe sapere come e dove si accoppiano e come passano il primo periodo della propria vita, tutte cose ancora misteriose per i biologi. L’unica cosa che sappiamo per certo riguardo alla riproduzione degli squali balena è che, come la maggior parte delle specie di squali, sono ovivipari, cioè non depongono le uova come fanno generalmente i pesci, ma partoriscono cuccioli autonomi dopo che questi sono cresciuti nel corpo delle madri mangiando il proprio uovo. Lo sappiamo perché in esemplari di squali femmine pescati per errore sono stati trovati piccoli a diversi stadi di sviluppo. Gli squali balena vivi più piccoli che si trovano in giro sono lunghi dai 3 ai 4 metri: pensiamo che quando nascono siano lunghi dai 45 ai 60 centimetri, ma non abbiamo idea di dove vivano nel periodo di crescita intermedio.
Uno dei posti del mondo in cui si sta cercando di saperne di più, ha raccontato di recente il Guardian, sono le Galápagos, l’arcipelago dell’Ecuador noto per la sua grande biodiversità e per aver aiutato Charles Darwin a formulare la teoria dell’evoluzione. Sono anche una delle zone costiere del mondo dove sono stati osservati raduni di squali balena. Solitamente gli esemplari di questi raggruppamenti sono giovani maschi ma attorno alle Galápagos, si è reso conto il gruppo di ricerca “Galapagos Whale Shark Project”, gli squali balena avvistati sono quasi tutti femmine. In trent’anni di osservazioni il naturalista Jonathan R. Green, direttore del gruppo di ricerca, ha visto solo quattro maschi di squali balena, pari solo allo 0,2 per cento di tutti gli avvistamenti. Alcune sembravano avere il ventre rigonfio. Questo ha fatto nascere il sospetto che le acque attorno all’arcipelago siano usate dagli squali balena per far nascere i propri piccoli.
Per verificare quest’ipotesi, nel 2018 gli scienziati del “Galapagos Whale Shark Project” hanno cominciato a fare le prime ecografie su squali balena in natura: cioè si sono immersi vicino agli squali e si sono avvicinati in modo da passare una sonda posta su un’asta su varie parti del loro ventre. Era già stato fatto in alcuni grandi acquari dove sono presenti degli esemplari giovani (quindi lontani dalla maturità sessuale e dalla lunghezza di 9 metri, che si pensa raggiungano intorno ai 30 anni) di squalo balena, ma mai nell’oceano. I ricercatori hanno sottoposto alla procedura 16 femmine e sono riusciti ad attaccare dei trasmettitori satellitari a 9 esemplari, per poter seguire i loro spostamenti.
Finora tuttavia i risultati delle ricerche non sono stati conclusivi: sono state ottenute delle immagini delle ovaie degli squali balena, ma non è stato possibile confermare o meno che fossero incinte. Del resto non è stato facile capire esattamente dove far passare le sonde per le ecografie sulle lunghe pance degli squali. Grazie ai trasmettitori però è stato possibile scoprire che gli squali balena possono scendere oltre i duemila metri di profondità (quella massima da cui i dispositivi possono rimandare un segnale): perché lo facciano è un’altra delle cose che non ci spieghiamo sugli squali balena, dato che il plancton si trova soprattutto vicino alla superficie e apparentemente le profondità oceaniche non dovrebbero fornire né maggiore protezione dagli altri animali né condizioni adatte per far nascere i piccoli. «Ogni volta che otteniamo nuovi dati interessanti, arriva una nuova serie di domande», ha commentato Green.
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Alcune delle ipotesi sulla riproduzione degli squali balena sono state formulate a partire da osservazioni casuali fatte da pescatori e piloti. Ad esempio nel 1995 l’equipaggio di un peschereccio di Taiwan catturò una femmina di squalo balena e aprendone il cadavere trovò più di 300 piccoli a diversi stadi di sviluppo: le analisi scientifiche fatte in seguito appurarono che almeno 29 dei piccoli avevano lo stesso padre. Per questo si pensa che le femmine di squalo balena possano conservare molto a lungo lo sperma ottenuto con gli accoppiamenti e usarlo per fertilizzare le proprie uova in determinate circostanze.
Vicino all’isola di Sant’Elena, che si trova nel sud dell’oceano Atlantico ed è uno dei pochi posti al mondo in cui esemplari maschi e femmine di squali balena sono stati visti in proporzioni simili, è stato osservato per due volte, da due persone diverse, quello che si ritiene essere il rituale di accoppiamento degli squali balena: un maschio e una femmina che si girano intorno fino a mettersi entrambi in posizione verticale, ventre contro ventre, e poi la femmina che ritorna in orizzontale e il maschio che le resta sotto. Nessuna di queste osservazioni è stata filmata, per questo per il momento non si possono trarre conclusioni scientificamente fondate a partire dai due aneddoti. Scienziati di tutto il mondo però stanno lavorando perché ne possiamo sapere di più.
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