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  • Lunedì 3 agosto 2020

Come aiutare le piccole e medie imprese a superare la pandemia

In Italia sono molte e molto importanti: Banca Ifis ha studiato come stanno le cose e si è data da fare per le loro nuove esigenze

(ANSA/MASSIMO PERCOSSI)
(ANSA/MASSIMO PERCOSSI)

Secondo un’analisi del Fondo Monetario Internazionale, a causa della pandemia di COVID-19 e in assenza di interventi a sostegno dell’economia il tasso di fallimento delle piccole e medie imprese potrebbe triplicare nel corso del 2020, dal 4 al 12 per cento.

L’Italia è uno dei paesi europei con il maggior numero di piccole e medie imprese, ha in particolare un grandissimo numero di microimprese: tra i 17 paesi presi in considerazione dall’analisi del FMI, è quello dove il tasso di fallimento di queste aziende sarebbe più alto, per diminuzione della domanda e per l’alta percentuale di ambienti di produzione in cui i lavoratori stanno a stretto contatto. Più un’azienda è piccola infatti, più è esposta al fallimento, perché è più difficile che riceva prestiti per riuscire a resistere nei periodi di difficoltà.

Di forme di sostegno pubblico alle imprese però ce ne sono state e ce ne saranno. Le prime sono state introdotte a fine marzo con il cosiddetto decreto “Cura Italia”, poi trasformato in legge. Con il “Cura Italia” lo stato ha offerto nuove garanzie pubbliche sui prestiti richiesti dalle imprese in difficoltà e ha dato la possibilità a ogni impresa di ricevere fino a 5 milioni di euro in garanzie dal Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese. Poi è arrivato il decreto “Rilancio”, con cui sono stati previsti anche gli aiuti a fondo perduto. Prossimamente arriveranno i fondi per la ripresa europei. Intanto è stato ed è fondamentale il ruolo delle banche, cioè chi in effetti concede i prestiti alle imprese.

Banca Ifis, banca italiana fondata nel 1983 e quotata alla Borsa di Milano dal 2003, ha ricevuto 20.100 richieste di prestiti e moratorie sui pagamenti dopo l’entrata in vigore del “Cura Italia” e ne ha approvate il 96,6 per cento. Di queste, più di duemila richieste sono state approvate anche se non rientravano nei parametri fissati dal “Cura Italia” e dall’Associazione bancaria italiana (ABI), perché Banca Ifis ha deciso di adottare criteri meno stringenti.

In questi mesi inoltre Banca Ifis, in collaborazione con il dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e con il dipartimento di Scienze economiche e aziendali dell’Università di Padova, ha realizzato un’analisi della situazione delle piccole e medie imprese italiane, della loro reazione alla pandemia e delle loro necessità per i prossimi mesi.

L’indagine di Banca Ifis
Si è svolta tra febbraio e maggio ed è stata fatta con la tecnica del web listening, cioè usando strumenti che sono in grado di analizzare conversazioni online pubbliche a proposito di un tema prescelto. Sono così state prese in considerazione 780mila conversazioni di 460mila utenti. L’indagine è poi stata approfondita grazie alle interviste, condotte di persona, con 37 titolari di piccole imprese, scelte tra quelle che secondo i bilanci registrati hanno 7 milioni di euro di ricavi annuali medi negli ultimi anni. Sono tutte aziende che prima della crisi sanitaria avevano ritorni sul capitale investito da due a tre volte sopra la media.

Lo studio ha in parte confermato effetti della pandemia già noti, ad esempio che a seconda del settore considerato le ripercussioni della sospensione delle attività e delle altre difficoltà degli ultimi mesi sono state diverse. Le aziende tecnologiche, chimiche e farmaceutiche sono andate bene, e anche quelle meccaniche se la sono cavata, mentre i settori dell’arredamento, della moda, delle costruzioni e delle automobili stanno vivendo un periodo di crisi: la domanda dei loro prodotti è calata con i cambiamenti nelle abitudini quotidiane delle persone, e sono stati cancellati alcuni importanti eventi di promozione, come il Salone del Mobile. Tra le aziende che lavorano soprattutto con altri paesi e quelle che invece vendono prevalentemente in Italia, le prime sono state favorite, e infatti hanno chiesto meno sostegno finanziario.

Secondo Banca Ifis le aziende che riusciranno meglio a uscire dalla crisi sono quelle che saranno in grado di adattarsi al nuovo contesto, cambiando il proprio business model: il 76 per cento delle piccole imprese di maggiore successo intervistate ha cominciato a farlo già durante i mesi delle restrizioni agli spostamenti. Nonostante le difficoltà hanno continuato a fare investimenti, ad esempio creando nuovi canali di distribuzione o sviluppando nuovi prodotti. Molte hanno cominciato a usare l’e-commerce, o hanno cambiato il modo in cui lo facevano, per rispondere meglio alla domanda di potenziali clienti ed essere più raggiungibili, anche senza intermediari.

Anche continuare a investire per essere più pronti al nuovo contesto socio-economico è importante. L’82 per cento delle piccole e medie imprese considerate nello studio di Banca Ifis lo ha fatto anche nel periodo delle restrizioni: in alcuni casi investendo sui servizi per comunicare con dipendenti e clienti a distanza; in altri casi anche nella produzione, ad esempio aumentando l’uso di robot. Solo le imprese della moda, secondo il sondaggio, hanno investito in misura minore.

Tra i clienti di Banca Ifis ci sono varie aziende che hanno fatto investimenti cercando di rispondere anche alle necessità legate alla crisi sanitaria. Ad esempio SOM, una piccola azienda siciliana che produce bombole per uso medico, ha chiesto un finanziamento per ampliare la propria produzione di ossigeno medicale per l’assistenza domiciliare. Pulizia e dintorni, un’altra piccola azienda, marchigiana, che offre servizi di sanificazione, ha chiesto un leasing per acquistare un pick-up attrezzato per adattare i propri metodi all’emergenza sanitaria.

Cosa ha fatto Banca Ifis per le piccole e medie imprese
Banca Ifis ha reagito alla situazione di crisi, non solo nei confronti dei propri dipendenti, ma anche dei propri clienti, imprese comprese. Ha spiegato che, oltre ad aderire alle disposizioni e misure del governo a sostegno delle aziende, ha messo a disposizione una serie di iniziative aggiuntive, accelerando i propri investimenti tecnologici per gestire tutte le richieste dei clienti da remoto, concludendo contratti grazie alla firma digitale e allo scambio di documenti con la posta elettronica certificata. Per rendere più efficiente il processo di erogazione di crediti garantiti ha creato una piattaforma digitale apposita.

Nella prima fase della crisi sanitaria, Banca Ifis ha offerto linee di credito dedicate, a condizioni di particolare favore, alle imprese che hanno convertito parte delle proprie linee produttive per realizzare dispositivi sanitari: dalle mascherine e dai gel igienizzanti al più complesso materiale tecnico per la Protezione Civile e ai componenti di macchinari per l’ossigenazione dei malati. Ad esempio, l’azienda campana GP Industry, che si occupa di abbigliamento e ha 20 dipendenti, ha chiesto e ottenuto un finanziamento per adeguare il proprio stabilimento alle nuove normative sanitarie e riconvertire parte della produzione alla realizzazione di mascherine e camici monouso.

Per le farmacie ha previsto finanziamenti speciali, rimborsabili fino a 18 mesi, in caso di temporanea ed eventuale chiusura dovuta all’epidemia: questi finanziamenti sono calcolati sulla base dei giorni di chiusura, fino a un massimo di 30 giorni, e sulla media dei fatturati dei tre mesi precedenti.

Per venire incontro ai clienti che avevano stipulato leasing o mutui, invece, ha aderito a una moratoria sui pagamenti in accordo con ABI e ha scelto di adottare criteri più larghi per decidere a quali clienti concedere questa forma di sostegno. Invece per le aziende a cui offre servizi di factoring, cioè quelle da cui “acquista” crediti non saldati da altre aziende, ha dato la disponibilità ad anticipare fino al 100 per cento (invece che all’80 per cento di media) dei crediti in essere. Per le aziende debitrici coinvolte nel processo invece ha dato la disponibilità a concedere eventuali dilazioni di pagamento, fino a un massimo di 60 giorni.

Con la fase 2, Banca Ifis ha cercato di fornire nuovi servizi alle imprese con cui lavora. Ad esempio ha introdotto un servizio di leasing finanziario o noleggio per permettere alle aziende di dotarsi di termoscanner e di apparecchiature per la depurazione e filtrazione dell’aria, importanti per garantire condizioni sanitarie adeguate nei luoghi di lavoro.

Il 5 giugno ha firmato una convenzione con Veneto Sviluppo e la Regione Veneto per la concessione di finanziamenti agevolati alle imprese venete bisognose di liquidità, e il 20 luglio un accordo da 50 milioni di euro con la Banca Europea per gli Investimenti (BEI) per finanziare progetti di investimento delle piccole e medie imprese di tutti i settori a tassi vantaggiosi.

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