Le cose che si trovano nel fango del Tamigi
Cercare oggetti preziosi e reperti sulle rive del fiume di Londra era un lavoro per i più poveri: oggi è diventato un passatempo per molti appassionati
Delle volte anche le rive fangose di un fiume possono essere interessanti siti archeologici. A Londra, in Inghilterra, ha iniziato a essere piuttosto popolare ricercare reperti storici sulle rive del Tamigi, il fiume che attraversa la città: quando la marea lo consente, tantissimi appassionati muniti di un buon paio di stivali di gomma (detti “wellies”) e di un permesso rilasciato dall’autorità portuale di Londra esplorano le scivolose rive del Tamigi alla ricerca di oggetti di uso comune, ma anche di reperti archeologici che nel tempo sono stati trasportati dalle acque e sono finiti coperti dal fango delle sue sponde. La cosa ha un nome, “mudlarking”, e chi lo fa è un “mudlark”, cioè qualcuno che va a spasso nel fango per cercare cose preziose, ma soprattutto per riscoprire la storia della città.
Il termine mudlarking ebbe origine nell’epoca georgiana, ovvero il periodo della storia inglese che iniziò con il regno di Giorgio I, nel 1714, e indicava quelle persone – per lo più donne e bambini – che si recavano sulle rive dei fiumi per cercare carbone, materiale da pesca o qualsiasi altra cosa potesse essere caduta accidentalmente da barche e navi mercantili. I mudlark erano persone povere, che si svegliavano al mattino presto – come le allodole (“lark”), appunto – contando di trovare qualcosa che avrebbero potuto rivendere per potersi comprare da mangiare.
A Londra, in particolare, il mudlarking era piuttosto diffuso anche per via dei molti punti di accesso al Tamigi: nell’arco della giornata, infatti, diverse parti di riva diventano accessibili perché le acque si abbassano fino a 7 metri per effetto della marea.
Ancora oggi, camminando nel fango delle rive del Tamigi con lo sguardo rivolto verso il basso – facendo attenzione a non scivolare e a non impantanarsi – si possono scovare reperti e oggetti delle epoche più diverse: fermagli per capelli che risalgono al periodo romano, pipe dell’Ottocento, ma anche reperti industriali e resti di animali preistorici – e qualche volta, scheletri umani.
Per esempio, ha scritto BBC, in un piccola porzione di battigia a Rotherhithe, nella zona sud-est di Londra, tra i mattoni degli edifici che vennero bombardati dall’aviazione tedesca durante la Seconda guerra mondiale e che emergono durante la bassa marea, si possono trovare chiodi, viti e resti di imbarcazioni provenienti da un vecchio sito dove nell’Ottocento venivano smontate le navi.
Oltre ad assecondare la loro curiosità e a rilassarsi, come ha scritto Lara Maiklem nel libro Mudlarking: Lost and Found on the River Thames, i mudlark contribuiscono attivamente alla riscoperta e alla conservazione della storia di Londra.
Da qualche anno è peraltro attivo il Thames Discovery Programme, un’iniziativa nata da archeologi, storici e volontari che informano su quello che considerano il più grande sito archeologico a cielo aperto di Londra e guidano dei piccoli tour nelle parti di Tamigi liberamente accessibili.
Anche il Museum of London, che documenta la storia della città dalla preistoria all’attualità, ha dedicato una sezione agli oggetti che sono stati scoperti nel Tamigi. Stuart Wyatt, l’addetto del Museo che analizza e valuta gli oggetti trovati nel Tamigi per un ente che si occupa dei reperti di interesse archeologico, ha detto: «È importantissimo che, per quanto possano sembrare piccole o irrilevanti, i mudlark segnalino tutte le proprie scoperte all’ufficio competente».
Wyatt, infatti, ha spiegato che il Tamigi è pieno di piccoli oggetti, anche banali, ma ha segnalato che il peculiare tipo di fango delle sue rive riesce a preservare particolarmente bene oggetti anche molto antichi, in particolare di piombo, cuoio e ossa.
Fino a oggi, grazie ai mudlark sulle rive del Tamigi sono stati scoperti oltre 1 milione e 500mila oggetti di valore archeologico.
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