I migranti dalla Tunisia sono in aumento
Dipende dalla grossa crisi economica e politica, peggiorata durante l'epidemia: e il governo italiano si dice preoccupato
Lunedì scorso la ministra dell’Interno italiana, Luciana Lamorgese, è andata in visita ufficiale in Tunisia per incontrare il suo omologo e il presidente del paese, Kais Saied. Lamorgese ha parlato soprattutto del numero di sbarchi di migranti tunisini sulle coste italiane, aumentato in maniera evidente nel corso dell’ultimo mese. Tra le altre cose, ha chiesto al governo locale di riprendere i voli charter di rimpatrio dei migranti verso la Tunisia, dopo la sospensione decisa durante il periodo più critico della pandemia da coronavirus. Non è chiaro però come verranno affrontati i timori italiani, anche perché la Tunisia sta attraversando da tempo una grave crisi economica e politica.
Nelle ultime settimane il governo italiano ha espresso diverse volte preoccupazione per l’aumento dei flussi di migranti provenienti dal Nord Africa. Secondo gli ultimi dati del ministero dell’Interno italiano, dal primo gennaio al 31 luglio i migranti arrivati via mare in Italia sono stati 13.710, rispetto ai 3.867 registrati nello stesso periodo dello scorso anno e i 18.546 del 2018. Sono numeri molto lontani dal picco della crisi migratoria, avvenuto tra il 2014 e il 2017, ma mostrano comunque una tendenza in crescita, soprattutto nel mese di luglio. Inoltre, di questi 13.710 migranti, 5.357 sono tunisini, arrivati in Italia per lo più con sbarchi autonomi: una percentuale decisamente alta.
L’aumento degli sbarchi di migranti tunisini in Italia sembra essere collegato direttamente alla grave crisi economica e politica in corso in Tunisia, che è ulteriormente peggiorata durante l’epidemia da coronavirus.
Dal punto di vista politico, la Tunisia è senza governo. Sabato della scorsa settimana il presidente tunisino, Kais Saied, ha dato l’incarico di formarne uno nuovo a Hichem Mechichi, 46 anni, considerato politicamente indipendente. Il precedente governo era caduto a seguito delle dimissioni dell’ex primo ministro Elyes Fakhfakh, coinvolto in uno scandalo legato a un grosso conflitto di interessi: quello di Fakhfakh era stato l’ennesimo governo a cadere da quando la Tunisia è tornata faticosamente alla democrazia, alla fine della sua cosiddetta “primavera araba”, nel 2011.
Se Mechichi non riuscirà a trovare una maggioranza nel giro di un mese, il presidente Saied scioglierà il parlamento e convocherà nuove elezioni.
Al di là della mancanza di un governo, la situazione politica tunisina è particolarmente turbolenta anche a causa dell’elevatissimo numero di partiti, spesso in conflitto tra loro e con grandi difficoltà a mettersi d’accordo. Lo speaker del parlamento, Rached Ghannouchi, leader del partito islamista moderato Ennahda, ha appena superato una mozione di sfiducia per pochissimi voti. Secondo Al Jazeera, lo stretto margine di vittoria di Ghannouchi potrebbe indicare che d’ora in avanti Ennahda, la forza politica più importante e popolare nel paese dopo la rivoluzione del 2011, si troverà un’opposizione ancora più decisa in parlamento, rendendo potenzialmente complicato per Mechichi trovare una maggioranza per formare il nuovo governo.
Ma più che quella politica, a preoccupare e ad essere collegata all’aumento dei flussi migratori è la grave crisi economica tunisina, già evidente prima della pandemia da coronavirus e che si è aggravata negli ultimi mesi.
Da tempo l’economia tunisina è in stagnazione, le condizioni di vita della popolazione sono peggiorate, così come la qualità dei servizi pubblici offerti dallo stato. Il ministro dello Sviluppo, Slim Azzabi, ha detto di aspettarsi che l’economia perda il 6,5 per cento nel 2020, a causa soprattutto delle difficoltà che sta attraversando il settore del turismo, che occupa circa il 10 per cento del PIL ed è una fonte importante di valuta estera. Il precedente governo, che era entrato in carica a febbraio dopo mesi di stallo politico seguito alle ultime elezioni, stava già cercando di ridurre il deficit e abbassare il debito pubblico, senza però grandi risultati.
Il governo tunisino ha chiesto inoltre a quattro paesi – Arabia Saudita, Qatar, Francia e Italia – di rimandare il pagamento dei rimborsi di prestiti stipulati in precedenza, e ha iniziato a cercare un nuovo accordo con il Fondo Monetario Internazionale.
A giugno, ha scritto Associated Press, la crisi sociale in Tunisia ha raggiunto livelli altissimi, anche a causa del lockdown, durato da marzo a maggio. Centinaia di persone disoccupate hanno cercato di raggiungere il parlamento chiedendo l’approvazione di misure che garantiscano la creazione di nuovi posti di lavoro, incontrando però la resistenza della polizia: gli alti indici di disoccupazione erano stati peraltro uno dei motivi principali a far iniziare le proteste nel 2011, con le quali era stato destituito il presidente autoritario Ben Ali.