Com’è andata l’audizione dei CEO delle grandi piattaforme al Congresso
I capi di Facebook, Google, Amazon e Apple hanno risposto per cinque ore alle domande sulla loro posizione dominante sul mercato, faticando a difendersi
Mercoledì 29 luglio gli amministratori delegati (CEO) delle quattro aziende tecnologiche e di Internet più grandi e ricche al mondo, con un valore complessivo intorno ai 5mila miliardi di dollari, hanno partecipato a un’audizione del Congresso degli Stati Uniti, rispondendo a domande e critiche sulla posizione dominante delle loro società sul mercato e alle accuse di agire nei fatti in un regime di monopolio. La sessione davanti alla Commissione della Camera che si occupa di libera concorrenza sul mercato (antitrust) è durata quasi cinque ore ed è stata ampiamente seguita dai media statunitensi, soprattutto per la sua portata simbolica considerato che da sola l’audizione non potrà portare a cambiamenti sostanziali.
Jeff Bezos di Amazon, Tim Cook di Apple, Mark Zuckerberg di Facebook e Sundar Pichai di Google hanno partecipato a distanza in videoconferenza, dalle sedi delle loro aziende, a causa della pandemia da coronavirus in corso. Hanno risposto sobriamente alle domande, dissentendo talvolta con i loro interlocutori, ma evitando di confrontarsi in modo diretto o aggressivo, nonostante venissero bruscamente interrotti mentre cercavano di rispondere e alcune domande fossero piuttosto incalzanti.
L’audizione è stata una delle rare occasioni in cui Repubblicani e Democratici hanno mostrato di volere collaborare, anche se per scopi diversi. I primi hanno mostrato di essere interessati soprattutto a capire se queste grandi aziende condizionino il dibattito pubblico, penalizzando la diffusione delle idee dei conservatori. I Democratici si sono invece dedicati più nello specifico ai temi della libera concorrenza, accusando Facebook e le altre società di non permettere ai concorrenti di competere ad armi pari, impedendo loro di emergere e crescere.
Il presidente della Commissione, il Democratico David Cicilline, ha avviato l’audizione accusando le piattaforme di essere diventate “i guardiani dell’economia digitale”, e di utilizzare il loro potere per “scegliere i vincitori e i vinti, ricattare le aziende più piccole e arricchirsi mentre soffocano la concorrenza”. Cicilline ha poi aggiunto: “I nostri padri fondatori non si inchinarono davanti a un re. Noi dovremmo fare altrettanto davanti agli imperatori dell’economia online”.
Nel corso degli ultimi dieci anni, Google, Amazon, Apple e Facebook hanno effettivamente accumulato un enorme potere. Sui loro servizi passa buona parte dei dati delle esistenze di miliardi di persone, che inoltre si informano accedendo ai social network e ai servizi di notizie offerti dalle piattaforme. Amazon è uno dei più grandi siti di vendite online al mondo, così grande e potente da rendere molto difficile la coesistenza di concorrenti, che potrebbero offrire condizioni più vantaggiose per i venditori indipendenti.
Le leggi antitrust non vietano alle società di diventare così grandi al punto di operare in regime di monopolio, ma richiedono che non ci siano abusi di posizione dominante tali da danneggiare la concorrenza o i consumatori, per esempio con prezzi più alti del normale. Il problema è che l’impianto generale di queste norme negli Stati Uniti risale a circa un secolo fa ed è piuttosto datato, al punto da essere inadeguato per applicarsi alle aziende di Internet e più in generale all’economia digitale. I Democratici vorrebbero intervenire più incisivamente per cambiarle, mentre i Repubblicani ritengono che siano ancora adeguate, ma che ci debbano essere maggiori controlli e una migliore autoregolamentazione da parte delle aziende.
La maggior parte delle domande nell’audizione di ieri è stata rivolta a Zuckerberg, che da solo ha il controllo sui più grandi social network e servizi di messaggi istantanei al mondo: Facebook, Instagram, Messenger e WhatsApp. Gli è stato per esempio chiesto di commentare le email inviate internamente nell’azienda intorno al 2012, nelle quali si diceva che l’acquisizione di Instagram avrebbe consentito di eliminare il rischio di avere un potenziale concorrente nel settore dei social network. Zuckerberg ha risposto dicendo che all’epoca Instagram non aveva dimensioni paragonabili alle attuali, e che non ci fossero elementi per sostenere allora che potesse diventare così grande, tra l’altro proprio grazie agli investimenti da parte di Facebook.
Rep. Pramila Jayapal today asked Mark Zuckerberg whether he “threatened” Instagram co-founder Kevin Systrom and Snap CEO Evan Spiegel by saying he would clone their products if they didn’t sell to Facebook https://t.co/hgIJ8dbiLj pic.twitter.com/SxYSDnNDlo
— POLITICO (@politico) July 30, 2020
Zuckerberg ha poi ricevuto diverse altre domande sulla moderazione dei contenuti su Facebook, tema discusso da diversi anni e alla base del dibattito sulle “fake news” e sulle interferenze da parte del governo russo nelle elezioni presidenziali statunitensi del 2016. Zuckerberg ha sostenuto che l’azienda negli ultimi anni abbia fatto grandi progressi nel controllo e nella moderazione, sia grazie a un maggior numero di moderatori sia sfruttando sistemi automatici.
A Pichai di Google è stato chiesto più volte di spiegare se la posizione dominante nel settore delle ricerche online stia danneggiando la concorrenza, con domande sui servizi offerti dall’azienda che di fatto sono pensati per fare in modo che gli utenti restino il più possibile all’interno dello stesso ecosistema digitale, senza avvertire la necessità di utilizzare altri servizi. Pichai ha risposto più volte che Google ha molti concorrenti e in settori diversi, a cominciare da quello per lo shopping online. Ha inoltre respinto l’accusa di Cicilline che aveva sostenuto che l’azienda rubasse le idee e i contenuti dagli altri.
‘Why does Google steal content from honest businesses?’ Representative David Cicilline asked Google CEO Sundar Pichai https://t.co/fUHplC5a5o pic.twitter.com/Jr2heVcTi5
— Reuters (@Reuters) July 30, 2020
Bezos, di Amazon, ha risposto a diverse domande sulle politiche della sua azienda per i venditori che utilizzano la piattaforma per vendere i loro prodotti, e che secondo diverse inchieste giornalistiche e analisi della stessa Commissione subirebbero trattamenti discriminatori da parte della società, mirati a favorire i prodotti che vende direttamente rispetto a quelli dei venditori indipendenti. Bezos ha negato queste circostanze, ma in varie occasioni ha evitato di dare risposte nette ripromettendosi di consultarsi internamente con i suoi collaboratori per offrire ulteriori informazioni.
Jeff Bezos rejects accusations Amazon was "bullying" small suppliers
"That is not how we operate the business"
Congresswoman Lucy McBath plays a clip to Bezos from a bookseller who says "please help us in earning a livelihood"
Follow the hearing live: https://t.co/sIJCl7SlWy pic.twitter.com/sk3UvsojjZ
— BBC News (World) (@BBCWorld) July 29, 2020
Cook di Apple è stato interpellato meno di frequente rispetto agli altri tre CEO, con domande riferite soprattutto all’App Store e alle politiche che adotta Apple per rendere disponibili e scaricabili le applicazioni degli sviluppatori sugli iPhone, iPad e sui Mac. Cook ha respinto le accuse di avere adottato sistemi per favorire le app di Apple rispetto a quelle della concorrenza, mettendole per esempio in maggiore evidenza sull’App Store, e ha anche respinto le accuse di avere copiato idee dai concorrenti per la produzione delle proprie app.
Secondo diversi osservatori l’audizione di ieri ha contribuito a rendere più evidenti i possibili abusi di posizione dominante da parte di Facebook, Amazon, Google e Apple, ma da sola non potrà portare a cambiamenti significativi. La Commissione ha poteri limitati e per misure incisive sarà necessario l’intervento del Dipartimento di giustizia, che comunque lo scorso anno ha avviato un’indagine nei confronti di Google, per verificare se stia abusando della propria posizione dominante nel settore della pubblicità online.
La Federal Trade Commission, agenzia governativa che si occupa anche di questioni antitrust, si sta invece preparando a sentire sotto giuramento Zuckerberg, nell’ambito delle attività delle sue società per tenere sotto controllo la concorrenza con acquisizioni mirate delle aziende emergenti più promettenti nel settore dei social network e non solo. Altre iniziative legali nei confronti delle piattaforme sono state avviate da alcuni procuratori statali e sono in corso di definizione.
Anche se con motivazioni diverse, Repubblicani e Democratici stanno mostrando di essere interessati a una revisione delle grandi aziende tecnologiche, cresciute enormemente in pochi anni e con un potere che in alcuni ambiti supera ampiamente quelli dei governi nazionali. Le elezioni presidenziali di quest’anno potrebbero però cambiare alcune dinamiche del confronto politico su questi temi, rendendo più difficile la collaborazione tra i rappresentanti dei due partiti.
Google, Facebook, Amazon e Apple sono comunque al centro di attenzioni senza precedenti da parte delle istituzioni, e non solo negli Stati Uniti. Negli ultimi anni la Commissione Europea ha stabilito multe e avviato indagini nei loro confronti sia per la tutela della libera concorrenza sia per verificare che siano rispettate le regole sulla privacy.
Le grandi piattaforme finora se la sono cavata pagando multe da svariati miliardi di dollari, pari comunque a una frazione dei loro ricavi annuali, mentre non sembrano per ora esserci piani concreti per nuove regole che potrebbero determinare la loro divisione in aziende più piccole, dedicate a singoli settori in cui altre società potrebbero competere più facilmente.