Questa statua sta facendo arrabbiare il Giappone
Evoca lo sfruttamento di donne sudcoreane da parte del Giappone durante la Seconda guerra mondiale e secondo qualcuno l'uomo prostrato assomiglia al primo ministro giapponese Shinzo Abe
Martedì il governo giapponese ha reagito con rabbia alla pubblicazione della foto di una statua in Corea del Sud che rappresenta un uomo prostrato in segno di scusa davanti a una figura che rappresenta le schiave sessuali coreane, le donne che durante l’occupazione giapponese della Corea furono costrette a lavorare nei bordelli giapponesi. Statue rappresentanti le schiave sessuali coreane già in passato avevano causato problemi fra i due paesi, ma in questo caso c’è un dettaglio che ha reso la polemica più grave del solito: l’uomo prostrato assomiglia molto al primo ministro giapponese Shinzo Abe.
La statua si trova in un giardino botanico privato della contea di Pyeongchang, nel nord ovest della Corea del Sud. Si chiama “eterna espiazione” e dovrebbe diventare visibile al pubblico dal prossimo 25 agosto, in occasione dell’apertura del giardino.
Kim Chang-ryeol, direttore del giardino botanico che ha commissionato il lavoro, ha detto che la statua intende raffigurare chiunque sia nella posizione di porgere scuse formali per il torto storico delle schiave sessuali coreane, e non in particolare Abe. Secondo altri, tuttavia, il volto dell’uomo ricorda molto quello del primo ministro giapponese, che in passato è stato accusato di avere posizioni ambigue sulle responsabilità storiche del Giappone durante l’occupazione della Corea.
Il segretario del governo giapponese Yoshihide Suga ha detto durante una conferenza stampa che se si dovesse scoprire che l’uomo della statua rappresenta effettivamente Abe sarebbe molto grave per i rapporti fra il suo paese e la Corea del Sud, che negli ultimi anni non sono stati particolarmente buoni.
La polemica che prosegue da anni fra i due paesi riguarda in generale il risentimento sudcoreano per le sofferenze inflitte alla sua popolazione dal Giappone durante l’occupazione giapponese (durata dal 1910 al 1945) che comprende la Seconda guerra mondiale, in particolare il rapimento di donne coreane che furono costrette a prostituirsi durante la guerra.
Per decenni si è fatto riferimento a queste donne come “donne di conforto”, dall’eufemismo giapponese per indicare le prostitute, ianfu (慰安婦), ma a un certo punto si è cominciato a usare l’espressione “schiave sessuali” per sottolineare la coercizione e la violenza che avevano subìto essendo state rapite dai loro paesi e obbligate a lavorare nei bordelli giapponesi.
Il Giappone ha sempre avuto problemi ad ammettere la sua responsabilità nell’accaduto, facendo qualche rara concessione al governo coreano sotto forma di risarcimenti o scuse alle vittime di schiavitù sessuale, di cui l’esempio più importante fu un’indagine degli anni Novanta che dimostrò che molte donne erano effettivamente state rapite e costrette a prostituirsi durante la guerra. Ma alcuni gruppi conservatori hanno continuato a sostenere il contrario.
La questione è peggiorata quando è diventato primo ministro Shinzo Abe, brevemente nel 2007 e di nuovo nel 2012. Abe ha sempre difeso il Giappone, commentando duramente le storie sul reclutamento forzato delle donne straniere e dicendo che avevano provocato «sofferenze a molte persone e danni alla reputazione del Giappone nella comunità internazionale». Nel 2014 considerò anche di riaprire l’indagine degli anni Novanta per verificare se non avessero ragione i negazionisti.
Nonostante la firma di un accordo bilaterale nel 2015 – con cui il governo giapponese si era scusato e aveva creato un fondo di risarcimento per le vittime e la Corea del Sud si era impegnata a smettere di criticarlo – i problemi non si sono attenuati, anzi ci sono stati diversi momenti preoccupanti da allora. Per esempio il ritiro di un ambasciatore giapponese dalla Corea del Sud nel 2017; il rifiuto sudcoreano di rinnovare un importante accordo di cooperazione internazionale ad agosto dell’anno scorso e altre sanzioni commerciali fra i due paesi. Quando nel 2017 entrò in carica l’attuale governo liberale di Moon Jae-in, prese dei provvedimenti per annullare l’accordo del 2015 con la motivazione che fosse illegittimo.
Kim Chang-ryeol, il capo del giardino botanico di Pyeongchang, ha ammesso che Abe sarebbe nella posizione di scusarsi per la vicenda e che sarebbe giusto che lo facesse, ma ha spiegato che l’uomo della statua non rappresenta il primo ministro giapponese e ha detto di non aver avuto intenzione di sollevare una polemica internazionale. Kim ha intanto cancellato la cerimonia di apertura del giardino prevista per il 10 agosto, mentre il governo sudcoreano ha spiegato di non avere avuto nessun ruolo nella realizzazione della statua.