I vaccini contro il coronavirus potranno causare lievi effetti collaterali, e non c’è nulla di strano
Ma è importante saperlo ed essere trasparenti
Ci sono almeno 160 vaccini contro il coronavirus in fase di sviluppo in tutto il mondo e per più di 30 sono già iniziate le sperimentazioni sugli esseri umani. Alcune soluzioni sembrano essere più promettenti di altre, ma secondo gli esperti i nuovi vaccini avranno inevitabilmente un elemento in comune: provocheranno lievi effetti collaterali. Per questo sarà importante comunicare da subito e in modo trasparente gli effetti a breve termine delle soluzioni contro il coronavirus, evitando che si diffondano false informazioni che potrebbero poi essere sfruttate da chi è contrario ai vaccini.
Un vaccino serve a stimolare una risposta immunitaria da parte del nostro organismo, in modo che impari ad affrontare la minaccia costituita da un agente infettivo senza che ci si debba ammalare, con i rischi che ne conseguono. Questo risultato viene solitamente ottenuto con vaccini che contengono virus o batteri inattivati, quindi non in grado di farci ammalare, oppure porzioni del loro materiale genetico sufficienti per indurre comunque una risposta immunitaria.
Nel caso in cui un vaccino induca anche eventi avversi nel breve periodo – di solito per qualche ora o giorno dopo avere ricevuto una dose – si parla di “reattogenicità”. Oltre a essere di solito di lieve entità, questi effetti indesiderati si manifestano in un numero limitato di individui, e a seconda delle loro caratteristiche e condizioni di salute.
Il vaccino contro il tetano, per esempio, causa in diversi soggetti un dolore localizzato nella zona dell’iniezione e talvolta la febbre e una sensazione di spossatezza. In compenso, la vaccinazione consente di guadagnare la protezione contro una malattia molto rischiosa e che può avere effetti permanenti e invalidanti.
La sperimentazione dei primi vaccini contro la COVID-19 su volontari ha evidenziato alcuni eventi avversi come mal di testa, febbre, brividi, spossatezza e dolore nella zona dell’iniezione. Nella quasi totalità dei casi, gli effetti collaterali sono durati poche ore e non hanno portato a complicazioni di alcun genere.
La settimana scorsa, per esempio, l’Università di Oxford ha pubblicato uno studio sulla rivista medica Lancet per illustrare le prime valutazioni sul vaccino sviluppato in collaborazione con l’azienda farmaceutica AstraZeneca. Il vaccino è basato su un virus noto per infettare gli scimpanzé e per essere innocuo per gli esseri umani: viene poi modificato per insegnare al nostro sistema immunitario a riconoscere e contrastare la proteina che il coronavirus sfrutta per legarsi alle cellule, in modo da sfruttarle per replicarsi. Il 60 per cento dei volontari sottoposti al vaccino sperimentale ha sviluppato qualche effetto collaterale, per lo più una lieve febbre, trattata con paracetamolo.
Due altre sperimentazioni, condotte dall’azienda di biotecnologie statunitense Moderna e dal produttore cinese di vaccini CanSino, hanno fatto riscontrare la comparsa di qualche effetto collaterale, soprattutto nei gruppi di volontari cui era stata assegnata la somministrazione delle dosi più alte del vaccino. Nel corso della sperimentazione di Moderna con la dose più alta, almeno un volontario ha avuto la febbre alta (39,4 °C) a circa 12 ore dal ricevimento della seconda dose del vaccino. Entrambe le aziende hanno preferito sospendere la sperimentazione con le dosi più alte per precauzione.
CanSino, che ha sviluppato il vaccino sfruttando un tipo di virus umano poco aggressivo (adenovirus), ha segnalato la comparsa di eventi avversi lievi in circa tre quarti dei volontari sottoposti alla fase 2 della sua sperimentazione. Gli effetti indesiderati si sono verificati su volontari sottoposti a due iniezioni a distanza di qualche giorno, seppure non alle dosi massime.
È del tutto normale che in questa fase di sperimentazione circolino soprattutto notizie legate alla sicurezza e agli eventuali effetti avversi dei vaccini. Chi ha già raggiunto la sperimentazione sugli esseri umani sta svolgendo in queste settimane i test di fase 1 e fase 2, previsti proprio per verificare la sicurezza e l’affidabilità del vaccino, ancora prima della sua eventuale efficacia. Gli studi pubblicati dai centri di ricerca coinvolti riflettono questa condizione, anche se spesso offrono anche qualche prospettiva sulla capacità dei vaccini di indurre una risposta immunitaria.
Secondo gli esperti, è importante che in questa fase ricercatori, istituzioni e media informino in modo trasparente e responsabile sugli avanzamenti della ricerca per un vaccino molto atteso, fornendo informazioni di contesto adeguate per comprendere i rischi e le opportunità. Anche i vaccini più rodati e utilizzati ormai da decenni possono portare a temporanee reazioni avverse, ma ciò non implica che non siano sicuri. Vaccini contro il vaiolo, la poliomielite, il morbillo e molte altre malattie infettive nell’ultimo secolo hanno permesso di salvare la vita di milioni di persone, contribuendo sensibilmente all’aumento delle prospettive di vita.
Con le giuste scelte comunicative si possono ridurre sensibilmente diffidenze e preconcetti, che potrebbero mettere a rischio le campagne vaccinali. Il sito d’informazione medica STAT cita il caso dello Shingrix, il vaccino prodotto dall’azienda farmaceutica GSK e che ha mostrato di offrire una certa protezione dall’herpes zoster (il cosiddetto “fuoco di Sant’Antonio”). La somministrazione del vaccino porta solitamente qualche fastidioso effetto collaterale che dura poche ore o giorni, a seconda dei casi, ma ciò non ha impedito che si diffondesse e ottenesse un discreto successo. La prospettiva di sperimentare la malattia con i suoi effetti talvolta invalidanti è diventato un incentivo sufficiente per far valutare a molti l’opzione del vaccino.
Qualcosa di analogo potrebbe accadere nel momento in cui diventasse disponibile un vaccino efficace contro la COVID-19, dicono esperti e osservatori. Febbre bassa e mal di testa per qualche ora rispetto ai gravi sintomi che può causare il coronavirus dovrebbero costituire un compromesso accettabile, soprattutto per i più anziani e gli individui a rischio. Qualcosa di analogo accade del resto già con il vaccino antinfluenzale, che in rari casi può portare ad alcuni eventi avversi di lieve entità.
Nonostante si stia procedendo molto velocemente con la ricerca e lo sviluppo, difficilmente un vaccino contro la COVID-19 sarà disponibile per essere somministrato su larga scala prima del prossimo anno. I risultati di alcune sperimentazioni, come quelle di CanSino e dell’Università di Oxford, sono stati finora promettenti, ma non c’è ancora la certezza sull’efficacia dei vaccini né sulla capacità del nostro sistema immunitario di mantenere una memoria nel medio-lungo periodo, in modo da impedire al coronavirus di causare un’infezione.