La morte di Mario Paciolla
Era un volontario dell'ONU in missione in Colombia ed è stato trovato morto in casa il 15 luglio: le autorità hanno parlato di suicidio ma la sua famiglia ha molti dubbi
Venerdì 24 luglio è stato riportato in Italia il corpo di Mario Paciolla, il cooperante internazionale napoletano morto in Colombia lo scorso 15 luglio in circostanze ancora non del tutto chiare.
Paciolla aveva 33 anni, ed era un volontario delle Nazioni Unite: faceva parte di una missione che stava supervisionando l’attuazione dell’accordo di pace tra le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC) e il governo colombiano (negli ultimi anni, l’applicazione dell’accordo ha avuto diverse battute d’arresto perché la criminalità organizzata, i dissidenti delle FARC e alcuni gruppi paramilitari di estrema destra sono ancora in conflitto tra loro per il controllo del territorio).
Paciolla era in Colombia dal 2018 e viveva a San Vicente del Caguán, una città del dipartimento di Caquetá a lungo scelta come centro strategico dai guerriglieri e dai trafficanti. Lo scorso 15 luglio è stato trovato morto da una collega che lo aveva cercato a casa perché non riusciva a mettersi in contatto con lui.
Le autorità colombiane hanno avviato le indagini e hanno parlato in un primo momento di suicidio, riferendo di lacerazioni ai polsi. Qualche giorno fa è stata fatta la prima autopsia, ma i risultati non sono ancora stati resi noti; sarà comunque ripetuta dalle autorità italiane.
«Altro che suicidio, mio figlio era terrorizzato: negli ultimi sei giorni non faceva che mostrare la sua preoccupazione e inquietudine per qualcosa che aveva visto, capito, intuito» ha raccontato la madre, Anna Motta, a Repubblica, il 16 luglio. «Io so solamente che dal venerdì 10, la scorsa settimana, mio figlio era in uno stato di grande sofferenza […] mi chiamò e mi disse che aveva sbottato con alcuni dei suoi capi, che aveva parlato chiaro e che, così mi disse, si era messo “in un pasticcio”».
I volontari delle Nazioni Unite ricevono un rimborso economico (non viene definito stipendio, ma ne ha la funzione) per mantenersi nei paesi in cui operano. Firmano un contratto che determina la durata del loro incarico: durano in genere 6 o 12 mesi, a volte possono essere estesi a uno o due anni. Il contratto di Paciolla sarebbe terminato alla fine di agosto, ma Anna Motta racconta che pochi giorni dopo la prima conversazione, il figlio l’aveva avvertita che aveva acquistato un biglietto aereo per tornare, e che sarebbe partito per l’Italia il 20 luglio, con un certo anticipo rispetto alla fine del contratto.
Il 22 luglio, Claudia Julieta Duque, giornalista e attivista per i diritti umani amica di Paciolla, ha pubblicato sul quotidiano colombiano El Espectador una lettera per ricordarlo in cui si rivolge direttamente a lui rifiutando l’ipotesi del suicidio. Nella lettera, che in Italia è stata tradotta e pubblicata dal Manifesto, Duque dice, tra le altre cose:
Qualche settimana fa avevi sbloccato il lucchetto che assicurava la recinzione del tetto che dava sulla terrazza del piccolo edificio dove vivevi, in ottica preventiva, nel caso “che qualcuno” venisse a cercarti. […] In questi ultimi giorni hai insistito molto sul fatto che per te non fosse più sicuro rimanere in Colombia e nella Missione. […] La terza settimana di giugno, in una riunione informale a Florencia […] una collega ti ha accusato di essere una spia.
Nella lettera, Duque spiega anche quali erano i dubbi e le critiche puntuali che Paciolla aveva espresso riguardo alla Missione nelle ultime settimane. Non ci sono comunque informazioni chiare su chi potrebbe avere ucciso Paciolla e perché.
Durante un’interrogazione al Senato, giovedì 23 luglio, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha promesso «il massimo impegno della Farnesina e mio personale per un caso che ha coinvolto un giovane brillante impegnato in una missione delicata».
Il governo della Colombia ha assicurato che sarà fatta «giustizia piena»; il ministero degli Esteri colombiano ha assicurato che «l’impegno su questa vicenda è assoluto», e ha aggiunto che la procura ha dato priorità al caso, e che l’inchiesta ha già fatto qualche progresso.
Dove chiedere aiuto
Se sei in una situazione di emergenza, chiama il numero 112. Se tu o qualcuno che conosci ha dei pensieri suicidi, puoi chiamare il Telefono Amico allo 199 284 284 oppure via internet da qui, tutti i giorni dalle 10 alle 24.
Puoi anche chiamare i Samaritans al numero verde gratuito 800 86 00 22 da telefono fisso o al 06 77208977 da cellulare, tutti i giorni dalle 13 alle 22.