Negli Stati Uniti si litiga sul voto per posta
La pandemia ha accelerato un dibattito in corso da molti anni, su cui Trump ha preso una posizione molto netta e che forse non gli conviene
Da settimane negli Stati Uniti si è tornati a discutere e litigare attorno alla possibilità di votare per posta e alle sue possibili estensioni. A causa della pandemia da coronavirus – e dei dati sempre più preoccupanti sui contagi – si prevede che moltissimi americani decidano di usufruire di questa possibilità alle elezioni presidenziali di novembre, come hanno già fatto in questi mesi in occasione delle elezioni primarie locali, ed esiste la possibilità – temuta da alcuni, auspicata da altri – che un massiccio ricorso al voto per posta possa condizionare l’affluenza e quindi anche il risultato, specialmente in un paese in cui votare può essere reso complicato dalle lunghe code ai seggi, specialmente nelle zone più popolate dalle minoranze etniche.
Dall’esterno la discussione può apparire piuttosto surreale: la possibilità di votare per posta esiste da molti anni in diversi stati americani – ci sono addirittura stati in cui si vota da anni soltanto per posta – e tutti gli esperti di elezioni e voto a distanza concordano sul fatto che abbia pochissime controindicazioni, che sia sicuro e anzi contribuisca ad aumentare l’affluenza, come ha mostrato anche un recentissimo studio dell’università di Stanford. Lo pensano anche funzionari di partito sia Democratici sia Repubblicani: d’altra parte lo stesso presidente Donald Trump ha votato per posta alle ultime elezioni, così come il vicepresidente Mike Pence e il procuratore generale William Barr. Eppure Trump ha detto e scritto più volte che l’estensione del voto per corrispondenza esporrebbe le elezioni presidenziali a una manipolazione senza precedenti, falsandone il risultato.
Il voto per posta negli Stati Uniti funziona in maniera molto semplice. Ogni elettore che ne fa richiesta – ma in certi stati ogni elettore e basta – riceve per posta una scheda elettorale, segna con una penna il candidato che vuole votare, firma la scheda e la inserisce nella buca delle lettere, senza pagare francobolli o inserire il destinatario (la scheda è contenuta in una busta precompilata). C’è tempo per spedire la scheda fino al giorno del voto, motivo per cui quest’anno lo scrutinio potrebbe durare parecchio. Le schede vengono poi scrutinate man mano che arrivano.
In Oregon e Colorado la quasi totalità del voto avviene a distanza; in Arizona, California, Hawaii, Montana, Utah e Washington la maggior parte. Altri stati stanno provando da tempo a incentivare il voto per posta e altri ancora si sono aggiunti durante la pandemia, come il South Carolina, per evitare assembramenti e code ai seggi. Ci sono altri stati, una minoranza, che hanno leggi che lo rendono complicato. In certi casi serve una giustificazione precisa per poter votare per posta; in alcuni, come il Texas, una pandemia non rientra tra le possibili motivazioni.
Eppure, secondo diversi osservatori, i sistemi di sicurezza sviluppati negli anni per rendere sicuro il voto via posta e molti precedenti che è stato possibile osservare e studiare mostrano che il voto per posta è persino più sicuro rispetto al voto in persona (che fra l’altro in diversi stati americani avviene su macchinette elettroniche giudicate poco affidabili dagli esperti di sicurezza informatica). «È più probabile essere colpiti da un fulmine che trovare una manipolazione del voto per posta», ha detto a Vox Wendy Weiser, esperta di sistemi di voto che lavora per il centro studi Brennan Center.
In diversi stati, come Washington e lo Utah, si può tracciare la spedizione della busta che contiene la propria scheda come se fosse un pacco di Amazon, e quindi accorgersi facilmente se la busta viene smarrita o rubata. Quando poi la scheda viene ricevuta dai funzionari elettorali, la firma viene confrontata con quella presente nel sistema: se non combacia l’elettore viene avvisato e può confermare di avere votato o meno. Un po’ ovunque vengono scartate le schede che sono state aperte o che mostrano anche i più piccoli segni di manipolazione. C’è la controindicazione che il voto non è davvero segreto, ma in questi anni non sono mai stati riscontrati casi di schede compilate in massa: le irregolarità sono state sostanzialmente irrilevanti.
Questi sistemi non hanno mai causato problemi e malfunzionamenti nemmeno nell’esperienza degli elettori, tanto che secondo un recente sondaggio realizzato dall’università di Harvard assieme all’istituto di ricerca Harris il 72 per cento degli americani sarebbe favorevole ad estendere la possibilità di votare via posta alle elezioni presidenziali in tutti gli stati. Se un dato come questo mostra che la stragrande maggioranza degli elettori si fida molto del voto per posta, allo stesso tempo mostra una minoranza non indifferente che la pensa in un altro modo.
D’altra parte lo stesso presidente degli Stati Uniti – insieme a molti suoi sostenitori anche al Congresso – sostiene che il voto per posta permetta di truccare le elezioni, forse temendo un grande aumento dell’affluenza che lo svantaggi soprattutto negli stati del Sud, e critica anche spesso e volentieri il servizio postale del paese, che da tempo non riesce a competere coi più efficienti corrieri privati e dal 2007 perde ogni anno miliardi di dollari. «Mi capita un sacco di volte di ricevere posta che non è indirizzata a me, anche oggi», ha raccontato a ABC News un’elettrice nel North Carolina: «quanto sarebbe facile per qualcun altro ricevere la mia scheda elettorale e votare al posto mio?».
Secondo diversi esperti, però, Trump avrebbe comunque tutto l’interesse a incoraggiare il voto per posta. Come scrive l’Atlantic, il voto per posta «è particolarmente popolare fra gli elettori anziani che vivono fuori dalle città, che tendono a votare per il Partito Repubblicano». Tom Ridge, ex governatore Repubblicano della Pennsylvania, ha fatto notare all’Atlantic che potenzialmente il comitato elettorale di Trump – che di recente ha superato il miliardo di dollari raccolti – avrebbe tutti i mezzi necessari per raggiungere gli elettori Repubblicani e convincerli con spot o telefonate che il voto via posta è assolutamente sicuro: «è un mistero perché Trump stia cercando di sollevare dei dubbi quando avrebbe le risorse per massimizzare i consensi via posta, è un mistero», sostiene Ridge. Anche perché non è detto che chi non vota per posta vada a presentarsi ai seggi: se gli anziani Repubblicani resteranno lontani dai seggi per paura del contagio, il voto per posta sarebbe l’unico modo per farli votare.
Come fa notare il New York Times, però, diversi funzionari Repubblicani in vari stati si stanno muovendo per impedire l’estensione del voto per posta, proseguendo gli sforzi che compiono da anni per limitare le opzioni di voto per impedire la partecipazione di alcune fasce della popolazione poco inclini a votare per loro, come i giovani, le minoranze etniche e i più poveri (che grazie al voto via posta potrebbero votare senza dover prendere un giorno di ferie, visto che negli Stati Uniti si vota di martedì, e senza lunghe code).
Altri pensano che Trump si sia comportando così anche per delegittimare in anticipo un’elezione che potrebbe realisticamente perdere, come indicano tutti i sondaggi. Anche nel 2016, del resto, aveva parlato per settimane di brogli e falle sia prima che addirittura dopo le elezioni, pur avendole vinte. Il problema era aver perso nel voto popolare, cioè aver preso complessivamente meno voti di Hillary Clinton: una questione prevalentemente di orgoglio, secondo tutti gli analisti. Nonostante abbia fatto aprire un’indagine, le sue denunce di brogli e irregolarità non hanno portato a niente.
Lo sforzo più concreto per preparare le elezioni presidenziali del 2020 alla pandemia è stato fin qui il Natural Disaster and Emergency Ballot Act, una proposta di legge promossa da un gruppo di senatori Democratici guidati dall’ex candidata alle primarie Amy Klobuchar. La legge prevedeva che tutti gli stati rendessero facilmente accessibile il voto per posta, e una lunga serie di misure accessorie: dall’estensione della finestra temporale nella quale si può votare in anticipo fino all’assunzione di scrutatori prevalentemente giovani, per evitare di esporre al rischio i più anziani.
Dopo che se n’era discusso per qualche giorno fra maggio e giugno, la proposta si è sostanzialmente bloccata al Senato – dove i Repubblicani hanno la maggioranza – e la previsione degli analisti è che non riuscirà ad essere approvata, anche a causa dell’esplicita ostilità di Trump. Ogni stato, quindi, dovrà decidere nelle prossime settimane se e come muoversi per espandere autonomamente la possibilità di votare via posta; e c’è la forte possibilità che ogni decisione venga contestata in tribunale dall’una o dall’altra parte, e che questi strascichi si propaghino fino al voto.